Discorso sulla Prima Decade di Dylan Dog - 1988 (16 - 27)



LORENZO BARBERIS

Spoiler Alert, as usual.

1988. 
Stanno finendo gli anni '80: Reagan ha finito il suo secondo mandato, lascia il posto a Bush padre, primo di una piccola, per ora, dinastia. Il muro è ancora in piedi: un anno e cadrà.

Dylan è ancora nell'età dell'oro.
Le cover sono tutte di Villa, le sceneggiature quasi tutte di Sclavi.
Due sono di altri autori, Mignacco e Ferrandino, soggetti e sceneggiatura (i due che erano già apparsi nel 1987, al fianco di Sclavi, qui autonomi); in due casi, con Toninelli e Castelli (mostro sacro bonelliano, autore di Martin Mystere) abbiamo una collaborazione al soggetto di Sclavi stesso - e poi la guest star porta avanti la sceneggiatura. 10 Sclavi su 12, comunque, una preminenza ancora netta e schiacciante.

Montanari e Grassani dominano in questa stagione con quattro albi in questa stagione. Poi due Piccatto, due Casertano, due Roi, un Ambrosini e un ritorno di Stano per "Morgana!", albo del ciclo di Xabaras, quello portante di tutta la serie.

L'anno si apre con una novità, il primo albo doppio, "Il castello della paura / La Dama in nero" (16-17), disegni di Montanari e Grassani. I due sono usati in prevalenza su storie da riempitivo, ma in questo caso sono prescelti per questa doppia che è un esperimento interessante, probabilmente in ragione della loro rapidità di esecuzione. In realtà l'esperimento non ha eccezionale successo, dato che viene reiterato, su Dylan, molto più raramente che su altri bonelliani.

Dylan era infatti innovativo per il formato "romanzo" che aveva assunto: le "cento pagine" dell'albo usate per una singola storia coerente, invece che per i classici "continua" bonelliani delle altre testate.

Un modello che si sarebbe presto imposto, più autoriale (i "libri veri" non hanno questo elemento di teaser...) e in grado di "nobilitare" il fumetto. Cento pagine è del resto la soglia convenzionale racconto/romanzo nella letteratura: in questo modo i fumetti si ponevano come "romanzi brevi", "romanzi a fumetti" (termine bonelliano ricorrente, decisamente meglio di romanzo grafico, che quasi punta a censurare lo specifico del fumetto rispetto all'immagine). Quindi Dylan, salvo episodi, non abbandonerà questo stile.



Seguono una serie di numeri fondamentali nella definizione del personaggio: "Cagliostro!" (18) con Piccatto, innanzitutto, che segna anche l'apparizione della nuova sovraccoperta di Villa, e la nascita della pagina interna della Post. In compenso, le storie passano da 98 a 96 tavole.


La sovraccoperta interna mostra un Dylan fascinoso, sullo sfondo dei classici mostri da Hammer Movie dei '50. L'orrore dylaniato è ancora pensato in modo abbastanza classico, con anche qualche deliziosa ingenuità di questa fase antica (i pipistrelli negli angoli dell'illustrazione, così adorabilmente retrò).

Inoltre abbiamo di nuovo un Dylan in trasferta, dopo la visita in Germania al n.3. Una linea inizialmente pensata come tipica della serie, sul modello prevalente di Martin Mystere, e ora abbandonata. Il viaggio è un'eccezione nel cosmo dylaniato, non la norma, conseguente all'abbandono di un certo "bondism" del primo anno.


"Memorie dell'invisibile" (19) con Casertano è un altro capolavoro di livelli altissimi, in cui si esplicita molto bene l'estetica dei freaks tipica di Sclavi. Albo che meriterebbe una analisi particolareggiata, e vagamente ermetica, con un post dedicato che probabilmente prima o poi farò.

In Bonelli, a quanto pare, l'albo è ritenuto un modello assoluto, e inarrivabile, del Dylan Classico, la lezione da apprendere da parte dei nuovi sceneggiatori per eccellenza.



"Dal profondo" (20) è il contributo di Castelli, interessante perché a tratti quasi parodistico del fenomeno dylandoghiano, con alcune delle scene splatter comiche più divertenti e dissacranti che quasi fanno da controcanto all'estetica dei freaks apparsa col massimo nitore (declinata sull'invisibilità) nell'albo precedente.

Il mio docente di Italiano del Liceo, nel 1992, nell'esternare i suoi dubbi su Dylan Dog citava proprio questa storia e la nota "scena del topo" dove un neonato avvia con un pasto mostruoso il suo dominio "del profondo". Interessante che invece lo stesso docente, appassionato soprattutto del Tex storico di Galeppini, esaltasse poi il Martin Mystere di Castelli per il suo ruolo profondo e anche educativo (forse, però, aveva letto appunto il numero 20 come applicazione di Castelli a Dylan, trovando tutt'altro di una "storia mysteriosa" ma una divertita parodia dell'incubo, e di questo quindi parlava).



"Giorno maledetto" (21) di Marcello Toninelli nasce da una sceneggiatura di Sclavi rimaneggiata a due mani. Il senese Toninelli, direttore di Fumo di China, autore di una meravigliosa rilettura della Commedia dantesca (1969) in chiave di comic strip, è indubbiamente un nome importante del fumetto italiano, probabilmente ingiustamente poco valutato.

Qui però la storia, affidata a Montanari e Grassani, come il successivo lavoro di Toninelli, si denota già in questo lavoro "di servizio"; Toninelli non apprezzò molto il lavoro del duo sui suoi albi, e addirittura, in una bella intervista sull'autorevole sito bonelliano "gli Audaci", ipotizza che anche il successivo "Riflessi di morte" (44) sia stato affidato al duo per screzio da Sclavi.

Toninelli nell'intervista attribuisce il tutto, ipoteticamente, al rifiuto di disegnare Dylan Dog, dato l'entusiasmo di Sclavi per il suo tratto comico in ligne claire (vedi anche qui sul suo blog). Toninelli avrebbe poi portato tale esperienza grafica nel suo "Agenzia scacciamostri" sul Giornalino, versione comica di Dylan Dog (dove appare anche un grasso investigatore greco dell'incubo, Dilandoghis, parodia di Sclavi stesso).

"Riflessi" in effetti è, a differenza di questa, una storia interessante, meno "riempitiva" e più personale, e i disegni del duo, da storia "di servizio", l'hanno probabilmente bloccata in una potenziale ascesa nel gradimento dei fan fumettisticamente più colti (Montanari e Grassani erano, all'inizio, amati dalla vasta base di Dylan Dog).

Toninelli dice nell'intervista anche cose interessanti anche delle pubblicità su Repubblica di Dylan Dog di quel periodo "la pubblicità che facevano mensilmente su “Repubblica” (un piccolo riquadro in bianco e nero) aiutava le vendite. Mi disse che i cinque milioni che spendevano per quegli avvisi si mangiavano esattamente il poco utile della testata." (La scelta però era giusta come settore, la mia generazione di "sinistra liberal", credo, oggi acquista più Dylan Dog che Repubblica).

*

"Il tunnel dell'orrore" (22), nuovamente di Sclavi, e sempre illustrata da Montanari e Grassani, è di nuovo una storia interlocutoria, come spesso quelle illustrate dal duo, mentre più autoriale, ma non a mio avviso così memorabile, è "L'isola misteriosa" (23) con Ambrosini, dalle parti del Dottor Moreau.



Invece l'alessandrino Luigi Mignacco si gioca al meglio il suo one-shot assoluto (aveva già sceneggiato l'importante n. 14, ma su soggetto sclaviano) con un pezzo da novanta come "I conigli rosa uccidono" (24), magistralmente disegnato da Piccatto, perfetto per gli albi con una marcata chiave horror-comica.

Credo sia il primo Dylan Dog da me letto, in seconda media, prestato da un compagno di classe che detestavo abbastanza (come la maggior parte dei miei compagni di medie) e che rendevo protagonista dei miei fumetti splatter, ispirati ai tempi allo splatter televisivo. La cosa lo inquietava abbastanza, finché il fratello maggiore lo aveva spinto ad apprezzare l'omaggio, citandogli appunto Dylan Dog che avevo così, per suo tramite, scoperto a mia volta.

Se non il primo (mi aveva passato un pacco di fumetti tra quelli usciti fino allora) fu indubbiamente quello che mi colpì con più forza. C'era tutto: l'orrore televisivo, l'inquetudine dei cartoni animati e la loro latente aggressività, specie quella di quel fintamente scherzoso Bugs Bunny. Anche in Sclavi, nel numero 10, Groucho si traveste da coniglio alla festa mascherata: forse è già un cosplay del coniglio mannaro assassino. Ed è poi Dylan alla fine l'assassino, sia pure sotto effetto di allucinogeni e quindi non colpevole, ma certamente con forte accentuazione della sua natura di antieroe.



La storia quasi certamente mi aveva colpito per la citazione (penso voluta) del Pinky del Giornalino dei Paolini, che conoscevo fin dalle elementari, il coniglio rosa di Mattioli, ex-membro dei Cannibali. Pinky edulcorava ma non troppo cose tipo Squeak The Mouse, che davvero era un topo assassino, decostruzione dei cartoni animati alla Warner Bros.


Ma Mignacco, in questa storia, riusciva anche ad anticipare l'idea che sarà poi ripresa dalla Walt Disney per il loro film del 1992, "Chi ha incastrato Roger Rabbit?", basata sullo stesso identico presupposto, ovviamente in declinazione meno splatter: un giallo basato su omicidi legati agli eroi dei cartoon. Il furto dell'idea (casuale? Può essere o anche no: la principale fonte di fumetti disneyani è la scuderia italiana, che proprio nel 1988 era tornata dalla Mondadori alla casa madre. Dal che, un'attenzione a cosa si muoveva nel fumetto in Italia ci poteva anche stare.

Tra l'altro, con quest'opera Dylan supera, nel suo trend di crescita, le 100.000 copie vendute, segnandosi nettamente come fenomeno di mercato.



"Morgana" (25) di Sclavi e Stano avvia il terzo anno di vita di Dylan Dog con un ritorno alla formazione originaria del N.1, portando avanti l'inquietante storia di Xabaras che sarà chiusa, non forse al livello eccelso, dal n. 100. Qui l'inquietudine freudiana è ai suoi apici.


"Dopo mezzanotte" (26), coi disegni di Casertano, è forse invece il più grande classico dello "Sclavi minore". Storia interlocutoria, senza che succedano grandi svolte dopo le larvate rivelazioni e allusioni di Morgana, ma dove Sclavi dimostra di saper fare un capolavoro anche in un albo "ordinario" (certo, supportato dal Casertano del n.10 e delle Memorie).


L'One Shot di Ferrandino, "Ti ho visto morire" (27), pur nei fascinosi e adatti disegni di Roi, non riesce a tenere testa, a mio avviso (pur parlando come al solito di altissima qualità), a differenza del "coniglio rosa" di Mignacco che non sbiadiscono al confronto (e che vedrà infatti una sua trilogia)

Comunque, un'annata ottima, come e forse ancor di più del 1987: il personaggio ormai è rodato dai tentennamenti iniziali, il personaggio si definisce con le numerose ottime storie di Sclavi e l'apparizione ad altissimi livelli di Mignacco.

Il 1988 vede anche l'uscita di un primo videogioco dedicato a Dylan Dog, storia di un amore sfortunato tra la depressa scena videoludica italiana e una testata che avrebbe potuto offrire un perfetto volano.

Anche i tentativi di imitazione (e radicalizzazione dello splatter) della ACME, con "Horror", "Splatter" e "Primi delitti" (1989) arrivano dopo il 1988, testate che vendono molto meno, ma comunque oltre 20.000 copie, buone cifre per un non-bonelli, trainate dalla scia dilaniata. Porteranno con sé però grane, polemiche, cacce alle streghe il cui vento lungo porrà fine alla felice età dell'oro degli esordi.

E soprattutto, forse, è l'anno in cui ho conosciuto il personaggio, cosa che innegabilmente lo ammanta per me di una particolare poesia.