San Lorenzo di Saliceto







Hrmeticus in Salicetum








Fotografie di Lorenzo Barberis 2013



Lo scorso 25 aprile è stato l'occasione di una bella visita ad uno dei capolavori esoterici del basso Piemonte assieme a Laura e tre carissimi amici: la chiesa del mio ononimo santo a Saliceto.



La chiesa è l'unica in stile rinascimentale ad essere stata edificata nel Piemonte meridionale, e la più importante delle quattro esistenti in Piemonte (tra cui anche la cattedrale di Torino). Mondovì avrebbe potuto essere una quinta, costruita negli stessi anni ed abbattuta (per ragioni pragmatiche, o ermetiche?) dai Savoia, nel 1573.



La chiesa di San Lorenzo fu voluta dal cardinale Carlo Domenico del Carretto verso i primi anni del '500. La chiesa, di impronta bramantesca, è effettivamente eccezionale non solo per la sua unicità, che già sarebbe molto particolare, ma per la ricchezza di simboli esoterici oggettivamente presenti sulla facciata.



Cominciando da sinistra, troviamo in alto su una colonna il Bafometto templare, qui con singolari gambe di rana che lo avvicinano agli uomini-anfibio di Lovecraft (vedi Road to L per le loro supposte origini italiane...) e alla celebre rana crowleyana, oggetto tutt'oggi di discusse riprese artistiche.









Subito sotto, in un medaglione circolare, la griglia di San Lorenzo, tratteggiata in un modo da ricordare le cinque bande rosse diagonali dello stemma dei Carretto. Esse deriverebbero dalla mano insanguinata del capostipite, ucciso lasciando quella traccia sul muro, da cui lo stemma.











Sulla colonna immediatamente a fianco notiamo un Graal custodito da due grifoni alati, e subito sotto il suddetto stemma nobiliare dei Carretto, inserito nel sigillo cardinalizio di Carlo Domenico, con sotto un puttino alato. Sotto ancora, una rosa sfrangiata.







Il portale a destra della facciata presenta il simbolo del Pellicano, associato a Cristo, indubbiamente, ma poi ripreso in chiave rosacroce (il Pellicano, associato alla Fenice, appare anche sull'altare dell'antico duomo di Mondovì, a cura dello scultore rinascimentale Lorenzo Sormani).







Sotto questo imponente frontone, il portale si struttura in due colonne ermetiche dai precisi significati rituali, una purtroppo parzialmente cancellata. Il frontone richiama il solito stemma araldico tra due ippogrifi; molto interessanti in specie appaiono le due colonne.



A grandi linee, possiamo vedere che da una coppa graaliana sulla base, che poggia su una sfera (Fortuna), si diparte un infiorescenza floreale che genera una coppa che genera, solo a destra, una Rana. L'animale, diabolico per eccellenza, richiama così il Baphomet anfibio precedentemente visto, specie per la connessione con il Graal. Si genera poi una nuova infiorescenza che a sinistra torna al Graal, mentre a destra genera la Sphera Mundi. Parrebbe l'indicazione duplice di un'operazione alchemica più sterile (a sinistra) e più fruttuosa (a destra, dove il discrimine è dato dalla Rana alchemica, elemento cruciale. L'apprendista e il maestro, come in Joachim e Boaz?









A separare il sistema simbolico di destra dal portale centrale, ricchissimo di simboli come si può già intuire, vi è una colonna con simbolo crociato, croce rossa in campo bianco. Alla sua sommità, semplicemente, un elmo e uno scudo con bande dei Carretto, simbolo della dinastia. Dall'altra parte, come vedremo a tempo debito, troviamo invece un Giano bifronte dalla testa caprina.









Il portale centrale sembra confermarlo. Ogni colonna è qui molteplice: una colonnina esterna presenta 13 rose in ghirlanda floreale, poi vi sono due colonne che riportano al loro interno, alla base, appunto una colonna, come quelle di Ercole o ebraiche riprese nel mythos massonico. Un modo, forse, di ribadire che le colonne sono appunto tali, simbolo dei pilastri dell'iniziazione dell'ars muratoria.












Da entrambe le colonne germina una coppa che porta ad un triplice Baphomet, da alcuni interpretato quale Hermes Trismegistus. Nel rinascimento era infatti solito omaggiare questo sapiente "Contemporaneus Moysi", coevo di Mosé, padre dell'alchimia come Moses lo fu della religione ebraico-cristiana. La sua più celebre figurazione è nel duomo di Siena, nel 1484, e potrebbe tornare qui.









Salendo, il processo alchemico descritto nelle colonne germina in ambe una coppia di Salamandre. In alchimia era il simbolo della Pietra Filosofale, poiché la salamandra sopravvivrebbe alle fiamme, così come il distillato ultimo dell'alchimia resiste alla purificazione del "fuoco di Drago". Tale concetto l'avvicina inoltre al simbolismo del Cavaliere che affronta il Drago, rendendola anche simbolo, in un'alchimia simbolica e non operativa, della cavalleria spirituale. Non da sottovalutare che, se Saliceto deriva il suo nome dai liguri Salii, vi è in comune il rimando al Sal alchemico, elemento centrale della cultura esoterica di quest'area, essendo la Via del Sale (materiale, ma anche simbolica) il principale fulcro dei commerci dell'area, dalla Liguria al resto d'Europa.









Dalle salamandre, per tramite di un'altra coppa retta da un putto alato, si generano due sirene dalla coda a tridente, che reggono due coppe e ne generano una terza.



La Sirena era spesso simbolo di venerazioni gnostiche, con un rimando all'Abraxas e alla sua coda dipartita in due serpenti. Qui le due sirene sono invece isolate, e con una coda unitaria ma tripartita al fondo.











Anche qui, la cosa più interessante è la conclusione della colonna, sempre nel segno di una Coppa graaliana. Notiamo infatti che, sebbene il percorso sia all'apparenza identico, nella sua conclusione è assolutamente opposto.



In un caso, a sinistra, gli elmi si ignorano, la corazza è intatta e lo stemma dei Carretto trionfa, ma le due Sfingi (ultima trasmutazione delle salamandre/sirene) chiudono con le loro code la cima del Graal, e nulla avviene.



A destra, invece, gli elmi si guardano, lo stemma dei Carretto è oscurato da una sorta di racchetta da tennis, una mazza ferrata trapassa l'armatura, e le Sfingi schiudono la coda permettendo di rivelare, alla sommità del Graal, nuovamente il volto del Bafometto.











La terza colonna, quella interna, è sormontata in ambo i casi dall'Aquila imperiale, omaggiata da un decoro fitoforme interlacciato di uccelli canori: le due strutture non paiono presentare differenze macroscopiche.



Invece, la colonna interna è di nuovo estremamente alchemica, segnata da un Atanor alla base, un fornello alchemico che scalda un Graal da cui dipartono due serpenti che reggono due nuove fiamme. Dei putti alati richiamano: "Timete Deum" a sinistra, "Facite Bona" a destra (la colonna più operativa: quelli "di sinistra" devono limitarsi a temere il potere divino, quelli "di destra" devono "operare bene").

Gli angeli del Timete Deum hanno gli occhi cancellati, quasi a indicare che "non devono vedere".



Le fiaccole scaldano di nuovo un duplice Graal, in sequenza.







Forse il prodotto della generazione è ciò che appare al centro, sul soffitto del "dolmen", all'interno e rovesciato: ovvero una Fortuna dall'aria inquietante, circondata da due cornucopie.







Il terzo portale, sormontato dalla Fenice, simmetrica al Pellicano, presenta in modo analogo i due ippogrifi che circondano lo stemma del Carretto.







Le colonne sono quelle più danneggiate, e di conseguenza non si notano consistenti differenze. Quella destra, la più visibile (l'altra è quasi completamente annullata) mostra a quel che sembra una semplice sequela di coppe, motivi fitomorfi e fiaccole di fuoco alchemico, che portano alla sublimazione del Graal. La Fenice del resto è il simbolo del fuoco alchemico, e quindi in essa si celebra coerentemente l'azione del fuoco, su cui la fenice muore per risorgere dalle sue ceneri.



In teoria, nello schema che abbiamo rilevato, la colonna destra appare sempre quella di sapienza e quella sinistra quella del neofita. Di conseguenza, è coerente che il portale sinistro sia quello meno ricco di evidenze alchemiche.











La colonna crociata, quella che separa il portale sinistro dal portale centrale, è però più significativa iniziaticamente di quella destra, a rovesciare parzialmente questa regola. Se nella precedente colonna crociata si riscontrava un capitello semplice, con decorazioni ad elmi, qui appare un Giano bifronte cornuto, con un rimando ai capri classici. L'Hermes Trismegistus che appare nel sistema simbolico di destra è quindi connesso a questo di sinistra, dove ancora una volta i due volti bafomettici circondano un Graal.



Ricordiamo che là, ove apparivano le tre teste, la testa del Baphomet appariva anche al culmine della colonna più alchemica, aggiungendosi così simbolicamente alle due laterali. Qui invece Hermes non è ancora Trismegistus, la grande opera non è ancora compiuta.









Le ultime due colonne di sinistra presentano, come vediamo, un Fiore a cinque petali (dall'altro era sfrangiato, rotante, "a svastica") quello interno, e un sistema di cerchi concentrici, simili a un paradiso dantesco, in quello di estrema sinistra (dall'altra, vi era la griglia di San Lorenzo, associata al sigillo dinastico dei Carretto). I decori a conchiglia del pilastro più interno potrebbero ricollegarsi al culto dei pellegrinaggi, che anche qui trovavano accoglienza. Il pilastro è sovrastato dal simbolo dei Carretto. Il capitello di estrema sinistra è fitoforme con puttino, indubbiamente meno esoterico dell'altro, con la rana-bafometto; quello più centrale presenta le stesse sfingi con Graal che si trovano dall'altro lato, ma simmetriche: qui sono chiuse sul Graal, là aperte.







Probabilmente molti simboli sono stati tralasciati, ma l'impianto complessivo sembra essere stato, a mio avviso, a sommi capi chiarificato. Nell'impianto bramantesco spiccano poi 22 cerchi di pietra, senza decori, che molti riconducono ai 22 arcani maggiori dei tarocchi e alle 22 lettere ebraiche, legate alla cabala.



Notiamo che il frontone in alto è sormontato dal solito stemma dei Carretto e, sopra, la croce cristiana che doverosamente sovrasta la chiesa è retta da una sorta di coppa graaliana, ancora una volta, e sopra riporta un gallo (elemento, questo, forse successivo).



Ad ogni modo, l'elemento graaliano appare potentemente predominante, cosa ovviamente perfettamente coerente con l'iconografia cristiana, ma che qui si assomma a simbolismi evidentemente alchemici, legati forse più all'alchimia spirituale che a quella strettamente operativa, ma comunque ermetici in modo abbastanza innegabile (come del resto è ampia parte della cultura rinascimentale).



Non mancano altri elementi curiosi ed ermetici anche nell'arredo e nella decorazione interna, che sono stati da molti rispolverati per avvicinare il sito ad una nostrana Rennes Le Chateaux. In effetti, non mancano nemmeno dettagli curiosi nelle chiese circonvicine: due argomenti su cui torneremo a breve in nuovi, appositi post.