Discorso sulla Prima Decade di Dylan Dog - 1992 (64 - 75)

LORENZO BARBERIS



Spoilers alert as usual.

L'annata inizia con una nuova storia doppia di Sclavi, vagamente ispirata a Twin Peaks e con disegni del solito duo M&G. Professionismo ad alti livelli, ma non indimenticabile: le storie doppie non sono mai state il massimo di Dylan, a mio avviso, per il loro ricondurlo alla sua natura di fumetto seriale, limandone l'alone autoriale.

Il numero 66, oggettivamente importante esotericamente (lo stesso Dylan guida una DYD 666, un po' come la sfigata 313 di Paperino) è celebrato da "Partita con la morte", capolavoro di Chiaverotti con eccelsi disegni di Roi. La variazione con stile sul Settimo Sigillo è notevole, e coglie perfettamente lo spirito del personaggio.


Nel 67, Sclavi cita invece Il Fu Mattia Pascal ne "L'uomo che visse due volte", dandone un'eccelsa variazione orroristica. Tutto sommato l'abbandono dello splatter, con l'accentuazione posta invece su raffinate soluzioni ricche di riferimenti culturali, ha anche elementi positivi come queste due storie di alto livello, che potrebbero essere un modello per il rinascimento attuale. Ai disegni Andrea Venturi, che farà altre tre storie di Dylan prima di passare a Magico Vento, tentativo di horror-western che punta a coinciliare, implicitamente, Dylan e Tex. Tra queste, come diremo, una storia cardine di Dylan Dog come Johnny Freak, nel bene e nel male.





"Lo spettro nel buio" di Chiaverotti e Piccatto vede il ritorno di Mana Cerace, mentre storia epocale è indubbiamente "Caccia alle streghe" (69) di Sclavi, con eccelsi disegni di Dall'Agnol.

La storia è un attacco di Sclavi contro le spinte censorie che stavano cercando di stroncare il fumetto italiano, e che effettivamente erano riuscite a produrre il crollo della ACME, gloriosa testata splatter di nicchia, puntando ora al boccone grosso, Dylan Dog.








Nella storia l'autore si concede, per un'ultima volta, un notevole tasso horroroso nel mostrarci gli orrori dell'inquisizione, e poi descrive il processo che era avvenuto in Bonelli, già visibile l'anno precedente: le denunce giornalistiche-parlamentari del 1990 si erano sciolte come neve al sole, ma si era passati a una più radicale autocensura interna.

L'editore vigliacco è ricalcato come aspetto su Ferrara, che si era speso attivamente nell'attaccare i fumetti horror anche in TV.



Dopo "Il bosco degli assassini" (70) di Chiaverotti e Coppola, un nuovo capolavoro è "I delitti della mantide" di Chiaverotti e Brindisi (71), dove appare l'Hiroshima Mon Amour, ospite nel 1991 di un incontro su Dylan Dog di grande successo.



La madre dei lupi...



L'ecologista...

L'ultimo plenilunio (72), di Marcheselli e Sclavi, chiude il ciclo iniziato nel n.3 sui licantropi, di nuovo con M&G ai disegni, in una delle loro prove migliori. La storia vede l'esordio alla sceneggiatura di Mauro Marcheselli, che diverrà in qualche modo l'erede di Sclavi alla guida della rivista fino al 2009. Marcheselli tratteggia una figura femminile interessante, parodia della "fighetta di sinistra" che potrebbe essere, per paradosso, proprio il tipo di pubblico femminile che si era avvicinata al fumetto tramite Dylan. Velleitaria, presuntuosa, viziata, portatrice di un ecologismo protestatario fine a sé stesso.

Tuttavia, nel finale scopriamo, secondo uno dei grandi classici dylaniati che da ora iniziano a diventare paradigma, che nel licantropo l'uomo è il malvagio, e il lupo è il buono. "Dovreste tutti trasformarvi in mostri!" grida nel finale l'ecologista, consolidando in modo plateale l'emergente morale per cui il mostro (e l'animale) è buono, e l'uomo comune il vero mostro. In qualche modo, è una morale da sempre presente, per esempio in "Alfa e Omega" (9) e "Goblin", ma che con l'età della censura si rafforza.



"Armageddon" di Chiaverotti e Freghieri è una storia ordinaria, che si risolleva per la meravigliosa cover pop di Stano (Recchioni ha capito molto di giusto nel decidere di risollevare subito le cover, tornando a quella estetica pop, quasi acida, dei '90 staniani).


"Il Lungo Addio" (74), sempre di Marcheselli e Sclavi, dopo il buon esordio, è il primo grande capolavoro di Marcheselli. Puntando sul sentimento (Sclavi stesso dirà in uno dei suoi romanzi: "la vera provocazione è ormai fare una storia di due che si innamorano), nonostante la crisi censoria, gli autori riescono a reinventare un Dylan che funziona, molto più eroe romantico che detective dello splatter, ma comunque ancora inseribile nell'età dell'oro di tale personaggio.


Chiude l'anno il Tagliagole (75), un normale horror di Sclavi e Coppola.

Il 1992 si segna quindi come un anno comunque eccezionalmente di qualità, con in scena ottimi Sclavi, Chiaverotti e la new entry Marcheselli subito sul podio con "Il lungo addio" (sempre, è ovvio, ben supportati dai disegnatori di altissimo livello). Andrea Venturi è tra le pregevoli new entry sul disegno, che avrà tempo di lasciare l'anno successivo un capolavoro come Johnny Freak (a fianco, appunto, di Marcheselli) prima di lasciare per altre esperienze.

Insomma, la crisi dell'inizio dei '90 si dimostra assorbita sotto il profilo della qualità, pur in un calo dello splatter horror. Anzi, la limatura effettuata, per paradosso, è forse tra le concause del boom del Dylan romantico. In quest'anno i soli inediti raggiungono il mezzo milione di copie, un milione con ristampe e speciali vari. La RAI si interessa per una fiction, che non verrà poi realizzata (forse per fortuna): anche edulcorato, l'horror è ancora troppo per la tv di stato.

Iniziano anche in quest'anno le campagne di Dylan per il sociale, un ulteriore modo per dimostrare la sua validità educativa; un aspetto che purtroppo secondo molti penetrerà poi anche all'interno degli albi, con un appesantimento spesso eccessivo.

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