Nathan Never 01 - Agente Speciale Alfa





LORENZO BARBERIS.



What if blogging: se avessi avuto un blog nel 1991...



sicuramente avrei recensito Nathan Never, oltre a Dylan Dog, che era ancora nell'età dell'oro.



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La Bonelli era in una fase di grande accelerazione. Se gli anni '50 erano stati dominati dal western di Tex (nato nel 1948, con la Costituzione), i '60 da Zagor (un po' in affanno rispetto ai ben più radicali "fumetti neri" dell'epoca, tra cui Diabolik), i '70 da Mister No (nato nel 1975, la creatura prediletta di Sergio Bonelli, il più vicino al fumetto d'autore del periodo, dell'avventura "alla Pratt"), gli '80 avevano visto il Mystere di Castelli (1982), di fatto legato alla fantascienza (gli uomini in nero, Atlantide) sia pure in chiave complottista, e poi nel 1986 il Dylan Dog di Sclavi, che era esploso appunto sul finire della decade, portando al meno interessante Nick Raider (il giallo puro) di Nizzi, e poi appunto al Nathan Never dei "tre sardi", Medda, Serra e Vigna.



Bonelli nella prefazione al nuovo eroe ricorda questo percorso, e vi ricorda la presenza della fantascienza, nel segno del "i generi attraverso il genere" tipico della Bonelli, da sempre basata sul mash-up postmoderno, molto antelitteram (banalmente, per necessità di variatio delle trame; ma anche per una consapevolezza letteraria parallela e simmetrica a quella, fin dagli stessi anni '40, di Borges). Quindi c'erano i marziani in Tex, e Zagor nasce appunto per "sgangherare" (U. Eco) ancora più il genere; Mister No per paradosso, per ragioni di "autorialità", nella decade di sdoganamento del fumetto, è il più "compatto", ma con i postmoderni '80 Mystere e Dog mettono al centro la SF.



Bonelli però giustamente sottolinea come non vuole una "serie di alieni", tema che può gestire bene nelle altre serie (e non ha mai amato i viaggi nel tempo, dicono, per l'eccessivo entrelacement delle trame). Ma egli sa benissimo, fingendo di stupirsene, che c'è un nuovo genere nascente, il cyberpunk, a partire dagli odiati nipponici (sbarcati da noi nel 1978 come animazione, nei '90 stavano divenendo una concorrenza temibile che poi la Bonelli seppe rintuzzare: i decenni degli anni '80 divennero ventenni mangaka nei loro vent'anni, ma poi col riflusso i più abbandonarono quella galassia, salvo una nicchia). Ma anche Moebius, che è il riferimento colto principale del cyber di N.N.







Ancor più che a Moebius, la serie guarda molto a Blade Runner, di cui Moebius fu scenografo (e che già Sclavi citava in Dylan Dog), con un Never che è molto Rick Deckard.



All'inizio, come Nathan Nemo, avrebbe dovuto esserci in lui anche il rimando a Verne, poi tolto probabilmente proprio per superare quel riferimento passatista che Bonelli voleva evitare, per parlare a un pubblico più giovane.



Cover e frontespizio di Castellini sono notevoli, come è ovvio, e danno subito un forte senso di futuribile e fantascientifico: l'autore resterà copertinista, ma non tornerà mai sul suo personaggio.



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"City News", la rubrica che diverrà poi AlfaCom, ha curiosamente una testata ottocentesca, con tanto di mongolfiera. L'idea è moderna, però, è rimanda al concetto già di Pohl, nelle sue opere di SF letteraria nei '70, come Getaway e altre, di inserire direttamente dei "finti documenti" nel corpo del testo.



Nel fumetto è Alan Moore ad aver fatto uso, come noto, di tale espediente in Watchmen. Se vogliamo lo spunto narrativo di partenza è anch'esso simmetrico a W.: là il Keene Act proibiva i vigilantes in maschera, qui il Callaghan Act (riferimento ovvio al poliziesco violento dei '70) invece legittima le agenzie di vigilanza privata a mantenere l'ordine a fianco della polizia.



Nel momento in cui la storia inizia, da 7 anni sono attive le agenzie. La polizia è corrotta dalla yakuza e dalla triade, vigilantes privati si fanno giustizia da sé, le agenzie offrono un servizio professionale a pagamento. Edward Reiser, il capo di Nathan Never, tipico manager anni '80, rilascia un'intervista alla stampa dove accenna anche alle tecnologie usate: esoscheletri potenziati, armi a puntamento laser, sistemi informatici di elaborazioni dati e droni (in grassetto nell'originale). L'estrapolazione si rivela insomma dettagliata e piuttosto rigorosa.



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La prima tavola è molto innovativa per la Bonelli: muta, divisa in quattro, mostra l'avanzare di un uomo in Tuta in un corridoio di una base spaziale. Lo scambio di informazioni è curiosamente antiquato (e non solo a leggerlo da oggi): pagamento con 24 ore di banconote per informazioni passate fisicamente.



Invece la terza pagina (7), con l'apparizione dell'eroe, mostra un'altra piccola innovazione: niente uso di frecce direzionali benché la tavola non sia la classica gabbia. E una vignetta smarginata, di solito non amate in Bonelli. Elemento che torna, a p.8, 11 e più avanti, e che è l'aspetto più innovativo, assieme a queste pagine "mute" di grande impatto, come anche p. 16 e la splash page con il titolo, a p.18.



A p. 22 torna l'uso delle "mezze splash page" (non so come definirle meglio) per mostrare la Città e l'Alpha Tower. Saranno piuttosto frequenti in NN.



Appaiono poi i comprimari, tra cui Legs Weaver, che poi avrà una sua serie autonoma (e che esplicita la citazione da Alien, altro film di Ridley Scott - e Moebius, e Giger - importante in NN).



P.26 è di nuovo notevole con una vignetta verticale che taglia tutta la pagina, elemento prima assente in Bonelli che sarà molto usato in NN per dare l'idea della verticalità della città, slanciata sovrapposizione di grattacieli su più livelli.



Aristotele Skotos, il telepredicatore olografico che appare in parallelo come il nemico designato è anch'esso un residuo degli anni '80 dylaniati, con sacerdoti e fanatici religiosi folli spesso nella parte del nemico. Nemmeno Sclavi però ne aveva fatto IL nemico ricorrente.



Il cattivo della storia, Kleeman, ricorda vagamente l'agente Smith di Matrix, molto antelitteram (NN è a inizio '90, Matrix li chiude nel 1999) e finalmente passa le informazioni in modo cyberpunk.



La storia prosegue poi sui canoni prefissati, riprendendo per modificarle le leggi robotiche di Asimov. Il robot si blocca di fronte all'attacco dei Jakuza alla ricerca dei dati in possesso del robot; si conferma così l'antitecnologismo di Nathan Never che più che un agente del futuro sembra a tratti un travet milaneis dei primi anni '90, terrorizzato dall'avvento di "queste diavolerie moderne".



Però l'arrivo dei ninja permette di svelare le abilità marziali di Nathan, campione di Jet Kune Doo spaziale, che bilancia così con questa alta performance la componente da inetto da noir che lo caratterizzava finora (ricavata, in parte, dall'onda lunga dell'influsso di Dylan Dog).



Continuano le soluzioni innovative di tavola: smarginature, vignette mute, semi-splash pages, retinature sfumate per dar l'idea dei riflessi metallici, mecha-design avanzato di Castellini. Il tutto con una consapevolezza ironica di Serra che rende il mixaggio con la gabbia bonelliana perfetto. Una tavola come a p.58, con Nathan che si affaccia, di fatto, "fuori dal bordo della griglia", è emblematica dell'innovazione grafica dell'albo, secondo solo forse allo Stano&Sclavi del primo Dylan Dog.



Per chi come me si diverte a esasperare il metafumetto, potremmo trovare un parallelo tra l'eliminazione delle tre leggi robotiche e l'allentamento della "gabbia bonelliana" anche per quanto riguarda il comportamento dei personaggi. Privato delle leggi per essere utile, il robot infatti si rivela decisamente più spietato di quanto sarebbe consentito a un "buono" bonelliano medio (p.74-75).



Anche Never, nel distruggere il braccio di Kal Skotos, mette in scena un buon grado di spietatezza e violenza.



Il bathos del finale, con Ubiq il cagnolone affettuoso di Philip Dick, la citazione di Arale (p.93) e la vicina milf pseudoemiliana che dice "santa polenta", serve a mostrarci la casa del protagonista e i suoi cimeli del passato perduto, l'elemento alla base della blanda "continuity" neveriana. Notiamo, tra i volumi, oltre a La storia infinita e il Signore degli Anelli, anche "Il maestro e Margherita". La colonna sonora, altra ispirazione dylaniata, è degli U2, e la Splash Page finale, ben calibrata nonostante un po' troppa melina nella decompressione finale, fa il suo effetto ancor oggi.



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Forse, più che il NN tuttora in edicola, il vero erede di questo NN magari ingenuo in alcuni elementi SF, ma adrenalinico e potente nel segno, è l'Orfani recchioniano più che l'attuale incarnazione del personaggio. Ma non mi spiacerebbe, comunque, vederne un credibile rilancio.