San Bernardo delle Forche

San Bernardo delle Forche, Mondovì Ferrone (2005)

La cappella di San Bernardo è un capolavoro del tardogotico monregalese estremamente vicino a casa mia; la strada privata dove abitiamo si affaccia infatti su Via San Bernardo, che porta appunto alla celebre cappella. La cappella è detta delle Forche per la particolarità di essere legata al luogo in cui era, un tempo, posto il patibolo. Un luogo periferico rispetto al centro della città, incentrato sui tre terzieri storici Breo-Carassone-Piazza: gli spiriti dei violenti mandati a morte non dovevano infestare la comunità che li aveva uccisi. Il tema della cappella, potenzialmente coerente con la sua destinazione, era quello della Lactatio Virginis: la Vergine che offre il latte del suo seno, fonte di sapienza, all'umanità (non a caso, in ambito alchemico il Latte di Vergine divenne un preparato di enorme potenza). Ella si oppone così al demone che tenta di trascinare il morto agli Inferi traendolo per i piedi (simboleggiando così, anche, la trazione sugli istinti bassi, inferiori dell'uomo).

Alla sua preghiera risponde Cristo, il quale, con una figurazione unica nell'arte occidentale, stacca una mano dalla croce per toccare il costato rosso, ferito dalla Lancia di Longino, in simmetria alla Madre che mostra il suo candido seno. Questo elemento incongruo ha fatto molto riflettere alcuni storici locali sul suo significato; l'unico elemento che mi sento di accostare è un dato figurativo citato da Eco (di cui ieri parlavamo...) nel suo "Nome della Rosa", per cui ad Avignone Cristo sarebbe stato raffigurato con una mano sulla borsa, a sottolineare la sua natura di proprietario.

Questa argomentazione francescana, volta a denigrare la cupidigia del papa avignonese, potrebbe essere una misinterpretazione di uno stilema figurativo volto invece a sottolineare il potere salvifico del sangue di Cristo, di cui la cappella potrebbe essere l'ultima sopravvivenza. Del resto, benché le figure dialoghino tra loro con quei cartigli che segnano l'atto di parlare nell'arte medioevale, è probabile che la maggioranza dei fedeli non fossero in grado di leggere il protofumetto, del resto in latino (poteva al limite servire al predicatore come promemoria, ancestrate slideshow powerpointiana): i concetti andavano resi in modo grafico, cosa che il ciclo di affreschi ottiene mirabilmente.

Santa Barbara e San Bernardo, che circondano la Vergine, sono infatti entrambi vittime di morte violenta (temuta nel medioevo non perché precoce, ma perché sottraeva la possibilità di liberarsi compiutamente dei propri peccati con la confessione e l'estrema unzione).

A sinistra, la storia della Vergine è sintetizzata nei suoi due quadri estremi e fondamentali: ella che allatta il divino infante, ed ella assunta per sua grazia direttamente al cielo, sotto lo sguardo incredulo per definizione di San Tommaso, il discepolo fedele Bartolomeo, che contrasta, e la figura femminile della Maddalena, sulla cui valenza iniziatico-matriarcale sono già stati versati fiumi di inchiostro. San Cristoforo, spurio rispetto al ciclo, funge da invito alla sosta per il viandante.

A destra, la figura della Lactatio Virginalis è inglobata nella figura di Sant'Anna, madre della Vergine, a testimoniare dell'iterarsi della forza matriarcale di madre in figlia. A fianco, il tema della Buona e Cattiva Preghiera, tema di nuovo rarissimo e tipicamente predicatorio, cosa confermata dalla presenza di Santa Caterina d'Alessandria, cara agli ordini predicatorii e, come ho già trattato qui, mascheratura della figura pagana ma stimata di Ipazia d'Alessandria, martire dei cristiani deteriori (non a caso, su Santa Caterina appone la sua firma, un drago stilizzato, Antonio Dragone de Monteregali, il pittore jacqueriano cui si devono molti affreschi del monregalese dell'epoca).

Nell'immagine, il monaco eleva le sue preghiere come visuali raggi d'oro che si innalzano a Cristo, mentre il laico le dirige sterilmente come raggi diafani verso i suoi possedimenti terreni, pregiudicando la propria anima.

Il tema della Bona et Cativa Anima ricorre poi nel  libro illustrato a stampa dell'"Antichristus", pubblicato a Mondovì nel 1510 (cinquant'anni dopo) e dedicato all'Apocalisse (del volume ho tra l'altro di recente trattato in connessione alla visione insolitamente positiva della comunità ebraica che esso presenta); a conferma dell'alta qualità della cultura predicatoria e iconografica della scena monregalese.

La foto di copertina del post, del 2005, illustra il soggetto principale ed è tratta da http://peintures.murales.free.fr; su internet si trovano immagini più recenti (2007) di ben altra qualità e fattura, ma segnate da una stretta restrizione di copyright. Segnalo pertanto il link per chi fosse interessato.