Discorso Della Decadenza Di Dylan Dog (245 - 324).









LORENZO BARBERIS.



Spoilers alert as usual.
Avvertenza: contiene aggiornamenti successivi al 2009.




Discorso Della Decadenza Di Dylan Dog 

2007 - 2012 (245 - 324).



La terza decade di Dylan Dog è, potremmo dire citando il '900 secondo la visione di Eric Hobsbawm, una "Decade breve".



Una decade di decadenza, per far un altro gioco di parole, almeno nel sentire comune e nei dati di vendita, al di là delle analisi sulle motivazioni: il declino numerico avviene anche per un generale fenomeno di crisi del fumetto e della carta stampata, con ragioni complesse che non è qui sede di analizzare.



Sono gli anni, inoltre, del web 2.0 anche in Italia, gli anni in cui si diffonde Facebook (2007) e quindi una massiccia presenza online anche da noi. UBC Comics del resto esisteva già dal 1996, Craven Road, il sito dedicato solo a Dylan, è del 2000.



Un fenomeno che la Bonelli non sfrutta: la pagina ufficiale di FB di Dylan Dog è stata aperta solo nel 2013, con l'avvio dell'auspicato Rinascimento Dylaniato sotto il nuovo curatore Recchioni.



La "fase di decadenza" (concetto diffuso online, che però personalmente vorrei analizzare al di là del luogo comune, per vederne la reale consistenza) è associata alla gestione Gualdoni, autore indubbiamente valido che si affianca a Marcheselli nel 2006, per poi sostituirlo appieno nel 2009. Credo, come ho già detto in altri articoli, sia ingeneroso attribuire particolari colpe a Gualdoni; la sua gestione più che altro non ha il merito di aver frenato la crisi, nei vari sensi.



Giovanni Gualdoni, il curatore di transizione.



Giovanni Gualdoni, classe 1974, aveva avuto un brillante esordio nel 2000 con Armadel (il titolo deriva da un grimorio del 1625 riscoperto dall'esoterista McGregor Mathers nel 1890), un esperimento di webcomic interattivo; nel 2002 aveva iniziato a lavorare per case editrici francesi giungendo nel 2005 a realizzare Wondercity, fumetto d'impostazione "disneyiana" (con numerosi disegnatori Disney Italia) su un college dedicato ai ragazzi con superpoteri. Il modello degli X-Men, rilanciato da Harry Potter (libro del 1997, film del 2001) e ripreso nel fumetto, solo al femminile, da Winx (2004) e da Disney con Witch.



Wondercity sviluppa il tema in chiave supereroica (tema più fumettistico) che sovrannaturale, e si segna per una maggiore qualità "artistica". Gualdoni è quindi scelto da Bonelli, probabilmente, per la sua esperienza sul colore, che egli svilupperà su Dylan Dog;  il suo provenire dal fumetto "per ragazzi" fa sperare, probabilmente, nel catturare nuovo pubblico (con Recchioni, autore di fumetti più "adulti" come John Doe e altri anche più "estremi", andrà nella direzione di risollevare l'horror, smorzare il politicamente corretto e quindi salvare il pubblico più adulto, fidelizzato nei vecchi tempi).



Alcuni ipotizzano che uno sceneggiatore relativamente nuovo in Bonelli non abbia avuto l'autorità per opporsi alle scelte editoriali, da sempre volte a una massima, legittima e anche saggia prudenza. Credo però che appunto, dato il curriculum, Gualdoni abbia semplicemente fatto il lavoro per cui era tagliato e per cui era stato chiamato, e che non ha funzionato a livelli di dati di vendita.



2007. All In Color For A Dime.









Sulla serie regolare il 2007 segna l'avvicinamento al numero 250, una nuova tappa celebrativa intermedia tra il 200 - affidato alla Barbato, dopo il rifiuto di Sclavi - e il 300, il "terzo centenario".



Sclavi, assente dalla serie dal 176 (nel 2001), con "Il Progetto", torna con una breve manciata di storie al 240, mentre i numeri 241 e 242, quelli del Ventennale, sono stati nuovamente affidati alla Barbato, che si conferma "erede designata" alla transizione. In questi due albi il colore è di nuovo usato in modo efficace, dopo la delusione costituita dall'episodico 224 (che serviva solo a giustificare un aumento di prezzo, e non aveva altre motivazioni consistenti, applicandosi su una storia di Freghieri non predisposta come disegni).



Dopo un altra "doppietta sclaviana" al 243 e al 244, con cui si era concluso il 2006, l'anno nuovo si apre di nuovo con Barbato-Mari con "Il cimitero dei freaks" (245). Storia che si ricollega all'Uber-Sclavismo di Johnny Freak (81), già ripreso nel maestro nel 127, dove aveva introdotto il tema della tomba del più amato "mostro dal volto umano" della serie. La Barbato si conferma "erede" nel completare in Trilogia il ciclo simbolo della serie, avviato da Sclavi.



Il segno di Mari va gradualmente operando la transizione al nuovo tratto, che a molti suoi estimatori del segno degli esordi piace meno. Una evoluzione simile a quella di Casertano, con un segno più spesso e più rileccato.



Ha forse influito in Mari il rifiuto delle tavole per l'Oscura Signora sclaviana, di recente ripubblicate in versione deluxe: comunque, il segno di Mari, pur sempre elegante e decadente, va facendosi più pulito e si direbbe quasi rileccato, in una legittima evoluzione del tratto dell'artista. Un segno decadente, quindi, perfetto per questa nuova decade.



Nella storia, invece, viene ripreso il meccanismo narrativo di Johnny Freak, con il benefattore del cimitero dei Freaks e la sua amante bellissima che da lui ha ottenuto la vista. La Barbato sembra adeguarsi al suo ruolo di erede designata al punto da reintrodurre nella storia un elemento tipico di DD a lei totalmente estraneo, ovvero Dylan che va a letto con una donna coinvolta nell'indagine.



La riscrittura è interessante: più del 127 di Sclavi, che al di là dell'alta qualità di scrittura non aggiungeva molto e non riusciva quindi a replicare i fasti di Johnny, del numero 81. La Barbato riscrive invece il mito dei Freaks buoni inserendoci una nota di inquietudine in più, un sottotono più angosciante, irrisolto.









Le storie si trascinano un po' stanche, nel ruotare degli sceneggiatori di cui nessuno però riesce a dare una voce forte al personaggio. Stano si conferma ancora in grado di ottenere belle immagini, talvolta anche iconiche, per le cover, mentre però mostra sempre più lo svilupparsi di quell'evoluzione pittorica del tratto presente anche agli esordi, ma talvolta qui caricata. Anche qui sembra di scorgere talvolta una tendenza ad andare verso uno stile "rileccato", un po' manierista.



Al 248 esordisce lo sceneggiatore Bruno Enna, con una storia che rilegge il rapporto di Dylan con la Bodeo, in cui si sente un certo influsso di Supernatural (2005) e della ossessione sulle armi maledette.







Il numero 250, a Luglio, è festeggiato con l'ultima storia di Tiziano Sclavi, illustrata da Brindisi e a colori, come per tutti i festeggiamenti bonelliani. Storia onirica, slegata apparentemente dalla continuity delle celebrazioni. Una storia con poco testo, in cui Dylan scende all'Inferno surreale del mondo sclaviano per esservi giudicato. La giustizia che appare all'inizio (p.14) ha l'aspetto di una terrificante Medusa, il selfportrait barbatiano, e rinchiude Dylan nella claustrofobia di un ascensore, possibile metafora metaletteraria della prigionia di storie tutte uguali cui è condannato.



L'apparente risveglio lo conduce a un nuovo tribunale, dove lo giudicano gli uomini di Golconda, elemento simbolico magrittiano della serie (mentre tutta la storia richiama il riferimento-cardine sotto il profilo letterario, Kafka, con il suo Processo). Il giudice in bombetta gli chiede se è un Imbianchino. Un riferimento a Hitler, ma sempre sul livello metaletterario con riferimento alle velleità pittoriche ed artistiche del Furher.



Il quadro successivo vede Dylan affrontare gli Zombies, altra scena archetipa, che rimanda alla storia numero uno, e alla macrotrama di Xabaras (a p. 45 ritorna l'evocazione di Medusa). L'ascensore, trait d'union tra gli stacchi, lo conduce poi al Galeone, Qui trova Morgana, la madre (dissimulata quel tanto che basta per non palesare il compimento del sogno edipico) e si unisce a lei, andando poi al suo posto al tribunale per il giudizio.



Appare quindi il professor Knock, di Tre per Zero (125), ripreso da Sclavi nella sua Ultima Triade, nel 240. Egli spiega a Dylan che gli stacchi sono passaggi di un multiverso, e Dylan, congedandolo, rivela di trovarsi in un futuro alla Blade Runner, o alla Nathan Never se vogliamo, dove il maggiolino è divenuto un'auto volante (ripresa, questa, da Ritorno al futuro).



Poi c'è il ritorno illusorio alla realtà, e infine il ritorno nell'Incubo (ad opera dei soliti medici spietati, buzzatiani, altro tratto ricorrente in Sclavi), e la storia si conclude con Dylan davanti alla corte infera: il Diavolo, con giudici a latere la Morte e il Burocrate infernale. Sclavi si congeda così dal suo personaggio, con un finale aperto ("Cominciamo") che ironicamente rilancia la palla agli altri sceneggiatori, invitandoli a "cominciare" il loro Dylan da dove lui interrompe il suo.



Il colore, ormai giunto ad un alto livello tecnico (già nel 100, e sempre in miglioramento nel 200, nel 240-41, e in questo 250, salvo il calo del 224) sembra una possibile soluzione per la crisi bonelliana, e ad Agosto 2007 verrà infatti usato per due eventi "a colori", in coda all'evento di Sclavi, nel tentativo di rilancio dell'eroe.









Dylan Dog appare sulla cover di XL ad Agosto 2007, lo speciale di Repubblica, ed esce anche la storia di Recchioni "Fuori tempo massimo", edita poi anche sullo speciale a colori, il primo Color Fest. La cover di XL è la prima, per Dylan, dai tempi del Max del 1993, un tentativo di "tornare sull'onda" con una "nuova comunicazione" che vedrà in futuro in prima fila appunto Roberto Recchioni: il nome che, invece della Barbato (che dopo una escalation promettente si defila), diventerà col tempo il vero erede. Sarà questo, in futuro, il vero artefice della rinascita del personaggio, che inizia qui, ancora non in primo piano, a ragionare sulla sua riforma.





Nella storia il serial killer Axel - ispirato ad Axel Rose dei Guns'n Roses - si risveglia negli anni 2000 dagli anni '80, e Dylan Dog lo fa arrendere dimostrandogli come ormai è fuori dal suo tempo.





Il tema è trattato con evidente ironia sul culto degli anni '80 che allora iniziava a diffondersi, e di cui il "Dylan di Sclavi" faceva parte. Inoltre, Recchioni qui evita di far usare la forza a Dylan Dog, come sarà praticamente sempre nelle sue storie, dando un tratto particolare al suo Dylan, in controtendenza ai suoi personaggi solitamente tarantiniani, action, spesso muscolari. Una variazione sul tema alla pari di quella della Barbato, col suo rifiuto della pin-up del mese, insomma.













La storia di Recchioni viene pubblicata anche sul primo "Dylan Dog Color Fest", uscito sempre ad Agosto 2007, poco dopo (la storia su XL è presentata come inedita). Copertina di Gabriele dall'Otto, quattro storie brevi a colori tra cui appunto anche quella di Recchioni, che appare la più originale come impostazione. Gualdoni gioca sulla possibile storia di "Dylan bambino" (negata nel rovesciamento finale), Faraci realizza una storia leggera, carina ma senza particolare impatto (in cui ci presenta Mortimer, il coccodrillo amico immaginario di Dylan Dog da piccolo: di nuovo una esplorazione dell'infanzia dylaniata); Di Gregorio gioca sulla possibilità offerta da bianco e nero / colore con Casertano (molto più potente in puro B/N).



Il tentativo ha successo, per la riuscita promozione e per la novità, anche se in seguito anche il color fest diverrà una ripetizione un po' stanca e abusata, fino alla reinvenzione nettamente sperimentale col Rinascimento Dylaniato, nella chiave di lettura che forse anche allora avrebbe potuto avere.







In ogni caso, il Color non risolve comunque i problemi della serie regolare, dove le storie continuano una ripetizione piuttosto piatta. Potrà essermi sfuggita qualche singola perla, ma in generale c'è una stanchezza che con l'abbandono definitivo e dichiarato di Sclavi tenderà ad accentuarsi. Le storie migliori, per paradosso, sono quelle "metaletterarie" su cui gli autori paiono riflettere su Dylan. La stanza 63 di Di Gregorio è la terza riproposizione del tema del gioco di ruolo, con Dylan intrappolato in un eterno gioco dell'oca che offre anche soluzioni interessanti.









L'anno si chiude inoltre al 256 con Il feroce Takurr di Medda, feroce satira dei collezionisti che non manca di suscitare però polemiche per la divertente irrisione. La storia, in qualche modo, si collega all'ironia già messa in scena da Recchioni sui fan indefessi degli '80, ed è tutto sommato un interessante divertissment, in linea con un Medda che ha sempre tenuto presente, di Dylan, l'aspetto della riflessione meta-letteraria. Medda, Recchioni e Barbato si confermano quindi i tre autori con una voce più propria su Dylan, mentre altri, pur professionali, sembrano adeguarsi a uno stile più medio.





2008. Bilotta sul Color, Recchioni sulla regolare.













Nonostante i tentativi dell'anno precedente, il 2008 si trascina abbastanza stancamente.





A Maggio (n.261) il tentativo di "serializzare" il Lungo Addio, secondo una formula già usata in passato. La storia in sé, di Di Gregorio, non è malvagia, ma la connessione all'originale è blandissima, per evitare irritazione nei lettori e, di conseguenza, risulta però poco incisiva. Il tentativo di questa fase di transizione di coniugare prudenza e innovazione si rivela poco riuscito nel sacrificare sempre, nel dubbio, quest'ultima: cosa che cambierà nella nuova fase del personaggio.





il 9 Maggio Repubblica richiama una citazione di Eco per parlare del faticoso sviluppo del film che vedrà la luce "il prossimo anno" (in realtà, nel 2010). 





"Posso leggere la Bibbia, Omero o Dylan Dog per giorni e giorni senza annoiarmi". Così diceva Umberto Eco, fan del fumetto creato da Tiziano Sclavi nel 1986 per Sergio Bonelli Editore, da allora diventato un fenomeno popolare (56 milioni di copie vendute in 17 paesi e altrettante lingue)." 





I 56 milioni sono il totale assoluto, certo detto così è impressionante. "Cinquanta milioni di fans di Elvis non possono avere torto", diceva The Pelvis sui suoi dischi. Secondo stime di Recchioni, favorevole a tale approccio (che userà ad esempio per il lancio del suo Orfani, evidenziando l'investimento consistente, in milioni di euro, effettuato), DD ne poteva addirittura vantare 300 milioni.





""Dylan Dog" è un successo anche negli Stati Uniti, dove nel 1997 la Platinum Studios ne ha acquisito i diritti televisivi, cinematografici e di merchandising oltre alla riproduzione dei fumetti. Dopo vari tentativi di trarre un film dalle avventure dell' affascinante detective londinese dalla tipica giacca nera, camicia rossa, jeans e scarpe Clarks, che conquista bellezze mentre indaga su fenomeni paranormali e combatte mostri assurdi - zombi, vampiri, lupi mannari - Dylan Dog giungerà sul grande schermo il prossimo anno."





Tacendo, ovviamente, della gestazione lunghissima, normale per Hollywood a volte, ma che non è un buon segnale.





Regista sarà Kevin Munroe e protagonista l' emergente attore americano Brandon Routh (che è stato Superman in "Superman returns") nei panni del mitico eroe di Sclavi.





Munroe, regista di TMNT, il remake sulle Ninja Turtles uscito nel 2007, e che inizierà a lavorare su DD in questo 2008, si rivelerà una delusione, nonostante il millantato budget di 50 milioni di dollari. La sua provenienza dal cinema del divertimento fracassone per ragazzi (le Ninja Turtles) invece che dal New Horror non è certo un bel segnale. 












Il 7 giugno (mentre in edicola esce l'Incendiario, n. 262, di De Nardo e Mari) su Repubblica Vittorio Pavesio dichiara: "l' indagatore dell' incubo è un buon testimone della salute odierna dei fumetti: «Vendeva un milione di copie negli anni d' oro, oggi arriva a quattrocentomila. Meno della metà, se vogliamo, ma sono pur sempre cifre impressionanti. Ed è così anche per il resto". Il riferimento è ovviamente al dato complessivo, includendo le ristampe e le uscite speciali, ma dimostra la relativa buona salute ancora presente (il calo drastico inizierà nel 2010).







La Collina dei conigli di Medda e Mari, a luglio (263), affronta l'usuale tema della vivisezione, col solito stile che è ormai marchio di fabbrica della serie. Si nota, pur nella buona scrittura di Medda, la tendenza all'eccesso, con scienziati in preda a sensi di colpa per le sperimentazioni su conigli e così via. Un certo "buonismo dylaniato" ha preso il sopravvento definitivo sull'orrore, perfino in un autore, come Medda, di solito critico verso il politicamente corretto. Lo stesso Recchioni, solitamente favorevole allo stile dell'autore sardo, sul suo blog avanza garbate critiche sul dilagare eccessivo di un certo animalismo stucchevole. Può anche essere un parlare a nuora perché suocera intenda, e Recchioni, criticando Medda, critichi invece la nascente gestione Gualdoni (ancora affiancato a Marcheselli, ma ormai in procinto di subentrare) e la sua eccessiva prudenza.









Ad Agosto esce il Color Fest 2. La copertina è prestigiosa, ad opera di Tanino Liberatore (anche qui, si conferma fin dalla fase Gualdoni l'idea di puntare su copertine e colore, due elementi collegati). Notevole anche la storia di Bilotta e Giandomenico che avvia il ciclo di "Dylan del futuro", ripreso con spin-off apposito nella "fase 2" del rinascimento dylaniato (2014), generando il ciclo de "Il pianeta dei morti".





La storia di Bilotta riprende il ciclo sclaviano del futuro zombie creato da Xabaras, visto ad esempio in Morgana (n.25), da cui disegna lo "Stano del futuro". Un futuro alla Blade Runner, che per certi versi può aver ispirato anche il futuro cyberpunk del bonelliano Nathan Never (1991). Il Dylan con impermeabile e capelli bianco-grigi sicuramente lo ricorda, e in qualche modo rivendica a DD quella fantascienza inquietante, distopica inizialmente seguita da NN, e poi sostanzialmente abbandonata.









L'ultimo numero dell'anno (268) vede sulla regolare l'esordio di Recchioni, che diverrà poi il nuovo curatore cinque anni dopo. La storia è servita da una copertina fuorviante, e inserisce nella trama le ossessioni per l'high tech che Recchioni cercherà di portare nella fase due del rinascimento dylaniato, tramite il personaggio di John Ghost. 





Qui la parte del cattivo è svolta dalla Iperuranium, una Apple horror che promette un mondo migliore tramite la sua tecnologia (ricorda molto la ditta di Ozymandias in Watchmen). L'esordio però ricorda il Sesto Senso, cosa che viene rievocata dalle scene oniriche in cui abbiamo il sospetto che Dylan sia in coma per la freccia ricevuta dal killer di turno.





Si tratta però di un depistaggio, e il personaggio di Summer sarà poi tralasciato, mentre la Iperuranium è addirittura di origine aliena, e sta eliminando singole persone - tra cui Groucho - riprogrammando la realtà. Dylan riesce a disdire il contratto e liberare il mondo da questo inquietante influsso alieno. La storia, fra l'altro, è disegnata da Brindisi, che aveva illustrato il ciclo alieno di Sclavi, al cui "complottismo" Recchioni sembra collegarsi in modo più ironico. La Iperuranium ha molti tratti della Trapassati Inc. dove operava John Doe, con la differenza che là era, con la morte, parte dell'equilibrio naturale del cosmo, mentre qui sembra voglia ridefinirlo, ottimizzandolo. Pare che per Recchioni fosse importante, avendola già introdotta nella sua breve col serial killer Axel, e di fatto credo che tornerà con John Ghost, in nuove sembianze.





Titolo originale, poi modificato, "Un Mondo Senza Groucho", certamente molto più di impatto (anche se più fuorviante del modulo A38 di Asterix con cui Dylan chiude la faccenda). Un'idea che Recchioni poi riprenderà in seguito, nel nuovo ciclo post-400, in cui Groucho sparisce dal mondo dell'investigatore dell'incubo.










L'albo è uno dei pochi che riesce ad ottenere un riconoscimento dalla stampa generalista, per la sua riflessione sulle polemiche circa battesimo e "sbattesimo" chiesto dagli atei militanti, forti in quei giorni. Ne parla il laico Giorello, in un suo articolo, con favore.





Recchioni dimostra, con questa prima uscita, la sua capacità di far circolare, anche subliminalmente, un certo hype nelle sue storie sul personaggio, mentre Medda pare ormai aver esaurito la sua vena metaletteraria, e la Barbato latita, rinunciando al possibile ruolo di erede-guida.





2009. L'Era di Gualdoni.










Il 2009 vede il definitivo passaggio di Gualdoni a curatore. In sostanza, però, già negli anni prima l'innovazione principale - il Color - era stata ad opera sua (scelto probabilmente per questo: per la sua esperienza nel fumetto a colori, la bravura nelle "brevi" e nel fumetto per ragazzi, nell'edulcorazione voluta dalla Bonelli per Dylan).





Il Color Fest dell'anno bissa la prestigiosa cover con quella di Sergio Toppi, ma inizia anche a rivelare una certa stanchezza della nuova formula, da cui non emerge una storia potente come quella di Bilotta dell'anno precedente.










Prosegue intanto il lavoro sul film di Dylan Dog in USA, frenato però da problemi di budget, di impostazione registica e di copyright. Non si può usare il maggiolino, che la Disney ritiene una sua proprietà con Herbie, il maggiolino tutto matto, e per prudenza si evita anche la targa 666; Groucho ovviamente è inutilizzabile, l'espressione Giuda Ballerino viene cassata. L'eroe è spostato a New Orleans (inizialmente si pensava New York), non usa solo la Bodeo 1889, ma un arsenale di armi stile fratelli Winchester. Insomma, la sua figura è totalmente riscritta in un mediocre filmetto che cerca con fatica di mettersi sulla scia dell'horror teen adult.
















Intanto però viene lanciato Dylan anche in USA con un albo con cover di Mike Mignola (l'autore di Hellboy, non nuovo a collaborazioni di questo tipo con Bonelli, ad esempio per Nathan Never). Il volume pubblicizza i 50 milioni di copie vendute, come timidamente fatto anche in Italia. Probabilmente si sperava in una coincidenza col film, che non ci sarà per i ritardi produttivi. La scarsa qualità del film stesso non favorirà, nemmeno nel biennio seguente, il possibile effetto-traino. Nella pubblicità, con sana spudoratezza, gli USA sfruttano i 56 milioni di copie vendute (fin poche, per Recchioni...) e la citazione di Umberto Eco, uno dei pochi intellettuali europei noti negli States (con Calvino, l'unico italiano ad aver tenuto lezioni ad Harward).





















Mater Morbi (280) di Recchioni è l'ultimo albo del 2009, che, caso raro per DD ma tipico per l'autore romano, fa parlare notevolmente di sé. L'albo, magistralmente disegnato da Carnevale, sfiora il tema dell'eutanasia, in quel momento di estrema attualità in Italia. Vi è ancora il governo Berlusconi relativamente forte in piena fase di alleanza teocon con Ratzinger.


















Il ministro preposto, Eugenia Roccella, ex femminista passata a destra, prima attacca il fumetto, poi corregge il tiro dopo le polemiche scatenate. Recchioni mette molto di sé in questa storia, mette in gioco la sua personale malattia in una storia radicale, che dimostra come Dylan Dog ha ancora molto da dire.












L'albo darà vita ad una edizione Bao di pregio, formando in un certo senso l'avvio di una collaborazione proseguita con Orfani, la nuova serie di SF sempre di Recchioni, e con l'Oscura Signora di Sclavi in versione originale.













Viene creato anche un cosplay di livello ispirato alla figura della personificazione della Malattia, nuovo ente sovrannaturale che Recchioni introduce nell'eterna e crudele lotta tra Morte e Vita che anima il cosmo di Dylan Dog.





In quest'albo Recchioni (che ha creato un "suo" ospedale ricorrente in tutte le storie) dimostra appieno l'abilità di gestire l'orrore medical, tratto caratteristico del Dylan di Sclavi, di cui MM diviene probabilmente la migliore declinazione, forse perfin meglio delle paranoie sclaviane nel mettere a fuoco questo singolo aspetto (Sclavi dirà, certo con una parte di convenzione, "leggendo l'albo ho detto: questo è più bravo di me!"; tributo mai riservato ad altri).





Si tratta però ormai di anni in cui personalmente seguivo poco il fumetto, anche a causa di storie tendenzialmente un po' stanche e ripetitive. Non saprei dire dell'albo di Barbato (279) e di quello di Medda (277), che non ho ancora avuto modo di recuperare, ma una selezione di altri albi mi ha restituito una certa sensazione di stanca ripetitività.





2010. L'anno della crisi.










Il numero successivo, il primo numero del 2010, con l'esordio sulla serie regolare di Bilotta, è debole rispetto alle attese per un autore di questo livello, nonostante la bella cover di Stano ispirata ad Escher e la sua scala infinita. Il primo vero anno della gestione Gualdoni totalmente autonoma, dato che l'autore era subentrato a Marcheselli nel 2009. Personalmente trovo ingeneroso associare la crisi al nuovo curatore, e credo vada vista, in generale, come una stanchezza del medium fumetto e della testata in particolare. Ma, certo, la gestione Gualdoni non ha saputo contrastarla.










La creazione di un Color Fest Umoristico, con cover di Silver, è un nuovo tentativo di scompaginare le carte e produrre innovazione. Il successo è relativo, ma l'idea in sé è buona, e verrà ripresa nel rinascimento dylaniato con color tematici ancor più sperimentali.










Ad Agosto nuova storia di Recchioni, "I nuovi barbari" (287), che va a introdurre nuovamente il tema dei Dylan Dog stagionali. Recchioni affronta di nuovo temi di una certa possibile attualità, come il tema dell'orrore delle vacanze, tema arcinoto, presente già ad esempio in Autogrill Horror di Benni, ma che viene ben adattato alla testata.








Esce intanto, a fine anno, il deludente film di Dylan Dog. Con 20 milioni di spesa, incassa solo 5.6 milioni di dollari, divenendo il maggior flop dell'anno. La critica è molto severa, specie in Italia, e il film si rivela un'altra occasione perduta di un possibile rilancio dylaniato.




2011. La mancata riforma.









Il 2011 si apre con un ritorno della Barbato, che nel primo albo dell'anno, il 292, con disegni del copertinista Stano, disegnatore-icona della serie, pare presentare il tema del pensionamento di Bloch, a lungo pensato. Stando a Recchioni, era un progetto suo, di Barbato e di Medda per un (temporaneo, allora) pensionamento di Bloch e sostituzione con ispettore ostile, introduzione di nuovi nemici (Iperuranium?) e maggiore continuity, progetto cassato probabilmente da Gualdoni stesso, nel segno della fedeltà alla linea fino allora seguito. La proposta nasce, probabilmente, in coerenza col prosieguo di una crisi del personaggio, di qualità delle storie e di resa economica, ma non viene poi attuato.




Il 296, nuovamente della Barbato, deluderà infatti le attese di uno sviluppo in quel senso della tematica. Il tema verrà poi ripreso e chiuso nel ciclo della meteora, dove Gorman farà un suo ritorno per poi essere liquidato.









Il Color Fest n.5 è dedicato alle Femmes Fatales, ovvero ad autrici che reinterpretano Dylan, sulla scorta dell'unica sceneggiatrice in forza alla serie, Paola Barbato, molto apprezzata come migliore "erede sclaviana". Appare anche una storia di Vanna Vinci quale autrice completa. Online non mancherà qualche ironia sul "sessismo" di prendere come tema la "visione femminile" di Dylan, sottolineandone così una eccezionalità, quasi come elemento curioso e improbabile. Ma, a mio avviso, è invece positivo nel complesso il tentativo di tematizzare il color.



I tentativi di dare un volto sperimentale ai Color Fest in seguito però si perderanno, togliendo forza ad un albo-evento che ormai, del resto, è divenuto semestrale, non più annuale.











Ad agosto Il numero 300, "Ritratto di famiglia", sceneggiato da Ruju ed illustrato a colori da Stano, si rivela una celebrazione del terzo "centenario" stanca e un po' faticosa, che non aggiunge nulla di sostanziale al ciclo del futuro sclaviano come ideato dal creatore, proseguito molto meglio dal "Pianeta dei morti" di Bilotta. L'abbandono della Barbato, che già due volte aveva ottemperato, con successo, a tali celebrazioni (nel 200, e nel 241-242), dandone una lettura personale e tutto sommato originale, accentua il senso di delusione nel pubblico dei lettori per l'ennesima occasione perduta.









A settembre, all'indomani del "centenario", Recchioni intervista Sclavi in una interessantissima intervista, con domande pregnanti (pare quasi che Recchioni stia "prendendo le misure" al personaggio per il suo futuro ruolo curatoriale). Le risposte sono estremamente laconiche, anche se talvolta pregnanti, quasi "oracolari". In generale appare una netta divergenza di visione tra quella ipotizzata da Recchioni e quella affermata da Sclavi.



Sclavi rifiuta la definizione di postmoderno ("non so bene cosa voglia dire postmoderno"), e viene negato un elemento horror nell'humour di Groucho ("Umberto Eco mi ha detto che uno dei motivi per cui leggeva Dylan era che credeva di sapere tutte le barzellette del mondo e invece Groucho ne diceva di nuove che non conosceva. Follia sì, senz’altro, ma orrorifica non so").



La propria opera fumettistica è trattata in genere con sorprendente understatement ("Il fumetto è un mezzo molto limitato, cerco di sfruttarne tutte le possibilità"), si disconosce il parallelo lusinghiero con Ellis di "American Psycho", si nega importanza - anche se a fronte del carente successo di pubblico - ai romanzi de "La circolazione del sangue", nega che avrebbe avuto più successo in America. Sclavi si rivela, come era attendibile, autore stanco e ormai separato dal suo personaggio, forse anche ormai dalla sua intera produzione artistica. In seguito, col Rinascimento dylaniato, tornerà però in campo con alcune storie e un ruolo più attivo.



Rispetto alle censure che incombono sul fumetto (generale, e su Dylan in particolare) la presa di posizione di Sclavi appare più netta ("No, gli inquisitori non hanno vinto, ma sono sempre forti. La lotta deve continuare.").



Sclavi riconosce inoltre che ciò che ha funzionato in Dylan Dog è il contrasto tra "la maschera e il volto", tra le regole rigide bonelliane (la spalla comica, le cento pagine, il caso che si dipana sempre in modo simile...) e la maggiore complessità che si intravede sotto ("Forse funziona proprio questo: la contrapposizione tra la definizione precisa del personaggio e il suo essere in realtà molto più indefinito").



Un elemento di sintonia tra lui e Recchioni più importante di quel che si potrebbe immaginare, e che in effetti Recchioni, coi suoi tentativi di rilettura del personaggio, come autore e come curatore, sembra aver cercato di mettere in scena: rispettando Dylan Dog ma al tempo stesso innovando sfruttando i margini concessi, introducendo ad esempio i temi della tecnologia contemporanea con cui Dylan possa confrontarsi (qui le riflessioni dell'autore).



Il 23 settembre 2011, intanto, muore Sergio Bonelli, la guida indiscutibile e indiscussa del fumetto italiano. Il futuro della casa editrice resta nelle mani del figlio Davide Bonelli, che da sempre si è occupato della parte amministrativa ma non è, a differenza del padre, sceneggiatore (e di altissimo livello, oltretutto).



2012. Alle soglie del rinascimento dylaniato.







Anche il 2012 si segna soprattutto, a mio avviso, per gli interessanti albi di Recchioni, che dopo il riuscito secondo tentativo con Mater Morbi è ormai avviato all'avvicendamento.



Lo speciale di quest'anno, affidato a lui, diviene una sorta di  "Canale 666 reloaded".



"Tutta la storia è un attacco a chi guarda un certo tipo di programmi, non tanto ai programmi stessi. In sostanza, abbiamo fatto una cosa che non si dovrebbe fare mai se non vuoi finire sulla pubblica gogna: dare al pubblico del pubblico"  (da qui).







Interessante anche la riscrittura in chiave Dylan di "Saw - L'enigmista" sul numero 311, in cui l'autore romano ritrova l'idea citazionista sclaviana (ripresa spesso anche da Chiaverotti) di rieditare grandi classici in chiave dylaniata.



Recchioni, sul suo blog, accenna anche al progetto di rinnovamento che gli verrà poi affidato nel 2013, in un "triumvirato" con gli altri due autori maggiormente innovativi del personaggio, Medda e Barbato.



"Con Paola Barbato e Michele Medda, avevamo pensato di dare vita a un piccolo arco di storie che avrebbe alterato alcuni di questi equilibri (era nostra intenzione mandare a riposo Bloch per qualche tempo e sostituirlo con un ispettore di polizia decisamente ostile e, nel frattempo, cominciare a delineare la figura di un nuovo arcinemico). Dal canto mio, avevo pure deciso di creare una mia personale gallery di malvagi da far tornare all'occorrenza e che, presto o tardi, avrebbero unito le loro forze contro Dylan."



Notare come il progetto iniziale fosse meno ambizioso di quello messo in scena col rinascimento dylaniato.








Il Color Fest numero otto sarà dedicato agli autori latino-americani, con una scelta pregevole per il tentativo sperimentale che continua l'altalenante tentativo di dare una identità precisa sperimentale alla collana.



Si giunge così al 2013, l'anno in cui avviene il cambio della guardia tra Gualdoni e Recchioni, con l'avvio di una "fase uno" che terminerà alla fine del 2014, quando ad ottobre uscirà, con uno speciale a colori, il primo vero "nuovo Dylan Dog".



Le storie di questa fase intermedia si segnano già per una significativa revisione che va ad accentuare lo spirito horror e ad affievolire certo eccessivo "buonismo dylandoghiano" in cui il personaggio si era trovato confinato. In qualche modo, il "medioevo dylaniato" della "Decade di Decadenza inizia ad avviarsi a una possibile conclusione.