Dylan Dog 2006 (233-250). Il ritorno del Ventennale.

2006. Il Ritorno del Ventennale (233 - 250).







LORENZO BARBERIS.



Dopo due anni interlocutori, il 2004 e il 2005, nel 2006 il calo di Dylan inizia a divenire innegabile.

Siamo sulle duecentomila copie, più o meno stabili dall'anno precedente.

Ottimi dati, ma non in rapporto alla rivista.

Del resto, siamo giunti ormai al ventennale, 1986-2006.

Una certa stanchezza ci sta, e la "cifra tonda" è l'occasione per un possibile rilancio.



L'anno si apre benissimo, al 233, con una storia del sempre valido Medda, per gli eccezionali disegni di Stano. Data la disponibilità del grande disegnatore-simbolo della serie, Medda scrive una delle storie meno ironiche, più vicina alla cupezza primigenia di Sclavi, in una onirica sfida con un "Ospite sgradito", un topo che kafkianamente conduce Dylan sull'orlo della follia.



Medda tornerà anche al 236, con il più ordinario Freghieri; ma la vera rivelazione dell'anno è il ritorno di Sclavi, in occasione del ventennale. Sclavi, in effetti, sul 200, aveva scritto ai lettori non escludendo un ritorno al personaggio, ma si era ritenuto il suo pronunciamento molto di maniera. Invece avviene un ultimo tentativo, a partire da "Ucronia" (240), bella storia su una sorta di distopia fasciocomunista alternativa disegnata da Saudelli, in cui tornano, con espediente diverso, le ossessioni sul NWO dell'ultimo Sclavi, al 173-176.



Ancora una volta, però, Sclavi preferisce cedere la celebrazione dylaniata alla Barbato: stavolta si tratta di un doppio numero a colori (241-242), in cui viene ripreso il ciclo di Xabaras.

Il doppio albo sembra introdurre una possibile fine alternativa alla fine assoluta di Dylan Dog,

scritta da Sclavi nel numero 100. Nella doppia della Barbato, all'apparenza Xabaras muore, dopo l'ennesimo fallimento della sua ricerca della vita eterna. 



A Sclavi vanno poi le due storie dopo il traino del ventennale, la 243, nella formazione iniziale con Stano, e la 244, col grande (ma più presente su Dylan) Casertano. Storie di uno Sclavi da riscoprire, che preludono al suo addio al personaggio con l'ultima celebrazione, quella, di lì a poco, del 250, l'anno successivo. Il 243, in particolar modo, si pone come una possibile "fine alternativa" del personaggio, un ulteriore rimpallo con la Barbato dopo che lei aveva rovesciato in certo qual modo la fine del numero 100, nell'eterno gioco dei molteplici, "assurdi universi" di Dylan Dog.



Masiero con "Gli eredi del crepuscolo" chiude in trilogia i due mitici episodi di Inverary, al n.7 e 57, con un ritorno (ormai episodico) di Montanari e Grassani, che di quegli ambienti erano stati gli ideatori grafici. Anche qui, si tirano le fila di un altro "cosmo nel cosmo" dylaniato.



"Il gran bastardo" di De Nardo è una divertente riedizione horror de "Il rompiscatole" di Jim Carey, dove per una volta - senza abusarne - lo stile giallistico convince, mentre "Sonata mortale" di Ruju gioca con un elemento fondante della continuity dylaniata, quello del Trillo del Diavolo, unica musica che Dylan suona al clarinetto, sua vera e propria, misteriosa, ossessione. Insomma numerosi albi ricchi di interesse, che però forse risentono di una comunicazione sempre meno adeguata all'era della rete, e non riescono a catturare nuovi fan (o almeno a riportare indietro quelli noti).



Col 244 di Sclavi comunque si chiude l'anno e Dylan entra nella sua terza decade di vita. Se non sulle vendite, il ritorno di Sclavi rialza la media delle storie, e anche i singoli Dylan più giallistici sono più digeribili annacquati in un quadro complessivamente più horrorifico, anche se lontano dallo splatter delle origini.



Per affrontare le acque paludose della crisi, intanto, in questo 2006 a  Marcheselli come curatore viene affiancato lo sceneggiatore Giovanni Gualdoni, che sarà poi dal 2009 il nuovo curatore. Curatore non accreditato in testata, come nemmeno Marcheselli: tutto è attribuito all'impalpabile supervisione sclaviana, anche dopo il dichiarato abbandono (Recchioni otterrà invece la curatela riconosciuta sull'albo). Il cambio della guardia doveva preludere a un rinnovamento nel segno del colore, ma l'evoluzione sarà poco soddisfacente sotto il profilo delle vendite.



Nonostante il fervore del ventennale non buchi i giornali come il Dylan dell'esordio, non manca un curioso tentativo di appropriazione a destra, tra le celebrazioni un po' di maniera a sinistra. Una riappropriazione che sa di boutade, ma anticipa quella, ancor più illustre, che Casapound tenterà poi addirittura di Corto Maltese. E certo nel nervoso anarchismo dei due eroi, pur essendo ovviamente falsa la lettura di destra più netta, c'è qualcosa di positivamente irriducibile ad un certo buonismo politically correct (che in Dylan talvolta è riuscito a tratti a predominare).



Dylan Dog è di sinistra, come il suo autore, Tiziano Sclavi, oppure, come si suol dire, è fuggito dal suo padrone e dal laboratorio e si è trasformato addirittura «in un anarca di jungeriana memoria»? Nella pagina più colta de «Il Secolo», quotidiano di An, la domanda del giorno è proprio questa, alimentata dal ventennale del fumetto. Dunque la destra analizza Dylan Dog, quel suo essere un anti-eroe, «pieno di debolezze e cedimenti», che ne farebbe a prima vista un «compagno», un «sincero democratico». Però, però, scavando, non è così... Dylan non si interessa di politica, non si fida dei politici, ricorda Adriano Scianca, l' autore dell' articolo, che si spinge molto più in là: «Dylan assicura - non legge Micromega e non fa girotondi. Detesta gli happening di massa, forse detesta le masse stesse. Difficile immaginarselo in un corteo o a un concerto. Ce ne sarebbe già abbastanza per definirlo un libertario di destra, un individualista critico della società di massa...». La sentenza è netta: «Non è un marxista, semmai un anarchico». Non vorremmo rovinare la festa ma un Dylan Dog descritto così è più vicino a Forza Italia che ad An.