Poe a Mondovì


LORENZO BARBERIS.

Il titolo di questo hermetical blog, "Il Pozzo e il Pendolo", allude a due elementi della cultura esoterica monregalese.

Il Pozzo è il pittore gesuita Andrea, autore degli illusionistici affreschi della chiesa gesuita di Mondovì Piazza, ma anche di quella in Piazza del Gesù a Roma, sede centrale dell'ordine.

Il termine "Pendolo" voleva essere un riferimento al "Pendolo di Foucault" (1988), la bibbia del moderno ermetismo, scritta dal piemontese Umberto Eco (e con numerose parti ambientati nella resistenza di Langa, sulla memoria di Pavese e Fenoglio, scenario che lambisce anche indubbiamente Mondovì).

La somma delle parti dava così "Il Pozzo e il Pendolo", forse il più celebre racconto di Edgar Allan Poe, maestro indiscusso della moderna letteratura dell'occulto e del brivido, ad indicare il riferimento alla più vasta scena ermetica mondiale. Il Mondo e Mondovì, insomma.

Scopro ora tuttavia che anche Poe ha un collegamento, ovviamente sottile e indiretto, con la mia Mondovì.

Il suo primo traduttore italiano, difatti, è stato un certo Baccio Emanuele Maineri, nato a Toirano, presso Albenga, il 21 agosto 1837.



Lo scrittore ligure, dopo il collegio ad Albenga, si trasferì infatti a Mondovì, dove entrò a far parte dell'VIII reggimento di fanteria, nell'aspirazione a prendere parte al risorgimento italiano. Egli strinse così contatti con Mazzini, Garibaldi ed altri cospiratori patriottici, ma in seguito si ammalò durante il suo servizio monregalese, lasciando l'esercito e la città. Non sappiamo più di preciso cosa gli successe nel suo servizio di fanteria a Mondovì: sta di fatto che negli anni '60 dell'Ottocento si trasferì invece a Milano, entrando a far parte della scena degli Scapigliati.




Nel 1866 Maineri pubblicò un suo romanzo gotico, "Amore e Fatalità"; nel 1869, usciva anche la sua traduzione dei racconti di Poe, la prima ufficiale, pubblicata dall'editore Pirola.

Traduzioni anonime di singoli racconti effettuati da altri scapigliati pare fossero state già edite (la prima a Torino, nel 1858), sull'influsso della riscoperta europea operata dal francese Baudelaire, ma gli altri Scapigliati sembravano mantenere da Poe una certa, inspiegabile, prudente distanza. Nel 1873 il Guerrazzi, che con Maineri si era interessato, per poi tralasciarla, alla traduzione di Poe, gli scrisse difatti avvertendolo che era bene lasciare agli anglofoni le loro atmosfere gotiche, non solo per ragioni letterarie ma anche di prudenza non meglio specificata: è un "liquore" con cui non è bene "stravizzare", e se fosse per lui, non glielo permetterebbe, "per la sua salute".



Ad ogni modo, Maineri ripubblicò una nuova versione del suo romanzo nel 1873 col nome del protagonista, "Ermanno Lysch". In questa occasione il demonologo Pitré, inquietante membro dell'avanguardia scapigliata, lo salutò con il lusinghiero epiteto di "Poe italiano". Inquietante tuttavia che l'apprezzamento letterario venisse appunto da qualcuno che dei demoni non faceva un fatto puramente fantastico, ma un serio argomento di studio, mentre i letterati prendevano le distanze. 

Maineri si interessò del resto anche agli aspetti più oscuri delle sue terre, pubblicando numerosi saggi sui miti popolari liguri ne "Le Leggende del Buranco" (1884). Il suo fascino per l'orrore provocò anche l'avvio dell'esplorazione delle grotte di Toirano, ancora oggi importante attrazione speleologica della zona. Chissà se durante la sua permanenza monregalese avesse avuto modo di indagare, similmente, le grotte di Bossea, del Caudano e dei Dossi, che rendono la nostra area la principale zona carsica d'Europa. Volendo fantasticare, è ad esse che si potrebbe collegare la sua malattia e la sua fuga dalla città.

In uno dei suoi ultimi scritti Maineri cita infine proprio "Il pozzo e il pendolo", che riprende nel suo racconto "Ser Lampo", edito assieme al suo fortunato romanzo nella quinta edizione del 1898, ormai postuma. In questa novella, il protagonista Tullio infatti detesta senza ragione la misteriosa figura di costui, enigmatico medico locale, ma dopo una caduta viene salvato proprio da questi che lo porta nella sua villa, dove Tullio attende immobile il suo destino, mentre il ticchettio di un pendolo scandisce appunto la tensione angosciosa dell'attesa. Il suono del Pendolo, unito alla bevanda curativa che Ser Lampo gli fa bere, si trasforma per Tullio in un ritmo ipnotico che lo porta a valicare i confini della morte assieme a Lampo come suo oscuro mentore, reincontrando nell'oltretomba la donna amata Ofelia, dama mortifera perfetto ricalco delle donne fatali di Poe, da Ligeia a Berenice a Morella.

Il viaggio dantesco di Tullio sotto la guida di Ser Lampo e del suo terribile cane infernale continua in una spiaggia deserta e surreale, finché il giovane non giunge a un gran turbine dove la madre morta profferisce la profezia dell'Apocalisse. Il giovane si risveglia e chiede al medico ragione del viaggio ma questi, fissandolo con bonaria compiacenza, nega ovviamente ogni cosa, attribuendo appunto il viaggio all'effetto magnetico del pendolo unito al potere del medicinale.

Nel 1892 però intanto Maineri aveva intrapreso il viaggio finale oltre la cortina della morte: uomo dell'Ottocento gotico per definizione, non vedeva sorgere il nuovo ventesimo secolo. In una diversa continuity letteraria, il soldato monregalese avrebbe potuto divenire un pilastro della letteratura italiana, almeno nel suo ruolo di primo erede italico della grande tradizione del fantastico moderno avviata da Poe.

Ma le legioni del verismo incombevano, sotto il vessillo manzoniano dei "Promessi Sposi", e gli esausti cicli dei Vinti cancellarono l'esperienza scapigliata. Nella fotografia di copertina, Poe in una posa "napoleonica" della mano sotto la giacca, che secondo alcuni rimanda all'aderenza alla massoneria.