Camus & Comics


Camus sullo sfondo di una Torre alchemica.
(da http://albert-camus.tumblr.com)

A Mondovì, Antico Palazzo di Città, importante (ne parla anche La Stampa di oggi) ma breve (16-23 febbraio) mostra-convegno dedicata ad Albert Camus, il grande autore francese che è, in un certo senso, nostro concittadino.

"Primo Uomo" a Mondovì è infatti il titolo, come l'opera dell'autore francese e il film di D'Amelio tra poco nelle sale.

(Ah, spoiler alert, come al solito).

Camus nasce infatti a Mondovì in Algeria, nel 1913, un secolo esatto fa.



La città, come le altre due Mondovì negli Usa, prende il nome dalla battaglia di Napoleone più che da noi.
Gli algerini, che coi francesi hanno avuto qualche piccola ruggine, hanno ormai cambiato il nome in Drean.

Ma, comunque, è una coincidenza interessante e significativa, una Doppia Mondovì di 40.000 abitanti nata tra 1848 e 1851, dall'indubbio fascino (qui un documentatissimo sito), oltre che per Camus, per la sua natura di "città invisibile", come nella meravigliosa cattedrale neogotica di fine Ottocento, così incongrua in quelle lande assolate (si potrebbe pensare a una delle due Mondovì anglosassoni, e invece no).

Io Camus ricordo di averlo letto con passione negli anni del Liceo.

Ce lo aveva introdotto il nostro eccezionale docente del biennio, con una vistosa preferenza sul resto degli esistenzialisti. L'avevo ripreso in quinta, quando in filosofia e lettere ci avevano fatto approfondire la corrente in vista dell'esame. L'avevo trovato più convincente di Sartre, più vicino alla mia giovanile sensibilità nichilista d'allora e vicino in qualche modo a Leopardi, parere che non ho rinnegato e che fu accolto con garbato e  un po' scettico apprezzamento dalla commissione d'esame. Troppi voli pindarici anche quando non ero ancora esoterico, bisogna dire.

E tutto questo senza sapere che Camus era di Mondovì. Quindi, anche adesso che i miei numi tutelari sono più Pynchon, Eco, Moore e Jodorowski, Camus deve rientrare in qualche modo nel Piano. Temo che non andrò alla brevissima mostra, causa la noiosa neve tardiva e la mia proverbiale pigrizia, ma non posso esimermi da rispolverare il file Camus dai miei remoti ricordi giovanili.

Di estrazione pressoché proletaria, precoce orfano di padre caduto nella Grande Guerra, Camus è costretto a mille lavori per campare, abbandonando anche gli studi filosofici, finché riesce a inserirsi nella scena culturale algerina grazie alle sue doti indubbie e poliedriche. Attore per Radio Algeri (1936-7), poi giornalista (1938-9); il salto in Francia avviene per la seconda guerra e la Resistenza (1940-44).

In questo periodo si avvicina così all'esistenzialismo che si va affermando in filosofia, sulla scia di Nietzche ed Heidegger e sotto il nume tutelare di Sartre, di cui diviene intimo amico, e compone le sue opere più significative.




L'etranger a fumetti, in tre vignette.

"L'etranger" (1942) rappresenta questo primo esistenzialismo dell'autore, più tragico e apparentemente senza speranza. Il funerale della madre, rinchiusa all'ospizio di Marengo - vicino Algeri: altra città napoleonica, come Mondovì... - è vissuto con straniamento e indifferenza dal protagonista. La parabola del nonsense procede fino al picco dell'omicidio dell'arabo, senza ragione (come nell'assurdo di certe Operette Morali, per dire). Meursault (il salto della morte? Mai stato bravo in francese) è un superuomo rovesciato, come qualcuno ha colto bene, in rete.


Camus, Comics e Cavie. Questa piacerà a Laura.

"Il mito di Sisifo", saggio filosofico del 1944, analizza quindi in modo sistematico il tema dell'assurdo segnando una svolta nella visione dell'autore.Camus affronta il tema classico del suicidio, unica questione di valore filosofico. Se la vita è nonsenso, l'unico senso è (darsi la) morte. Egli ripudia le ragioni tradizionali contro il suicidio, che sarebbe atto razionale. Ma alla rinuncia oppone la Rivolta, la totale assenza di speranza non deve sfociare in una disperazione razionale, ma in un nuovo umanesimo, un'irragionevole ambizione di servire comunque l'uomo, insoddisfazione implacabile ma comunque necessaria. La (inutile) fatica di Sisifo, "solitaire et solidaire", secondo un riuscito aforisma dell'autore.


Una tavola di un comics più didascalico, decisamente.
Ma veniva al taglio, per cui...

E qui sta anche la grandezza di Camus, e anche, probabilmente, la ragione del distacco dal totalitario comunismo staliniano e la conseguente definitiva rottura con Sartre, nel 1947, agli albori della Cold War.


Anche le cover originali sono abbastanza fumettistiche, comunque.

"La Peste" (1947) è il capolavoro che segna narrativamente questo nuovo approdo. I cittadini di Oran, vessati dalla pestilenza, mostrano comunque, in vario grado, l'attaccamento alla vita, in senso sia personale sia sociale. E alla fine la peste è debellata, anche se questa vittoria è inutile e non definitiva, ovviamente. Una ginestra spunta sulle macerie di questa peste antimanzoniana, forse. (Tra l'altro, nel suo sorgere, Mondovì era stata subito colpita da una violenta epidemia di colera, alla metà dell'Ottocento. Non so se c'entri qualcosa.)

La rivolta al nonsenso assume quindi carattere non solo più individuale, come in Sisifo, ma sociale. Si anticipa il saggio "L'uomo in rivolta" (1951), che fonda definitivamente il nuovo umanesimo esistenziale dell'autore.


La Bande Dessinée della Caduta. Bella e decisamente sperimentale.

Nel 1956 "La Chute", la Caduta, l'ultimo grande romanzo, la pars destruens se vogliamo della sua filosofia.
Nel breve monologo l'avvocato Clamence rifiuta l'ipocrisia sociale con sarcastico e brillante disprezzo, ma questo salto filosofico non è l'approdo a una verità più alta, ma solo "la caduta", appunto, nel vuoto mortifero del nonsenso.


"Si accomodi, la prego. Lei guarda questa camera. Nuda, è vero, ma pulita. Un Vermeer senza mobili e casseruole. Senza libri, anche, da tempo ho smesso di leggere. In passato, casa mia  era piena di libri letti a metà. È disgustoso, come quelli che  tagliano un pezzetto di un pasticcio di fegato e fan buttar via il resto. D'altronde, a me ormai piacciono solo le confessioni, e gi autori di confessioni ne scrivono soprattutto per non confessarsi, per non dire niente di quello che sanno. Quando pretendono di far confessioni, è il momento di diffidare, ci si prepara ad imbellettare il cadavere. Mi creda, io sono del mestiere. Perciò ho tagliato corto. Niente più libri, niente più vani oggetti, lo stretto necessario, pulito e lucido come una bara."

Nel 1957 il Nobel, che a differenza di Sartre (1964) non rifiutò. Nel 1960 la morte, a soli 47 anni.
Nell'era globale del complottismo internettiano, non è mancato chi ha ipotizzato un omicidio ad opera KGB.
Un italiano, tra l'altro.


(Sì, indubbiamente Camus piace al fumetto.)

L'ipotesi è ritenuta peregrina e comunque puramente indiziaria. E poi, perché?
Forse da qui potrebbe venire una liason col Piano occulto monregalese.

Ma per ora è poco, troppo poco.

Forse se andassi alla mostra scoprirei la connessione segreta che mi serve.
Forse se lo facessi ne proverebbe l'insito non-senso del Piano.
E allora probabilmente è meglio così.