L'Assenza dell'Assenzio


 Mucha, "Assenzio" (1890 c.)

La mostra dedicata alla Fata Verde che ho avuto modo di presentare venerdì scorso (Il link del PDF del catalogo sul sito del comune di Mondovì, salvo cancellazioni, è qui) viene involontariamente a celebrare un significativo centenario relativo all'Assenzio, cui nel titolo fa riferimento: nel 1910, difatti, l'assenzio è stato messo fuori legge e fuori produzione. Sono dunque cent'anni di Assenza dell'Assenzio.

L’Assenzio, detto anche la Fata Verde, era la bevanda per eccellenza degli "artisti maledetti", o meglio dei Simbolisti, in quanto la fusione simbolica di sensazioni percettive differenti che essi proponevano nella loro arte poteva essere paragonata al presunto stato allucinatorio indotto dalla bevanda. 

In verità l'assenzio non ha particolari proprietà psicotrope: la bevanda si ricava dall’Artemisia Absinthium, una pianta sacra ad Artemisia, usata fin dall’antichità a scopi a metà tra curativi e magico-sacrali, specialmente per la cura dei vermi, da cui il nome medioevale di wormwood a cui si riconnette il meno eclatante vermouth. La più antica menzione a tale proposito risale all’Antico Egitto delle Piramidi, nel Papiro Ebers del 1550 BC. 

Presso i Greci l’assenzio diviene anche un vino che trascende il puro ruolo medicinale-sacrale, e assume una valenza anche conviviale. Il poeta Lucrezio usa l'assenzio per una metafora sulla sua opera, il “De rerum natura”, che ammanta del miele della poesia l’amaro assenzio della verità filosofica epicurea.

Ma, come i medici, quando cercano di dare ai fanciulli
il ripugnante assenzio, prima gli orli, tutt’attorno al bicchiere,
cospargono col dolce e biondo liquore del miele,
perché nell’imprevidenza della loro età i fanciulli siano ingannati,
non oltre le labbra, e intanto bevano interamente l’amara
bevanda dell’assenzio e dall’inganno non ricevano danno,
ma al contrario in tal modo risanati riacquistino vigore;
così io ora, poiché questa dottrina per lo più pare
troppo ostica a coloro che non l’hanno coltivata,
e il volgo rifugge lontano da essa, ho voluto esporti
la nostra dottrina col canto delle Pieridi che suona soave.

Pare esserci un singolare contatto tra questo brano di Lucrezio – secondo San Gerolamo, reso folle da un “filtro d’amore”, forse d'assenzio appunto - e la successiva Apocalisse di San Giovanni, accomunati dall’evocazione dell’Assenzio come metafora di un libro dolce in superficie per lo stile, amaro per i suoi contenuti filosofici e sapienziali. 

Il terzo angelo suonò la tromba e cadde dal cielo una grande stella, ardente come una torcia, e colpì un terzo dei fiumi e le sorgenti delle acque. La stella si chiama Assenzio; un terzo delle acque si mutò in assenzio e molti uomini morirono per quelle acque, perché erano divenute amare.

Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: "Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele".  Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza.

Del resto, il V libro del “De Rerum Natura” di Lucrezio descrive la futura distruzione del genere umano per opera di belve aggiogate in guerra che si ribellano ai loro addestratori; mentre l’Apocalisse narra similmente della fine del mondo ad opera di orribili belve infernali: due testi agli antipodi del mondo classico sono dunque sotterraneamente accomunati dall’assenzio nel segno di visioni immaginifiche e terrificanti.

Nel medioevo cristiano l'assenzio è distillato in Svizzera fin dal 1291; la produzione industriale si avviò nel 1792, in Svizzera; venendo commercializzato nel 1797. Una seconda distilleria venne aperta in Francia, nel 1805. Nel 1840 l’assenzio venne usato per curare la malaria nelle truppe francesi; col loro ritorno in patria, negli anni del 1850 si diffuse anche qui come bevanda, fino al massimo successo verso il 1860, quando le cinque divennero, per i bohemiens, l’ora dell’assenzio invece del the. L’assenzio sviluppò l’alone di bevanda maledetta per via delle ipotetiche visioni che era in grado di provocare: scientificamente, però, l’assenzio non è allucinogeno. 

In seguito l’assenzio si diffuse anche in Spagna e Portogallo, dove fu messo fuori legge, a New Orleans negli USA, e nell’impero Austro-Ungarico, dove è attestato a Praga, in Boemia, dal 1888, al Café Slavia; esso rimase comunque simbolicamente associato soprattutto alla Boheme parigina, dove divenne la sulfurea Fata Verde.


Manet, "Assenzio" (1858)

Uno dei primi dipinti relativi all’assenzio è quello di Edouard Manet dedicato al “Bevitore d’assenzio” nel 1858, che con quest’immagine inizia la sua carriera pittorica. Siamo nell’anno successivo all’esplosione del simbolismo poetico coi “Fiori del Male” (1857) di Baudelaire – bevitore d’assenzio - e del naturalismo romanzesco con “Madame Bovary” (1857) di Flaubert; la nascita dell’impressionismo pittorico si avvia dunque nel comune segno dell’Assenzio. 

Tra i letterati dell’epoca, tutti i poeti maledetti (Rimbaud, Verlaine e lo scrittore naturalista Maupassant) trattarono ampiamente dell’assenzio nelle loro opere. Oscar Wilde sosteneva provocatoriamente: “What difference is there between a glass of absinthe and a sunset?" rispondendosi "After the first glass of absinthe you see things as you wish they were. After the second, you see things as they are not. Finally, you see things as they really are, and that is the most horrible thing in the world”.

"Un bicchiere d'assenzio, non c'è niente di più poetico al mondo. Che differenza c'è tra un bicchiere di assenzio e un tramonto? Il primo stadio è quello del bevitore normale, il secondo quello in cui cominciate a vedere cose mostruose e crudeli ma, se perseverate, arriverete al terzo livello, quello in cui vedete le cose che volete, cose strane e meravigliose".

Tra i pittori impressionisti, Toulouse-Lautrec non si limitò a usare l’assenzio e a inserirlo nei suoi quadri, ma creò un cocktail a base di esso, il Tremblement de Terre, Van Gogh fu un avido consumatore d’assenzio ed alcuni attribuirono le sue innovazioni pittoriche – dall’impressionismo a primi segni di espressionismo – all’influsso allucinogeno della bevanda.

Nel 1864 un esperimento di tal Docteur Magnan su cavie animali mirò a dimostrare la maggior pericolosità dell’Assenzio rispetto all’Alcool; da allora, si avviò una campagna contro l’assenzio simmetrica alla sua adozione simbolica da parte della Boheme.


Degas, "Assenzio" (1858)

Il dipinto di Degas dedicato all’assenzio (dipinto nel 1875, esposto nel 1876) è probabilmente la più celebre testimonianza artistica della bevanda, ma alla celebrazione inizia a sostituirsi la deprecazione; L’Assommoir (1877) del naturalista Emile Zola, dedicato alla piaga dell’alcoolismo operaio, ne è la principale testimonianza letteraria.

Gli anni tra 1880 e 1890 videro un aumento nel consumo di superalcolici in Francia – tra cui l’assenzio – per via della crisi dei tradizionali prodotti vinicoli. A ciò corrispose probabilmente, con la ripresa della produzione nei primi del 1900, un appoggio sotterraneo da parte della concorrenza alle campagne contro l’assenzio, dotato in più di prestigioso appeal culturale.


 Van Gogh, Assenzio (1880 c.)

Non aiuta l’immagine dell’Assenzio il fatto che i suoi più grandi sostenitori facciano una fine rapida, in ragione spesso del loro sregolato stile di vita. Verlaine muore a cinquantadue anni, ed è uno dei più anziani; Baudelaire era morto a quarantasei, Rimbaud a trentasette come Van Gogh e Toulouse-Lautrec, Alfred Jarry a trentadue. Si vocifera che Van Gogh si tagli l’orecchio in seguito a una crisi causata dall’assenzio.


Toulouse Lautrec, "Assenzio" (1893)

A inizio del Novecento, l’assenzio era all’apice della sua popolarità. Picasso lo raffigura in numerose opere a partire dal 1901, Modigliani (detto Modì anche per assonanza con Maudit, maledetto) ne fece ampio uso, Alfred Jarry, l’autore di Ubu Roi, sostiene di usarlo "to fuse together the dream and reality, art and lifestyle", mentre all’assenzio si ricollegano anche Hemingway e Strindberg. Il massimo occultista del Novecento, Aleister Crowley, era solito anch’egli fare uso di assenzio.


Picasso, "Bevitrice d'assenzio" (1901)

Nel 1905 il caso dell’omicida Jean Lanfray, bevitore d’assenzio, venne però usato dalla propaganda proibizionista contro la bevanda; nel 1906 la bevanda venne bandita in Belgio, nel 1909 in Olanda, nel 1910 in Svizzera, dove era nato: seguirono gli USA, nel 1912, e infine la Francia, nel 1914. Con la Prima Guerra Mondiale, assieme ad altre cose, anche l’età dell’oro dell’Assenzio era finita.


La morte dell'assenzio (1910)

Il mito dell’assenzio rinacque nel secondo dopoguerra, nell’ambiente controculturale che mirava a ricollegarsi agli antichi bohemiens come propri predecessori. Tuttavia sostanze allucinogene ben più reali scavalcarono all’inizio il valore identitario dell’assenzio; la sua vera rinascita è da inserirsi piuttosto nella gothic renaissance che diventa mainstream negli anni ’90. Un film come Dracula di Bram Stoker (1991) è fra i primi a far mostra dell’assenzio. Da allora, l’assenzio è divenuto sempre più una bevanda identitaria del New Weird, coniugandosi talvolta, in questo centenario della sua scomparsa, ai nuovi "paradisi artificiali": quelli delle multiformi realtà virtuali.