Le Stelle Pe(n)santi
























LORENZO BARBERIS

Ho di recente presentato un'interessante libro di Alessandro Dattola presso le Cantine Bonaparte a Mondovì Piazza.

La foto di copertina, che riporto sotto, è ispirata a un cielo di un dipinto di Felice Casorati sulla Torino notturna. Visto che non lo ritrovo online, in copertina del post ci metto una immagine simile che piace a me, quella usata per la pubblicità della prima Fiat 600, auto simbolo del boom italiano.

Ma veniamo a Dattola e alle sue stelle pensanti.

Nel segno della contaminazione.

Lorenzo Barberis























Alessandro Dattola nasce un mese prima del viaggio sulla Luna, una data importante anche per la storia della poesia. I futuristi volevano uccidere il chiaro di luna: la sua conquista da parte della tecnoscienza le toglie gran parte di quell’aura poetica che possedeva fin dalla classicità.

Montale, nel celebre discorso per il Nobel del 1975, esprimeva profondo scetticismo sulle possibilità di sopravvivenza autentica della poesia in questa nuova era tecnologica.

Dattola, che in questo mondo è nato, accetta invece volentieri la sfida, e cerca di attingere dalla sua quotidianità impulsi tali da rendere la poesia strumento di comunicazione vivo, vicino alla tensione emotiva dei contemporanei.

Tra i suoi primi scritti, composti a partire da un soggiorno a Parigi nel 1992, vi è “Dialogo con il pianeta Marte”, una prosa narrativa che rielabora in modo innovativo il tema dell’incontro con la civiltà aliena, traendone uno spunto per una riflessione sulla labilità dei confini tra spazio e tempo e sulla difficoltà della loro resa letteraria.

Un testo di svolta, testo strettamente poetico questa volta, è la lirica “Il profumo del futuro”, composta in un ritorno a Parigi nel 2001, in cui nuovamente viene evocato un futuro magmatico melting pot culturale, ambientato in una futuribile capitale francese di domani, che pare ricordare, ma con più ottimismo, le caotiche metropoli dell’Incal di Moebius e Jodorowski.

E anche l’attuale raccolta poetica “La rivoluzione delle stelle pensanti” (2009) pare rievocare il tema dello spazio, fin dall’enunciazione del titolo, nella duplice accezione dello spazio stellare (“la conquista dello spazio”), e dello Spazio assoluto (“il continuum spazio-temporale”), che è il vero oggetto centrale della riflessione del poeta.

In questo senso gioca anche l’ambivalenza del termine “rivoluzione”. Un senso più immediato, dell’uso comune, indica un sovvertimento al meglio di un ordine costituito, la rivoluzione a venire, la “rivoluzione delle stelle”.

Nella concezione di Dattola, essa appare una rivoluzione pacifica, una rivoluzione culturale e di pensiero, “La rivoluzione delle stelle pensanti” appunto. E la rivoluzione delle stelle pensanti pare altresì legarsi al modo in cui lo spazio viene pensato, al problema percezione spazio-temporale appunto, questione centrale nella produzione poetica e influenzato profondamente, di fatto, dal modo con cui l’uomo si approccia allo spazio cosmologico.

Pensiamo solo a come la rivoluzione copernicana abbia distrutto, a partire dal secondo ‘500, il rigoroso spazio del cosmo tolemaico dantesco portando alle bizzarrie del barocco secentesco.
L’assenza di certezze prodotta dal relativismo spaziotemporale einsteniano nella prima metà del nostro secolo e il sogno di conquista tecnocratica del cosmo nella seconda (anche legato ai conflitti muscolari della guerra fredda) hanno modificato tale visione cosmologica in modo altrettanto fondamentale.

A un secondo livello “la rivoluzione delle stelle” in Dattola è quindi il moto circolare degli astri, è la struttura stessa dello spaziotempo nella sua intricata intelaiatura di rapporti gravitazionali, come pare suggerire anche la bella copertina della raccolta.

A tale proficua contaminazione concettuale del testo lirico con tali tematiche apparentemente impoetiche, Dattola affianca del resto coerentemente una contaminazione stilistica e formale, accettando e anzi sollecitando mescolanze con gli altri poli del sistema delle arti.

Contaminazione con la cultura musicale del rock anni ’70, massime con la sua componente più sperimentale che trova la sua più alta espressione nei Pink Floyd.

Contaminazione con la cultura visiva, da cui Dattola, che come formazione proviene da un liceo artistico, trae spesso spunti e suggestioni, specie dalle lucide allucinazioni delle avanguardie novecentesche, dada e surrealismo in prima fila.

Contaminazione, anche, col teatro, come la trasposizione teatrale delle poesie dattoliane che è stata effettuata per la presentazione della “Rivoluzione” da parte del laboratorio teatrale “L’Astrolabio” (antico strumento scientifico di misurazione degli astri: il rapporto con lo Spazio per Dattola pare segnato).

La poesia di Alessandro Dattola si pone quindi come poesia della contaminazione, una contaminazione visionaria ed effervescente che amalgama tutte le suggestioni sopra elencate fino a distillarne un verso che si caratterizza per la capacità evocativa sul piano percettivo / sensoriale, tale da spingere il lettore a una riflessione mai banale sulla concezione stessa del flusso spazio-temporale.

Proprio questa natura contaminatoria – e quindi fertilmente contaminante – del verso dattoliano fa sì che esso sia irriducibile a una disamina eccessivamente classificatoria: lasciamo quindi al lettore, a ogni singolo lettore, di trovare traccia nella ormai ampia produzione di Alessandro Dattola le contaminazioni culturali che trova a sé più affini, o più proficue.

Alessandro Dattola

Alessandro Dattola è nato a Genova il 9 giugno 1969. Dopo il Liceo Artistico e le prime esperienze nel campo del design a Milano, si reca a Parigi nel 1992. Qui compone i suoi primi scritti, “Dialogo con il pianeta Marte” e “Congedo dall’umanità”. Nel 2001, un ritorno a Parigi gli ispira “Il profumo del futuro”, poesia di questa raccolta. Attualmente l'autore vive a Pianvignale, e, dopo una specializzazione in ambito biblioteconomico, collabora dal 2003 con la Biblioteca Civica di Mondovì.