Dylan Dog N. 2 - Jack lo Squartatore


LORENZO BARBERIS.

Spoiler alert, as usual.

Il secondo albo di Dylan Dog, "Jack Lo Squartatore" (1986), rivisita il principale mito della Londra orrorifica, "The Ripper", che il buon Alan Moore stava rileggendo, negli stessi anni, nel suo "From Hell". Il volume di Moore uscì infatti nel 1991, ma egli aveva iniziato a lavorarci per il 1988, il centenario dei delitti del primo serial killer della storia, che aveva operato nell'anno del "triplice otto", il 1888.

Curiosamente, di tutti i casi che si potrebbero citare, Sclavi approfondisce nel "Club dell'Orrore" quello che ha immaginato The Ripper coincidere con Sherlock Holmes. Il suo eroe, Dylan, è un Holmes dell'orrore, come detto: quindi avanzare questo sospetto potrebbe avere una valenza subliminale, di mettere in luce il lato oscuro di Dylan (presente, come abbiamo visto, in Xabaras, l'altra faccia della stessa medaglia).

La donna assassinata in copertina è immagine piuttosto forte, che coniuga inevitabilmente horror ed erotismo, con una forza esplicita che in seguito diminuirà.


La vicenda comincia con una medium, Sarah Sarandon (citazione di Susan Sarandon, protagonista del Rocky Horror Picture Show?) che tenta di evocare Jack The Ripper, e ne viene uccisa.

La Sarandon e i sodali della seduta sono presentati come ricchi annoiati, affascinati dal mito di Jack.
I nomi non sono casuali: Lord Dunsany fu un autore che ispirò Lovecraft, mentre miss Christie è ovviamente allusione alla celebre Agatha. Insieme, formano l'allusione alla natura gialla-horror di molte storie dylainate, di cui questa è la capostipite.

Disegnatore (sempre su testi di Sclavi, in questi primi numeri) è uno dei rari non italiani sulla serie regolare di Dylan: l'argentino Gustavo Trigo (1940 - 1999), prematuramente scomparso, collaboratore di Oesterheld, giunto in Italia a fine anni '70, in fuga dalla dittatura. Egli disegnerà anche il numero 6 e il 13, per passare poi a Julia e altre testate.


Vediamo un blando segnale di continuity: Groucho dona a Dylan un clarinetto nuovo, dopo che il primo era stato distrutto per sconfiggere Xabaras.

Jane Sarandon, figliastra della medium uccisa, si rivolge a Dylan per farsi scagionare dall'accusa di omicidio, e per scoprire invece il vero colpevole: un altro membro della seduta, oppure Jack stesso.


Appare nella serie quindi il primo incontro tra Dylan e Bloch, già comparso nel n.1, ma senza interagire con Dylan. Qui invece i due investigano insieme.


Appare inoltre come in questi primi numeri Dylan non sia ancora pensato come ex-alcoolista: egli infatti è mostrato bere una birra. (già nel numero uno aveva offerto un superalcolico a una cliente svenuta).


Notare la voluta "confusione" tra Dio e Diavolo, parte del discorso gnostico sclaviano (Dylan / Xabaras, etc.) che contribuì certo ad attirare gli strali della censura su quei primi numeri, non appena divennero famosi.


Come in molti gialli dylaniati, si scopre che in realtà la cliente (o altri, in altri numeri) ha coinvolto Dylan confidando nella sua natura di "ciarlatano", per gettare fumo su un normalissimo omicidio dissimulato in una serie rituale (gli A.B.C. Murders di Agatha Cristie, che è stata qui citata).


Il twist sovrannaturale del finale a sorpresa (quasi un obbligo del genere horror) è qui prevedibile ma impeccabile: il vero Jack the Ripper arriva e elimina la sventurata fanciulla che ha osato usarlo come copertura del banale omicidio a fine di lucro che ella ha commesso.


Se quindi il primo albo inaugurava il filone principale horror, questo secondo crea un controcanto giallistico, secondo il principio bonelliano de "I generi attraverso il genere": un genere principale, dichiarato, che si presta poi ad accogliere storie declinate negli altri generi letterari.