Mondo V


La copertina (e teorica prima tavola)
del fumetto (1982-88).
V colto "in spaeculum et aenigmate":
di schiena, allo specchio,
 inutilmente senza maschera.
Il mondo è il suo teatro: Ye Globe.


Varie letture di questi giorni mi spingevano a riflettere, forse un po' tardivamente, sul grande ruolo che "V for Vendetta" di Alan Moore ha avuto sulle recenti proteste del movimento di Anonymous, gli indignati che si ribellano all'attuale crisi finanziaria globale, interpretata come uno strumento di repressione del sistema (pesanti spoiler alert su film e fumetto, of course. Sulla geopolitica globale, non saprei. Vado a intuito, non conosco lo script originale).


Forse mai nella storia - pur relativamente giovane - del fumetto come medium moderno un comics ha avuto un ruolo così determinante; e probabilmente è difficile che di nuovo lo abbia in futuro, dato che il videogame si sta sempre più affermando come nuova arte globale. Nemmeno i fumetti supereroistici di propaganda americana hanno inciso così direttamente nella storia, anche qui surclassati, come icona, dal più potente "gemello maggiore" cinematografico. Mickey Mouse è un simbolo potente dell'immaginario americano, o i manga del Giappone; ma si tratta di un fenomeno culturale più sfumato, comunque, senza una identificazione netta con un momento storico. Invece, quando nei libri di storia si dedicherà un capitolo o una nota a margine agli Anonymous, il cursore farà apparire una bella foto delle maschere di Guy Fawkes sul vostro I-Pad scolastico.

Una bella immagine per il canto del cigno del fumetto. Peccato che sia sostanzialmente sbagliata.



La locandina del film (2006).
Fedele, ma non all'estetica della cover:
ai manifesti di propaganda del regime.
V è colto in maschera, in postura ed "espressione" atipica.
La esoterica V nel cerchio graffito è posta con evidenza quale suo marchio.
Eve/Portman, in discreta evidenza, colta nell'aspetto durante la sua dura iniziazione.
In basso, la massa dei V collettivizzati.
 

L'idea di adottare la maschera di Guy Fawkes (ma nella maggioranza poco curante dei dettagli è "la maschera de Scecspir") come simbolo dell'anonimato della collettività del 99%, oppresso o comunque comandato dalla minoranza dell'1%, deriva infatti dalla scena finale del film di "V for Vendetta" (2006). In esso, dopo le azioni individuali del romantico anarchico V, tutta la popolazione indossa la sua maschera, e coperta da questo anonimato assalta il palazzo del governo inglese, rovesciando il regime. 



Regime inglese che, a sua volta, è nel film chiara metafora dell'occidente statunitense: il film infatti strizza ammiccante l'occhio alla grande teoria del complotto post-11-9-2001, il "se le sono tirate giù da soli": il governo inglese del film, infatti, ha simulato un attacco terroristico per consolidare il proprio potere vincendo le elezioni sull'onda della paura, e creando poi spietate leggi anti-terrorismo. V, hacker culturale romantico e libertario, riesce a disvelare la grande cospirazione rendendo alla fine pubblici i dati del complotto. Una proiezione mitica e anticipata degli attuali "Anonymous originali", gli hacker anti-establishment che mirano a ridicolizzare e mettere in difficoltà il sistema, una sorta di Assange in maschera e incattiviti.

Peccato che.






"Unità" nel film invece di "Purezza" del comic, una modifica coerente allo stravolgimento
 (Patriot Act, non mito razziale). E ovviamente, per prudenza, la croce diviene doppia.






La scena del film, ovviamente, è completamente errata nelle sue modifiche
(Leggere il fumetto per comprendere perché).






Peccato che Alan Moore abbia disconosciuto con rabbia il film, ancor più radicalmente degli altri stravolgimenti hollywoodiani dei suoi fumetti (i diritti sono degli editori dei fumetti, ovviamente) precedenti, come From Hell (2001), la Lega dei Fantastici Gentiluomini (2003) o il di poco precedente Constantine (2005).

Un percorso di deformazione quasi obbligato: la rinascenza del genere supereroico e fumettistico in genere al cinema nasce proprio all'indomani del 9-11-2001, nel rinnovato bisogno di distrazione favorito anche dalle nuove e spettacolari tecnologie digitali. Anche Moore è gradatamente fagocitato in questo meccanismo, che oggi sta producendo perfino un prequel fumettistico ai suoi Watchmen dopo il film del 2008, ed è curioso che l'apice di questo processo risieda appunto in una grande (e maldestra) metafora fantastica del 2001.

Inoltre, se negli altri casi la deformazione era a finalità commerciale, in V for Vendetta vi è una evidente trasformazione ideologica, più irritante agli occhi dell'autore proprio in quanto si pretende "controcorrente".

Il fumetto originale, apparso in B/N dal 1982 al 1985, e completato solo nel 1988 (in Italia, giunge nel 1991), descriveva un futuro da dopobomba apocalittico, in cui solo l'Inghilterra, neutrale nello scontro tra titani, conservava una parvenza di civiltà tradizionale, ma sotto il tallone di uno spietato squadrismo tecnologico, di chiara derivazione orwelliana a segno apparentemente rovesciato (ma anche in Orwell, in Estasia la dittatura appare di stampo fascista, come "culto della morte", più che socialista come in Oceania). Del resto, esce proprio a cavallo degli anni orwelliani, e tale sovrapposizione non è certo casuale.

Quindi, l'apocalisse è nel fumetto reale, e non simbolica; il regime, al tempo stesso, è una dittatura  orgogliosamente fascista, e non una criptocrazia dissimulata da democrazia sotto assedio.

Così, anche V non è un simpatico briccone: è, senza problemi, un terrorista nel vero senso del termine, indifferente alle morti che causa non solo nei più o meno colpevoli membri del regime, ma anche nei civili innocenti (come dice all'inizio del fumetto il detective Finch, personaggio relativamente positivo nel cosmo degenerato di V: "Quali fossero le loro colpe, li ha macellati come animali. E questo mi spaventa" parlando di due soldati del regime Norsefire che l'eroe ha eliminato). La maschera dalla fissità di amabile burlone lo identifica non per sovrapposizione, ma per contrasto: sappiamo che i lager del regime l'hanno condotto a una follia tanto lucida quanto estrema, e non esita, per formare la sua pupilla, a sottoporla allo stesso trattamento concentrazionario. Elementi che nel film, a sprazzi, rimangono: ma il segno complessivo ne viene inevitabilmente modificato.

Certo, per tale ragione si lascia morire nella palingenesi finale, consapevole di essere principio di distruzione e non di creazione; ma al tempo stesso, appunto, non smaschera un regime mendace (che, nel film e nel mito anonymous, possiamo immaginare semplicemente rovesciato alle prossime elezioni), ma crea l'anarchia come caos globale. Bande di disperati si combattono in una umanità ridotta allo stato brado. Forse la pupilla eVe (di nuovo V nel suono del nome, ma anche Eva, prima donna...) potrà evolvere il caos in anarchia utopisticamente intesa; ma Alan Moore lascia aperta la porta anche al possibile fallimento della fase della ricostruzione alchemica della Rubedo.



Altro elemento che si perde totalmente nel film è la dottissima e inestricabile natura ermetica di V; e su questo il richiamo a Shakespeare non è affatto così gratuito, sebbene la maschera rimandi al cospiratore cattolico Guido Fawkes, artefice della congiura delle polveri del 1605, in piena età shakespeariana, evento ricordato ancor oggi da celebri fuochi artificiali inglesi.

Più precisamente, è in generale al teatro elisabettiano che Moore pensa, e nello specifico a Marlowe, che nel suo Faustus avrebbe inserito la frase "Vi veri vniversum vivus vici", con la forza della verità, da vivo, ho vinto l'universo. Cinque V, che è il cinque latino, e che formano unite la stella a cinque punte cara ai riti occulti. Del resto, la disposizione della cornuta V nel cerchio, rovesciato compasso massonico, già suggerisce la testa di capro della stella a cinque punte rovesciata.

Tutta l'opera è costruita su questa allitterazione in V, testuale e grafica, con un esplicito rimando all'ermetismo tra il rinascimentale e il barocco del teatro elisabettiano; dove il gusto per la ridondanza e per l'esotico causato da tale espediente non viene visto come un segno di gratuita baroccaggine ma come autentica riflessione ermetica e cabalistica sul potere dell'immagine e della parola.



Quindi l'irritazione di Moore è, a mio avviso, comprensibile; anche se il grande vecchio del fumetto (esoterico) mondiale, pur adirato dalla deformazione dell'opera nel 2006, è parso inevitabilmente compiaciuto dal successo del suo grande incantesimo letterario-illustrato da quando, più o meno dal 2007, è divenuto la metafora dell'indignazione contro il crollo del turbocapitalismo degli ultimi vent'anni, da Reagan alla dinastia Bush e i loro sodali inglesi (Tatcher-Blair), in conseguenza alla miccia dello scandalo Lehman Brothers, con tutto quello che ne è conseguito. Non a caso, anche in Italia, con l'8 settembre 2007, il comico Beppe Grillo e la Casaleggio Associati hanno ripreso da qui il V-Day, dando alla V di Vittoria un significato di più scurrile ribellione al sistema costituito.



Curiosamente, tale germinazione italiana del mito si lega a filo doppio alla realtà ermetica monregalese. All'avvio della sua avventura, il Grillo parlante della politica nazionale ha creato un evento collegato anche a Vico e al Mon-do-Vì, dove l'8 settembre si tiene una tradizionale fiera della Madonna che data dalla nascita dell'omonimo santuario, avviato proprio nel passaggio tra Cinque e Seicento in cui si colloca anche Guido Fawkes. Dal 1610, la Vergine del Monte Regale è del resto celebrata con fuochi artificiali di importazione gesuitica, forse un ulteriore subliminale collegamento ai riti d'oltremanica. 

Il potere della V come ambigua lettera consonante/vocale (U e V, nel sistema latino) è del resto contenuto anche nel nome della nostra amata Mondovì (Mondo-V, come nel titolo), un elemento che deriva dal nome originale della città, Mons Vici (la parola conclusiva del pentagramma di V...), e a cui hanno fatto ricorso anche i volenterosi V-isti locali nel loro materiale di propaganda.

Da parte mia, non posso che constatare incuriosito, come al solito, l'eterogenesi dei fini e le geminazioni erratiche che si sviluppano da un'opera di successo fino a deformarne radicalmente il contenuto. Da simbolo dell'eroe (e del super-eroe, nicciano e fumettistico, "al di là del bene e del male") nella sua unicità e irriducibilità morale, V è divenuto simbolo della "gente qualunque" (il 99%) opposta all'astrattezza dei plutocrati (l'1%), un'ideologia diametralmente antitetica nonostante alcune superficiali e apparenti aderenze.