Green Mirror: Francesco Memo, Barbara Borlini, "Il limite del mondo" (Tunué 2024)




“Il limite del mondo”, testi di Francesco Memo, disegni di Barbara Borlini, edito da Tunué in questo 2024, è un libro indubbiamente molto interessante. Rivolto a un pubblico young adult, e con protagonisti adolescenti, è ampiamente leggibile anche da un pubblico più adulto, pur essendo congeniale per la fascia d'età di riferimento. Il tema scelto è di enorme attualità, trattando dell’attuale crisi ecologica giunta pressoché a un punto di non ritorno. Tema che, proprio per questo, poteva esporsi a grandi rischi retorici, che a mio avviso sono evitati dall’opera. 

Vi è infatti l’adozione di uno stilema originale, non poi così usato nel mondo del fumetto: il volume è un double side book, ossia un libro con due copertine e due storie, autonome ma non indipendenti. Il problema dell’emergenza climatica è così affrontato intersecando due differenti punti di vista: una storia che parte dal punto di vista della periferia estrema del sistema, da uno scenario montano dove i ghiacciai si sono ormai pressoché estinti, e uno dal centro di una megalopoli globale. 

Le due storie sono sia perfettamente intrecciate, sia perfettamente interscambiabili come punto di partenza. Tuttavia, anche in questo modo il rischio poteva essere quello di una rappresentazione manichea, “bene” contro “male”. Invece – pur assumendo in modo chiaro un punto di vista estremamente critico contro l’attuale degenerazione ecologica – sfugge ai rischi di tale schematismo, creando una visione sufficiente problematica, in grado di stimolare il giovane lettore a una riflessione non banale.

Iniziamo da uno dei due versanti, quello che forse può valere come migliore per iniziare, non fosse altro perché aperto dalla prefazione di Telmo Pievani, docente universitario a Padova nel dipartimento di Biologia, che ripercorre le vicende di Lynn Margulis, moglie di Carl Sagan e teorizzatrice con Lovelock dell’Ipotesi Gaia (1974), che teorizza l’interconnessione planetaria in un modo che il fumetto cerca, nella forma sua propria, di mostrare (e che riprende Margulis in un personaggio di scienziata centrale nella storia). Va anche detto che l'altra parte, simmetricamente, ha l'esergo, con una citazione di Borges adatta all'occasione, quindi i due aspetti sono bilanciati e non c'è un avvio realmente preferibile.

Si parte quindi su questo versante con un paesaggio alpino ormai degenerato, dove nuovi sport “cool” si sviluppano con tute ad aviogetto già oggi possibili, in linea di massima, guardati male dai valligiani ben più consapevoli del disastro che sta sconvolgendo quei luoghi, ancora affascinanti per un superficiale post su qualche Instagram del futuro. Fin da questa potenziale prima scena (a seconda del verso d’inizio del fumetto…) appare la scelta narrativa di una fantascienza non lontana di quel “cyberpunk vicinissimo” alla Black Mirror, similmente pessimistico. 

Come detto, i protagonisti sono giovani in età adolescenziale, negli anni delle superiori, in questa e nella parte successiva, cosa che favorisce l'identificazione dei lettori, più o meno pensabili della stessa fascia d'età (per alcuni aspetti forse il fumetto è un po' più maturo per il pubblico "medio" delle medie, anche se potrebbe essere valutabile). Il conflitto che si viene a generare tra nuove e vecchie generazioni, trasversali ad altri conflitti, è ben reso e si presta bene al tema della crisi ecologica e alla pessima eredità lasciata alle nuove generazioni, legittimamente irritate per non dir peggio. 

La scelta visiva è di un monocromatico azzurro-blu su cui avvengono ogni tanto interventi significativi in color seppia, a raffigurare i prati o, nella prima scena di grande impatto, un attentato di gruppi ecologisti (pacifico ma comunque dirompente) all’interno di un istituto tecnico agrario prevalentemente “Integrato” al sistema, da cui prende l’avvio la storia del protagonista e il suo collegarsi al piano più ampio. 

Si manifesta così l’equilibrio detto all’inizio, che caratterizza l’opera: da un lato, sono abbastanza evidenti i due schieramenti, quello tecnocratico e quello ecologico; ma al contempo, essi sono mostrati al loro interno nella loro complessità e poliedricità, nei limiti del possibile di un testo fumettistico comunque relativamente “breve”, come necessario perché sia una proposta editoriale ragionevole. 

Ad esempio, il ruolo di ditta antagonista assegnato alla CarbCap è interessante, perché non si tratta di una multinazionale “faustiana”, dichiaratamente compiaciuta nella pura corsa al denaro, ma è ammantata da una suadente ipocrisia di green washing. La cura dei dettagli è notevole. 

Il segno della Borlini è molto vicino a quella declinazione europea del manga che si è ormai molto diffusa anche qui da noi, con un approccio personale di notevole impatto. Anche la griglia, usata in modo molto calibrato, mostra un bilanciamento tra soluzioni più orientali (la griglia con vignette oblique, cui a volte si ricorre, ampie splash page e inset page, e così via) e alcune tavole più vicine alla griglia italiana 2X3 (del resto talvolta usata anche nel manga nipponico).

La riuscita stilizzazione iconica ed espressiva dei personaggi è molto efficace, secondo la via nipponica riletta in chiave personale: frequenti primi piani espressivi intensi, e una forte recitazione dei corpi in situazioni frequentemente ricche di sottili conflittualità. Lo spazio narrativo di un graphic novel, rispetto a un romanzo, è breve, e molto della costruzione della psicologia dei personaggi e dei loro rapporti passa attraverso sfumature di espressione. La cosa funziona forse ancor meglio con protagonisti adolescenziali, tipici del manga o meglio ancora dei manga di maggior successo popolare qui da noi.

In questo, lo stilema manga, usato con maestria, conferma la sua grande efficacia, più del maggior realismo occidentale; ed è anche maggiormente in grado di dialogare con generazioni di lettori a fumetti che, dagli anni '80 e '90 in poi, è influenzata fortemente anche qui da noi dal mondo nipponico, e che costituiscono la prevalenza assoluta negli appassionati di fumetto delle nuove generazioni.

Tale iconismo delle figure è simmetrico alla cura realistica degli ambienti, ricchi anche di riusciti dettagli. 

Ad esempio, molto interessante è come la propaganda aziendalista della CarbCap, pervasiva e suadente, appaia spesso risignificata da interventi di writer che ne denunciano l’ipocrisia. Le due splash page finali ci lasciano con un finale aperto, in cui non appare netta la vittoria di nessuno dei due schieramenti, anche se l’avanzata della tecnocrazia appare come nettamente opprimente. C’è insomma il rifiuto di un finale consolatorio (sia pure finale di metà opera).





Interessante la scelta visiva molto raffinata della pagina finale/centrale, che si lega alla simmetrica pagina finale dell’altra storia, formando una doppia splash finale e lasciandoci intuire che anche questa avrà un finale aperto (entrambe le due splash page finali di ogni storia, scopriremo poi, sono perfettamente simmetriche). Non posso ovviamente escludere che altri abbiano usato questa soluzione di montaggio, ma ci sono buone possibilità che in questa forma sia una sorta di unicum narrativo, innovando ancora una volta il linguaggio fumettistico. 

Ricominciando la storia dall’altra parte, ci troviamo in una megalopoli divisa tra Cool e Dull: i primi stanno al fresco, e il termine è ufficiale; il secondo, spregiativo, è colloquiale, e indica gli esclusi dal sistema di refrigerio sociale (nell’immediato quello della temperatura, ma anche in modo più ampio). “Cool”, va notato, è “freddo”, ma è anche “fico” nel linguaggio anglosassone: e i “Cool” futuribili non solo stanno al fresco, ma vivono tutta la situazione come una “opportunità”, che ovviamente è tale solo per una ristrettissima élite. 

Il Green Washing, in questa parte urbana, sembra estendersi a un generale “Capitalism Washing”, in cui l’attuale sistema economico imbelletta il suo malfunzionamento con un pesante strato di retorica. Torna l’opposizione cromatica tra i toni dell’azzurro prevalenti e le campiture gialline che, qui, vengono a rappresentare con grande efficacia visiva il mondo “non climatizzato” fuori dai quartieri blindati dell’élite. 

Questa storia, di ambientazione urbana, è ancor più simile ai topoi del cyberpunk, che per primo aveva tenuto presente anche di questi aspetti ambientali, sia pur spesso come nota a margine. E la cosa è piuttosto inquietante, per un appassionato del genere: infatti abbiamo un cyberpunk che si viene sempre più a precisare nella sua oscura profezia, il domani terribile che ci si prepara acquisisce maggior definizione man mano che ci avviciniamo. La storia, al di là delle singole vicende che non ha utilità spoilerare, va ad analizzare la presa di coscienza di una ragazza appartenente all’élite dal suo incontro con alcuni Dull della sua stessa età, esclusi dal sistema. 

Anche qui, la rappresentazione è verosimile, non inutilmente idealizzata in uno schema stucchevole buoni/cattivi, pur mantenendo intatta la carica di critica sociale. Ovviamente, anche questo finale è aperto e, pur non ponendo una chiusa disperante in modo totale (come non sarebbe nemmeno opportuno in un prodotto che, godibile anche dagli adulti, si pone comunque come young adult), ha un finale tutt’altro che conciliatorio. 

Nel complesso, quindi, un buon fumetto che tratta di tematiche complesse in un modo che resta efficace sotto il profilo dell’intrattenimento, senza banalizzarle ma stimolando a una più complessa riflessione: un "Green Mirror", potremmo dire, che ci restituisce spietatamente lo specchio del futuro che stiamo costruendo.


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