Discorso sulla Prima Decade di Dylan Dog - 1995 (100-111)


LORENZO BARBERIS

(Spoilers Alert as usual)

Il 1995 inizia alla grande col n.100, di Sclavi e Stano, per la prima volta a colori.
L'albo narra la fine della "Storia di Dylan Dog", svelando il modo in cui era giunto a noi dal 1666 (come annunciato già fin dal primo numero, tramite le battute di Groucho), il suo legame con Xabaras e quello incestuoso con Morgana.

L'albo è ricco di simbolismi freudiani ("la grande f..." costituita dal ramarro alchemico, per citare un dotto pittore monregalese con cui discussi all'epoca dell'albo), ma il colore per paradosso toglie qualcosa invece di aggiungere. Anche la cover, con i gargoylle stile Notre Dame che piangono Dylan che se ne va non è delle migliori. Poco epica, e poi Dylan non ha esclusivamente gargolle come parrebbe qua, e mai (giustamente!) sono state umanizzate. Lo stesso finale, con Dylan libero dai suoi incubi, non è degno dell'onirismo della serie, a mio avviso.

Nonostante il suo "ritorno" dopo "l'anno di Chiaverotti", Sclavi è latitante dalla testata anche in questo '95, tornando solo nel 109 per un numero non così memorabile. L'autore pavese resta l'impalpabile supervisore della serie, mentre è soprattutto Marcheselli a tirare le fila, nelle necessità imposte dalla censura.

Il 1995 è infatti l'anno in cui si apre anche un processo contro l'Intrepido. In un numero del 1992 era apparsa una storia che, secondo il padre di un suicida, avrebbe ispirato il figlio all'insano gesto. Ovviamente, il principio legale era delirante, ma vennero rinviati a processo tutti gli autori della pubblicazione (non solo i direttamente coinvolti), tra cui Siniscalchi e Brindisi, allora disegnatori di Dylan Dog.

L'assoluzione, piuttosto ovvia, segnava tuttavia una nuova vittoria dei Censori, spingendo come mostrato da Sclavi sempre più all'autocensura. Gli effetti non sono immediatamente visibili, anche se lo splatter è calato di molto: ma il veleno, come nell'albo 69, si inocula lentamente, fino alla paralisi se non vi si pone attenzione.

Manfredi ha il numero 1 del nuovo centinaio, e la maggior parte degli albi dell'anno, ma non di molto: 4 storie. Per il resto Chiaverotti, Mignacco, l'addio a Dylan di La Neve e un nuovo numero di Ambrosini autore completo dopo il bel tentativo del 1994.


"I demoni" (103) di Chiaverotti non è male, esplorando l'orrore vegetale sotto il titolo dostojevskiano. C'è anche una discreta concessione ad un buon horror, se non proprio allo splatter.


Il 104 ha sopra ogni cosa una cover graficamente molto bella, che mostra anche una sana indifferenza verso le censure moralistiche, eternamente ricorrenti, usando un elegantissimo nudo femminile (coerente alla storia) per evoca gli ossimorici incubi dell'insonnia, legati a Killer protagonista.


Anche il 105, di Manfredi e Siniscalchi, esplora adeguatamente l'orrore legato ai topi, con numerose citazioni raffinate e l'utilizzo di una storia della storia dei topi per una narrazione che ricorda quasi più Mystere che Dylan per la sua erudizione, a volte ostentata. La trama resta gradevole, ma il lavoro su questi numeri più "monotematici" (si sviscera l'orrore di fobie apparentemente minori, come la fitofobia) segna in parte un ritorno indietro rispetto all'orrore dylaniato doc, splatteriano oppure neoromantico.


Il 106 è una divertente storia stagionale sull'esodo estivo e sul periodico tributo che ad esso si associa. Una storia stagionale simmetrica a "Feste di sangue", ripresa in anni più recenti da Recchioni in un horror da autogrill consapevole del Benni del Bar sotto il mare.


Nel 107 Mignacco torna con Piccatto sul suo grande classico, il suo Pink Rabbit che ha ormai alle spalle l'apparizione del Roger disneyano da lui anticipato. Storia gradevole, ma come tutti i sequel meno dirompente dell'originale.



Il 108 è "Il guardiano della memoria", nuova storia da autore completo di Ambrosini (nel segno del quale si avvierà anche il Rinascimento dylaniato)



Sclavi tornerà solo col (non eccelso) "volo dello struzzo" (109) su un soggetto di Marcheselli non ai suoi massimi e per Freghieri, autore onesto ma non dei più potenti come un raro ritorno di Sclavi meriterebbe.


L'anno si chiude con una storia doppia, la prima di Manfredi (con Roi). E' anche la prima di un autore che non sia Sclavi sulle storie in due puntate. Manfredi se la cava bene, a partire dalla citazione di Rosemary che ci porta a una culla con croce rovesciata in copertina. Discreta, ma c'è: anche se poi la trama, come indica il titolo, riporta più al mito classico e all'eterno tema dell'Aracnofobia.

Insomma, il 1995 (secondo anno di probabile calo, dopo il 1994 dell'abbandono parziale di Sclavi) si segna purtroppo anche per l'assenza di grandi storie, a parte l'Evento assoluto del n.100 in apertura. Discreta la storia di Ambrosini, sempre gradito il secondo ritorno di Sclavi dopo l'obbligo del 100, accettabile la tenuta horrorifica "tematizzata" che sembra essersi imposta, e non male il tentativo di tornare "alle doppie": ma per la prima volta c'è la percezione di una certa stasi, dopo la costante crescita un lieve calo. Nessun autore nuovo quest'anno, né disegnatore, né sceneggiatore, e La Neve che lascerà per passare ad Esp prima di ingranare sul personaggio.

Insomma, Dylan continua e impossibile fare diversamente dopo l'enorme successo (sarebbe follia); ma con un lieve e inevitabile calo di smalto, senza tuttavia svarioni eccezionali.