Amarcord Giornalino



LORENZO BARBERIS

La mia passione per i fumetti antecede, credo, la lettura.
Credo che tutto inizi nel 1978, coi cartoni animati giapponesi.
Rivedo i miei disegni di allora, degli anni dell'asilo, e noto che sono divisi in forma sequenziale.
Disegnavo fumetti.

I fumetti tratti dai cartoni animati facevano pietà, però.
Non si traducevano gli originali, ovviamente, troppo diversi dalla gabbia occidentale:
si adattavano degli screen capture degli anime nella classica gabbia 3 X 2.
Se per Pratt il fumetto era "cinema su carta", qui diventava "televisione (riportata) su carta".

Per cui quei fumetti non mi presero.
E poi i miei genitori mal li tolleravano, violenti e diseducativi com'erano ai loro occhi.
Invece, oltre all'immancabile Topolino, mi proponevano "Il Giornalino" dei Paolini.
E questa è stata la tappa fondamentale della mia educazione fumettistica.

Il Giornalino era una rivista a fumetti per ragazzi che oggettivamente edulcorava, senza snaturarli del tutto, i temi del fumetto adulto.

La Bonelli non ha mai amato molto il fumetto cattolico, cui non a torto attribuiva il ruolo di mandanti delle censure nei loro confronti negli anni '50 (e magari, in modo meno dichiarato, anche dopo).

Però per contro il Giornalino è stato quello che mi ha spinto a continuare col fumetto bonelliano; fossi venuto da Topolino forse la transizione sarebbe stata più ardua, mentre chi si limitava ai cartoni animati giapponesi farà più facilmente il salto ai manga, quelli veri, quando arriveranno nei '90.

Questa mia analisi nasce come omaggio e studio di una tappa fondamentale del mio percorso fumettistico, e non escludo in futuro venga aggiornata.


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"Il Giornalino" delle Edizioni Paoline nasce nel 1924 ad Alba. Alla base di tutto vi è il beato Giovanni Alberione, capostipite della "Famiglia Paolina", complessa ramificazione di dieci organizzazioni cattoliche che a lui fanno capo. Nato nel 1884, sacerdote nel 1907.

L'anno dopo, nel 1908, nasce il Corriere dei Piccoli, il primo grande giornale a fumetti italiano, con traduzioni di comcs e con i primi fumetti italiani, tra cui il capostipite, il Bilbolbul del cuneese Attilio Mussino, conterraneo di Alberione con cui avrà presto, di nuovo, a che fare.

Inizialmente parroco a Narzole, Cuneo, a un tiro di schioppo dalle mie zone, poi al seminario di Alba come padre spirituale, Alberione riesce a ideare un primo giornale per il clero, "Vita pastorale" (1912) e "La domenica" per il largo pubblico. Nasce così l'idea di fondare una congregazione religiosa che si occupi di promuovere la fede con i nuovi mezzi di comunicazione.

Non conosco bene la sua biografia, ma non sono anni casuali: sono gli anni del suffragio universale di Giolitti, i cattolici sono rientrati in gioco con il Patto Gentiloni (1913) dopo il Non Expedit, è il momento in cui una presenza nella stampa dei cattolici è vitale, e ne sono per ora esclusi.

In verità, "Il Giornalino" è il suo primo grande progetto ("Famiglia Cristiana", la principale rivista cattolica di un paese come l'Italia, nasce solo nel 1931), tutt'ora in vita (il più longevo giornale a fumetti esistente). La cover è del cuneese Attilio Mussino, che però a lungo non vi realizzerà fumetti: solo otto anni dopo vi arriverà il primo.


Anche qui, la nascita nel 1924 non è casuale: nasce in chiave anti-fascista, per non lasciare a Il Balilla e affini il monopolio educativo sui giovani. All'inizio era una rivista ultradevozionale, con una minima foliazione di otto pagine.



All'inizio non ci sono nemmeno i fumetti: il primo, ovviamente senza balloon e a rime baciate, è "Magrin della Padella" (1932) del cuneese Attilio Mussino, altro padre dei fumetti delle nostre zone (credo connubio non casuale, dato che allora i comics non interessavano al Giornalino). Notiamo come anche il suo segno si sia geometrizzato rispetto all'origine più liberty del primo Novecento.
Siamo l'anno dopo "Famiglia Cristiana", un momento di rilancio per i Paolini, presumibilmente.



Comunque, la rivista di punta per ragazzi del mondo cattolico è all'epoca "Il Vittorioso" (1937); "Il Giornalino", fin dal nome, meno eroico e battagliero, punta ai "più piccini". E i grandi fumetti sono quelli del Vittorioso (di cui, nuovamente, dovrò prima o poi parlare). Un nome su tutti, Jacovitti, che sul Vittorioso rinnova radicalmente il fumetto con il suo stile surreale e rivoluzionario (così evoluto da essere privo di eredi diretti).



Nel 1945 riprende la pubblicazione dopo l'interruzione bellica e arrivano i balloon (già apparsi prima, ma consolidati dai fumetti dell'esercito americano), ma nella Nuova Italia a guida DC continua a prevalere il Vittorioso, promosso da foglio di fronda cattolica ai fascisti a, diciamo, "house organ" dell'Azione Cattolica "cinghia di trasmissione giovanile" del Partito. Intanto il G. raddoppia a 16 pagine, e attende.

Il Vitt si scontra con i nuovi fumetti non edulcorati, tra cui emerge Tex Willer (1948). I democristiani al potere (Scalfaro tra questi) si scagliano per la censura dei fumetti rivolti ai giovani, a tutela del Vitt ultracattolico (ottima, anzi eccezionale rivista a fumetti comunque, sia chiaro).

Il Vitt tiene testa per tutti gli anni '50; inizia a segnare il colpo con i '60. L'Italia del boom, bellezza. Nel 1961 il G. passa a 24 pagine, ed escono due fumetti chiave: Zagor per la Bonelli, che lancia con l'intuizione geniale di Sergio Bonelli, in nuce, "il genere attraverso i generi". Zagor è western-contenitore all'interno del quale sistematicamente agire il fantastico e la fantascienza, aprendo un ventaglio di possibilità prima presenti ma molto più limitate in Tex.

Per contro, si apre un nuovo fronte con i "fumetti neri", a partire dal capostipite Diabolik (1962), che conquistano con una libertà espressiva che i western Bonelli dei '50 si sognavano, stretti dalla censura democristiana. Anche qui, gli attacchi non mancano e spesso non privi di interessi (sia in USA che in Italia, potremmo dire, il moralismo interessato è agitato dai DC-Comics...) ma nella nuova Italia del boom perdono (tra l'altro, l'élite non è più così monoliticamente DC, pur nella centralità del partitone).

C'è anche di mezzo qualcosa come il Concilio Vaticano II (1963), cui Alberione partecipa, per i cattolici, che pongono un nuovo "approccio al mondo", meno censorio (viene abolito l'indice dei Libri Proibiti, per dire, e a cascata, indirettamente, il "giudizio morale" sulle opere filmiche, fumettistiche e così via diviene indicativo e non tassativo. Il parroco non ti può negare la comunione se leggi pubblicamente roba diversa da quel che dice lui, in parole poverissime).

Nel 1964 Eco sdogana i fumetti con "Apocalittici e Integrati" (1964), e l'anno dopo, con Vittorini (che l'aveva preceduto, in questo) e Del Buono contribuisce al primo numero di Linus (1965), che invera questa prospettiva culturale in una rivista di fumetto "for mature readers" (e non "per adulti" in senso pecoreccio...) con anche un'eroina come Valentina di Crepax che ne diviene l'icona.

Simmetricamente, "Il Vittorioso" chiude (1966). Non è uscito vivo dagli anni '50. La grande occasione è pronta: le Paoline, ancora guidate da Alberione, la colgono al volo. La redazione del Giornalino ingloba tutti i transfughi del Vitt e viene spostata a Milano nel 1968 (il Vitt era, ovviamente, a Roma): segno di nuova centralità ma anche di una certa autonomia dalla gran macchina romana, che i Paolini eserciteranno con il tipico orgoglio delle grandi congregazioni cattoliche.


Tra gli acquisti Jacovitti, Gianni De Luca (un grandissimo misconosciuto) ma anche una nuovissima entry come Mattioli, che sull'ultimo Vitt aveva fatto qualcosina (ebbene sì: il nostro massimo autore punk, il più puro, l'autore di Squeak the mouse ha lavorato per il giornale dell'AC di Gedda, a poco più di un decennio da quando il grande presidente sognava "l'esercito di Cristo").

Si sale ancora a 56 pagine (1969), più che raddoppiando, e si assume il formato di Linus, puntando a divenirne un contraltare (o meglio, il Vero Altare, di cui Linus è il "contro"). Ed è qui che inizia il "vero Giornalino", inteso come il grande continuatore della tradizione del Vitt.

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Tra i fumetti-simbolo della nuova era il western di Larry Yuma (1970) di Nizzi, che riprende dagli Spaghetti Western (all'epoca attaccatissimi dalle ultime retroguardie della critica cinemica cattolica) e, pur edulcorandone la violenza nel misterioso pacifismo dell'Uomo Senza Volto, non la annulla del tutto.

Ancora più dirompente è "Il Commissario Spada" (1970) di Gianni De Luca, poliziesco moderno in un'epoca in cui la Grande Bonelli non si staccava ancora dall'Eterno West (Mister No, su altre basi, porterà l'Avventura nel XX secolo solo nel 1975). Se il segno di Yuma, elegantissimo, di Boscarato era molto classico, in Spada il maestro De Luca avvia un tratto di sintesi geniale, che giungerà all'apice rivoluzionario nei fumetti shakespeariani, con la sua soluzione di inserire in una singola tavola i movimenti diacronici di un personaggio. I testi sono di Gianluigi Gonano, che sarà poi su Dylan Dog, a suo modo lontano nipote (anche) di Spada (che ha avuto storie fantastiche nel suo percorso, come quella contro i "figli del Serpente").

Accanto ai personaggi ricorrenti il Giornalino mette in campo anche storie singole, "one shot", ispirate ai grandi classici letterari oppure d'importazione straniera, che qui per sintesi non si considerano, pur nell'enorme pregevolezza di ambo i contenuti. I "suoi" personaggi, però, saranno il vero elemento di traino e merito della testata.



Perfino la fantascienza trova casa con "Gli Astrostoppisti" (1971) di Alfredo Castelli, che tra l'altro anticipano la Guida Galattica per Autostoppisti (1979) di Adams.

Non manca il tradizionale "fumetto comico" per ragazzi, ma con scelte di incredibile qualità, soprattutto sotto il profilo visuale del segno: il western comico di "Piccolo Dente" (1970) di Nizzi, coi disegni di Landolfi, in parallelo a Larry Yuma,; e Pon Pon (1971) di Bottaro.

Si aggiungerà presto anche il capolavoro di Mattioli, "Pinky" (1973). Mattioli, uscito dal Vittorioso dove pubblicava il verme Sigh (1965), realizza con Pinky un comico-avventuroso che diventerà il comic identitario della rivista. In seguito, nel 1977, Mattioli sarà parte dell'Avanguardia Cannibale che svecchierà di molto il fumetto italiano; e in Pinky c'è (e continuerà a passare) molto di questo spirito dissacrante e causticamente meta-letterario, con Joe Galaxy (1978) e ancor più Squeak the Mouse (1980), da cui Grattachecca e Fichetto (ma Squeak ha tavole "X Rated" che Groening non si può permettere. Il tutto da un autore che, mentre faceva il Tijuana Porn negli '80, era il fumettista-simbolo per i ragazzini che leggevano il principale giornale cattolico per ragazzi).

Nel 1975, con Susanna di Gino D'Antonio autore completo, vi è il tentativo di catturare un pubblico anche femminile rispetto al pubblico maschile cui puntavano le serie precedenti, sulla scia del Vittorioso che è sempre stato pensato "per maschi". Con Susanna siamo agli antipodi del fumetto "sentimentale", comunque: Susanna è un maschiaccio che vive con uno zio scienziato, in fuga inizialmente dalla Fondazione Rosenkrantz (un riferimento ai Rosacroce? Possibile...). Del resto il fumetto cattolico ha sempre avuto meno facilità a gestire il fumetto sentimentale: il che porta, una volta usciti dagli stereotipi dell'angelo del focolare, a dare anche alle ragazze un modello action.

Con Capitan Erik (1976) di Ruggero Giovannini per i testi di Nizzi si guarda a Corto Maltese, continuando invece una certe tradizione di adattamenti (Larry Yuma / Tex, mentre Spada, a parti rovesciate, è il noir di Diabolik, Kriminal, Satanik o, in versione fumettistica, il Poliziottesco). L'opera sarà poi continuata dal grande Attilio Micheluzzi, che svilupperà anche autonomamente Petra Cherie (1977), che guarda invece addirittura a una Valentina di Crepax più eroina d'azione che di erotismo, ma (a differenza di Susanna) senza elidere questa componente in questa nobildonna cavallerizza dell'aria e Mata Hari sui generis.

Lo stesso anno esce anche Micromino (1977) di Toni Pagot, di cui non amavo le storie ma adoravo il segno, che percepivo come lievemente antiquato, ma a suo modo affascinante e personale, di Pagot.

Nel 1980, con il passaggio a 96 pagine, il Giornalino entra nella sua età dell'oro. Gli anni '70 hanno portato nuovi personaggi e una piena trasformazione della testata, di cui negli '80 si raccolgono i frutti.



Nel 1981 Nizzi riesce a ideare dei degni eredi dell'italiano Spada, i più scanzonati Rosco e Sonny, adattamento di Starsky and Hutch che anticipa il Nick Raider bonelliano di Nizzi stesso.

A Susanna (che resta presenza ricorrente nella rivista, anche in rubriche e affini) si sostituisce Nicoletta di Lina (Paola Ferrarini) e Clod, non più avventurosa ma vicende di una ragazza qualunque.

E sempre il 1981 vede il Capitan Rogers di un Cavezzano fuori dal Disneyano, in un eccellente umoristico-avventuroso.

Intanto nel 1982 però anche la Bonelli è entrata negli anni '80, con Martin Mystere; e il Giornalino insegue reclutando, dal 1983 al 1986, un giovane Tiziano Sclavi che realizza per la testata l'Agente Allen, un agente del servizio segreto Strange inglese. I temi sono quelli misteriosi di Mystere, trattati con maggiore ironia, e che Sclavi porterà in modo parimenti divulgativo in Bonelli con il suo celeberrimo Dylan Dog.

Del 1985, se non erro, "I Fuggiaschi" con disegni di Zeccara: serie di fantascienza distopica, ormai dimenticata, con una famiglia in fuga da un regime totalitario, in una terra ridotta a postapocalittico nucleare fuori dai territori dispotizzati. Online è pressoché completamente perduta, e invece era una serie notevolissima, fantascienza molto adulta per certi versi, molti personaggi morivano uccisi dal regime; il finale rimaneva aperto, con i fuggiaschi che riuscivano ad abbandonare il regime ma nessuna vittoria della resistenza di tipo consolatorio.

Lo stesso anno, la stessa SF cupissima nel Saulus di De Luca, con cui si celebra il fondatore San Paolo con una storia di fantascienza oscura e affascinante.

Nel 1986, Sergio Zaniboni (sulla testata dal 1972) pubblica, su tono più leggeri, Speedy Car, serie dove va a innovare il suo segno in un affascinante tratto di sintesi, per una serie che fonde Hazzard con Supercar.

Lina Ferrarini, ai testi della serie, crea anche il suo capolavoro con Mitty (1986), disegnata da Renato Polese, dove in una specie di soap opera di alta qualità mette insieme avventura e approfondimento psicologico. Nella prima serie, è il tangentista Ciresi a incastrare l'onesto padre della ragazza, mentre nel secondo la mafia assassina la fidanzata del di lei fratello. Temi piuttosto adulti, sviscerati in modo adeguatamente raffinato e complesso.

Cominciano anche le avventure di Topeka Smith, clone di Indiana Jones con testi di Cominelli e disegni di Nevio Zeccara. Il servitore nero è ripreso pari pari dagli anni '50, ma le storie sono notevoli, con la caccia ai misteri di Atlantide

"Un astronave per due", di Luigi Mignacco per i disegni di Rinaldi, è (nel 1989, credo) una fantascienza umoristica ma molto azzeccata.


I primi anni 1990 vedono l'arrivo del Gigitex di Alberto Simioni, allievo di Carlo Peroni, storica matita del Giornalino; Simioni sarebbe scomparso, ancora giovane, quello stesso anno. Non saprei se si trattò di una collaborazione interrotta o di un omaggio.





Il 1991 vede un restyling moderno, Ronin (non quello di Frank Miller, ma uno di vera ambientazione nipponica) e Timothy Titan, fantascienza di Cavezzano.


Nel 1993 l'ultimo fumetto dello scomparso Gianni De Luca.


Verso il 1994 il fantasy di Leo e Aliseo, di Stefano Voltolini. Sono anche però gli anni in cui iniziano a prevalere sempre più franchising stranieri meno interessanti: ai fumetti originali, e quindi pregevoli, del fumetto franco-belga come i Puffi, Asterix e Lucky Luke si affiancano ma anche sostituiscono franchising nuovi, dal sicuro successo commerciale ma riadattati in modo non sempre entusiasmante: se una prima ondata erano stati gli Hanna e Barbera, una seconda ondata coinvolge le Ninja Turtles, togliendo spazio al comics autoctono.

Una scelta forse inevitabile, ma che allontana il pubblico con gusti più maturi (e che avrebbe potuto invece apprezzare ancora l'alta qualità di altre storie).



Il 1995 è l'occasione dell'autocelebrazione con il centenario del fumetto e una storia di Toppi legata alla celebrazione del fondatore. Disegni eccelsi, ma anche una storia devozionale che non raggiunge il Saulus fantascientifico di De Luca. Questo devozionalismo forse c'era anche in passato, ma più si procede più "segna il passo", come ancor più la storia di Padre Pio negli anni seguenti.



Nei secondi anni '90 il maggiore elemento di interesse è il fantascientifico "Yelo III" di Cominelli, che introdurrà elementi di fantascienza cyberpunk sul modello di quella sdoganata da Nathan Never (il meccanismo asimoviano di Abissi d'Acciaio è lo stesso che stava dietro al primo numero neveriano).

Nel 1999 l'arrivo di Stefano Vietti, sceneggiatore di Hammer (1994) e poi di Nathan Never porta a un rinnovamento dell'elemento fantascientifico e fantasy.



Vietti riprende Yelo III, ma introduce anche due fumetti nuovi: il fantascientifico Next 2, ispirato a  un Evangelion molto edulcorato nei contenuti ma raffinato nei disegni di Olivares (già in Hammer e in N.N.), e il fantasy Gray Logan, più visivamente in sintonia coi canoni del genere rispetto al più naif (ma forse per questo più interessante) "Leo e Aliseo".


Il Giornalino arriva così alla soglia del 2000 con questa bella cover psichedelica di Mattioli.
Finisce più o meno qui il mio viaggio nel e col Giornalino: cresciute anche le mie sorelle più piccole, non ho più avuto modo di leggerlo. Lo rivedrei volentieri, anche se mi dicono che il restyling ha puntato decisamente ai più piccoli; e comunque tornerò spesso in futuro su questa bozza approssimativa, per ampliamenti e precisazioni, se ne troverò di interessanti.

Comunque sia, un grande pezzo del fumetto, e della nostra storia.