The Secret






















Lupacchino-Guadagni, copertina di "The Secret" (2001)

Avevo di recente parlato su questo blog del fattore Cigno Nero, sia in relazione all'interessante telefilm Flashforward, sia alla infelice e rara combinazione di eventi che vede assemblarsi la crisi petrolifera con quella nucleare. Proprio oggi scopro che al "fattore Cigno Nero" è dedicato un nuovo fumetto da poco uscito in edicola e dedicato al sovrannaturale, "The Secret", sceneggiato da Giuseppe Di Bernardo e ottimamente disegnato da un pool di autori. 

Di formato bonelliano, ma edito dalla Star Comics, il fumetto rappresenta un interessante punto di svolta nella produzione fumettistica nazionale di stampo popolare, parallela (ma diversa) da quella operata dal valido "John Doe" a partire dagli anni 2000 e in modo più accentuato dopo la sua nuova ed ultima serie più indipendente, dal 2010. In John Doe il sacro viene affrontato in modo scanzonato, con una irriverenza (e quindi una possibilità espressiva) preclusa all'universo bonelliano.

"The Secret" invece prende un'altra, ugualmente interessante, direzione: quella di contaminarsi con le teorie ufologiche del mondo reale, ponendosi quindi come testata del fantastico che tuttavia lascia intendere di voler svelare qualcosa interconnesso comunque al mondo reale. 

La fantascienza aliena è un tema del fumetto italiano popolare che retrodata almeno a Tex, che col Morisco aveva indagato su alcune misteriose entità aliene; e la propensione bonelliana al fantastico aveva trovato certo sfogo in Zagor, in Martin Mystere, in parte in Dylan Dog, e poi certo in Nathan Never, Legs Weawer, in esperimenti non molto riusciti quali Gregory Hunter e Brad Barron e ultimamente nelle valide due serie semestral di Luca Enoch, Gea ed ora, in corso d'opera, Lilith.

"The Secret" però va oltre, coinvolgendo nel progetto la figura di Corrado Malanga, il più autorevole ufologo italiano, qui trasposto nella figura di Conrad Malcor; la storia si riconnette poi all'11 settembre 2001, al complottismo statunitense, presumibilmente al "patto scellerato", ad Obama come presidente nero in balia comunque dello strapotere militare, e insomma tutti i classici del complottismo universale.

Tocco di eccezionale finezza, che da redattore di una rivista online di videogames come Wundergammer non posso non apprezzare, è la maglietta del protagonista decorata con uno degli alieni pixellati di Space Invaders (1978), che campeggia anche sulla copertina. Il videogame traspare dunque anche qui come il mezzo principe da cui fare affiorare la consapevolezza della minaccia aliena che ci stringe d'assedio, per compiere su di noi esperimenti pseudoscientifici o direttamente assorbire la nostra aura sacrale in un rito gnostico d'arcontica memoria.