Masiero, Olivares, "La mente che cancella" (Lo Scarabocchiatore)
L'associazione "Lo Scarabocchiatore", come noto, da tempo si occupa di promozione fumettistica tramite attività associative e pubblicazioni. Questo nuovo albetto "La mente che cancella", che nel titolo evoca il celebre "Eraserhead" lynchiano, è davvero una piccola chicca che viene proposta al lettore.
Questo fumetto ha una storia complessa. Si tratta di una delle prime opere di due figure che sarebbero divenute delle colonne portanti della Bonelli degli anni seguenti.
L'anno è il 1991 e la breve storia - puro, purissimo cyberpunk - è distillata per "Cyborg", gloriosa testata che introdusse da noi un cyberpunk d'autore mentre la Bonelli divulgava lo stesso concetto alle masse, in forma in parte più edulcorata, tramite "Nathan Never", l'attesa serie di fantascienza.
Sono gli anni del passaggio epocale della diffusione del WWW, della rete di massa, evento che fa annunciare a Gibson e Sterling la fine del movimento cyberpunk (con "La macchina della realtà", che inaugura lo steampunk, sua versione ironica e decostruente), e fa attendere l'arrivo, a breve, della realtà virtuale (che invece rimane tutt'ora un tentativo non penetrato nella società a livello autenticamente profondo).
Gli autori che mettono in scena questo cyberpunk all'italiana (ma, come in Never, ambientato in una generica megacity globalizzata) sono come detto due esordienti, allora, di eccezione.
Michele Masiero divenne in seguito curatore di Mister No, e poi redattore capo della Bonelli fino al 2015, anno in cui subentra a Marcheselli come direttore generale. Numerose le sue storie importanti di Mister No, e alcune anche di altre testate, come Dylan Dog; l'importanza di Masiero è però soprattutto nel suo centrale ruolo organizzativo in Bonelli con cui ha guidato la casa editrice in mezzo alle spesso insidiose sfide di questi anni.
Giancarlo Olivares, che esordisce negli stessi primi anni '90, invece lega anche in seguito molto della sua attività al cyberpunk fumettistico italiano. Fullmoon Project (1991), Hammer (1994, Star Comics), e poi dal 1996 la Bonelli, su Nathan Never, Legs, Orfani (ma anche Dragonero e altro), contribuendo a consolidarvi l'immaginario futuribile cyberpunk che caratterizza la fantascienza di Via Buonarroti (in quanto ben si sposa con la struttura del fumetto bonelliano, incentrata sui modi di una detection noir / hard boiled / d'azione).
Ma veniamo a quest'albo. Si tratta della prima edizione davvero integrale della storia, in quanto la pubblicazione originale era stata sospesa e completata solo nel 2010, nell'Omnibus di Cyborg edito da Comma22, ma con i disegni di Giuseppe Viglioglia a completare le tavole ancora non disegnate, dati gli impegni in quel momento di Olivares.
Ora la storia è invece completata dal team originale, con il lettering e i retini digitali di Martina Fantanini. L'immersione nelle atmosfere del cyberpunk delle origini è perfetta: ritroviamo tutti i classici di questo immaginario. Dall'immersione nella realtà virtuale a quella in bassifondi equivoci, dalle città tentacolari sorvolate dai flyer all'abuso di sintodroghe.
Capiamo ben presto che, se da un lato la narrazione riprende una griglia bonelliana e qualcosa del suo modo narrativo - ma accelerata in modo adrenalinica - siamo dalle parti dell'immaginario bonellide, molto più "cattivo" in quegli anni, grazie alla maggiore libertà espressiva consentita dalle minori dimensioni rispetto agli incrociatori spaziali di Via Buonarroti.
Come si conviene al vero cyberpunk, non c'è nessun vero "eroe buono" in questo duello di cowboy del cyberspazio, cacciatori di taglie e di dati ognuno volto a perseguire il proprio tornaconto in una società ipertecnologica e spietata.
La trama è solida, nei classici topoi del genere, ma al tempo stesso quello che spicca è soprattutto l'evocazione di atmosfere, richiamate dai magnifici disegni di Olivares cui la sceneggiatura offre il destro di raffigurarci abissi d'acciaio, cyborg e costrutti virtuali assassini, virus senzienti, sale di controllo concitate, stazioni orbitali: insomma, tutto l'armamentario del cyberpunk in una narrazione veloce e incalzante, come dev'essere.
Frequenti le quadruple che ci squadernano scenari affascinanti e futuribili in prospettive vertiginose, in un accelerare costante dell'azione che ci conduce al finale, giustamente cupo e pessimistico come da tradizione del genere. Il mecha design è notevole e risente indubbiamente dell'influsso nipponico, da Gundam a Masamune Shirow, che Olivares, col gruppo di Hammer e poi con Nathan Never, innervò con più forza nella SF italica.
In generale, una piccola chicca per il cultore del genere, che il vero filologo potrà anche confrontare con la storia originale per apprezzare la diversa resa di una sceneggiatura simile.
In questi anni in cui questo futuro cyberpunk sembra essere ormai giunto qui da noi (nel bene e, inevitabilmente, ancor più nel male) una lettura indubbiamente di grande interesse e grande piacevolezza visiva.