Holy Terror



Spoiler Alert, as usual.

Non avevo voluto leggere "Holy Terror" (2011) di Frank Miller, spinto dalla mole di recensioni negative che ha stroncato l'ultima opera del maestro del fumetto americano. Ma l'amico Marco mi ha passato la sua copia cartacea, consentendomi di apprezzare quest'opera, che è probabilmente più complicata di quanto sembra. La sua comprensione va, secondo me, collocata nel corpus milleriano nel suo complesso.

Composta per il decennale dell'11 settembre, "Holy Terror" si presenta come opera "a la Fallaci", fin dalla cover dove un supereroe anonimo, The Fixer prende a pugni una specie di incrocio tra un tuareg, un fondamentalista e una mummia. 




Doveva essere Batman, ma la DC - non Andreotti, quell'altra -  ha negato i diritti; il colore rossastro scelto per la tuta ricorda anche Devil, il supereroe con cui Miller ha avviato la sua ascesa al successo. Ovviamente, l'Aggiusta-Tutto è vedente, a differenza di Matt Murdock. La violenza del gesto ricorda il pugno alla Captain America contro Hitler nel 1942, ma la sequela di denti saltati lo porta a un parossismo caricaturale, quasi parodistico. Una scelta che sarà costante per l'intero svolgimento della vicenda.

La scritta "Holy Terror" è in perfetta continuità stilistica con la scritta di "300" (1998), la prima opera "occidentalista" di Miller, in significativo anticipo sull'11 Settembre. E' Oriana che ha copiato, non il contrario.

A sua volta, "300" si poneva in continuità, per stile grafico, con il più importante ciclo milleriano, quello di "Sin City" (1991), la città del peccato, un noir durissimo intagliato in un rigorosissimo bianco e nero. Avviato nel 1991, il ciclo di Sin City si collegava alla battaglia delle Termopili in The Big Fat Kills (1995): un poliziotto corrotto viene ucciso per errore dalle prostitute nel loro quartiere, rompendo la legge non scritta per cui esse sono indipendenti ma non devono toccare gli uomini in divisa. 

I mafiosi che controllano il resto della città si coalizzano per recuperare il corpo, con cui potranno ottenere l'appoggio della corrottissima polizia per estendere le loro grinfie sull'unico quartiere indipendente. Tuttavia, le prostitute recuperano la prova dell'avvenuto omicidio conducendo lo scontro in un vicolo stretto (stile Monopoli) dove, come alle Termopili, esplicitamente evocate da Miller, la superiorità numerica non conta.

In "300" Miller riprendeva il tema dandogli una grandiosità letta come "occidentalismo": l'oriente corrotto e decadente di Xerses distrutto dalla virilità super-eroica di Leonida e dei suoi trecento giovani e forti. Ma la connessione col noir di Sin City metteva già in dubbio questa interpretazione, facendo supporre, a un lettore meno ideologizzato, che forse Miller si era solo divertito in un esercizio postmoderno, scrivendo un fumetto storico (il massimo esempio di fumetto proficuo e normalmente di una noia mortale) come un hard boiled dei suoi.

E' più il "300" (2007) filmico di Zack Snyder, venuto dopo il "Sin City" (2005) di Rodriguez principale erede di Tarantino (e in cui appariva la termopili delle puttane),  a confermare questa lettura occidentalista, sulla linea ormai discendente della Infinite Justice (Obama vince le primarie in quello stesso 2007, e l'anno seguente, complice l'avvio della crisi, sconfigge gli eredi di Bush, riportando gli USA all'isolazionismo della dottrina Monroe).

La continuità con Sin City è ancor più rafforzata in quest "Holy Terror": se in "300" Miller aveva introdotto un minimo di colorazione, su cupi toni di rosso, qui si torna al rigoroso B/N, con gli stessi sporadici inserti di colore di Sin City (l'elemento meno convincente di tutta la storia). Anche l'ambientazione è sostanzialmente analoga: una città corrotta e decadente, messa però sotto assalto dalle forze del terrorismo internazionale.

Parlo di "terrorismo internazionale" non per pudore o prudenza, ma perché i messaggi fallaciani di Miller sono abbastanza specchietti per le allodole: apre e chiude con una citazione cattivista del Profeta, e chiude con una dedica a Theo Van Gogh, il nipote del Grande Pittore Moderno per antonomasia, barbaramente ucciso da un fondamentalista islamico nel 2004. Ma in verità c'è poco altro, e i terroristi, a parte qualche riferimento obbligato per seguire la linea prefissata, potrebbero essere terroristi generici. Uno stesso dei terroristi lascia intendere che lo sceicco Osama Bin Laden (ormai eliminato l'anno precedente, nel 2010) è solo una pedina marginale di un gioco più grande; l'uomo che crea la classica bomba-che-distruggerà-la-città è un mercenario irlandese ex-Ira.



Comunque sia, il fumetto inizia presentandoci Empire City, il nome assunto da New York in questa occasione. La statua della Libertà è sostituita con una statua della Giustizia Cieca: riferimento, probabilmente, ad Infinite Justice, ma sufficientemente ambiguo. Vero è che la giustizia cieca è una figurazione esistente dell'archetipo, e in teoria l'accecamento indica l'imparzialità. Ma è anche vero che tale metafora è sempre stata ambigua, e usata spesso a dire che la giustizia è cieca ma l'ingiustizia ci vede benissimo.

Anche parlare di "Empire" City, con citazione dell'Empire State Building, può essere ambiguo, nel sottolineare implicitamente l'Imperialismo Americano che i terroristi di ogni risma, inevitabilmente, accusano. 

Tra l'altro, New York fa propendere più per Devil che per Batman, come già evidenziato sopra: e se The Catburglar è evidentemente citazione di Catwoman, è proprio Miller che aveva donato a Devil una sua Catwoman in Elektra, stabilendo un analogo rapporto sadomasochistico tra i due.




Ad ogni modo, dopo la cartolina di Empire City - la statua così in evidenza, e niente Torri, ci fa capire fin da subito che esploderà - per le prime 34 pagine assistiamo a Fixer e Catburglar che alternano botte da orbi e sesso sui grattacieli (se c'è differenza) con la blanda scusa iniziale - dichiaratamente pretestuosa - del furto di un braccialetto. Il costume di Cat, in guepiere e borchie sadomaso, accentua il vecchio discorso di Miller e del primo Moore: i supereroi come pervertiti, possibilmente SM, come insegna il buon dottor Wertham nel suo "Seduction of the innocent" (1954).

La lunghezza del prequel serve a toglierci ogni dubbio sul fatto che Fixer e Cat sono semplicemente degli amanti di una versione particolarmente estrema del bondage, non eroi e villain nel senso convenzionale del genere. Il che, ovviamente, getta una luce molto diversa su tutto lo sviluppo della guerra al Terrore, elemento che i lettori critici solitamente saltano a piè pari, attribuendolo al limite alla senile incapacità dell'artista.







L'avvio dell'attacco terroristico continua in tono con il mood iniziale dell'opera: un paio di bombe minori, gentilmente offerte dai terroristi per avvertire la città che sta per arrivare un attacco serio, colpiscono in pieno la Catgirl apocrifa prima con un esplosione di chiodi, poi di lamette (che mi taglio le vene). Cat e Fixer si alleano davanti alla superiore minaccia, naturalmente, senza troppi problemi.

La sequenza in cui i volti delle vittime svaniscono sul bianco in minuti quadratini non è male, per quanto scontata. Una comparsata di un simil-Commissario Gordon da giovane (che ci riporta a Batman, effettivamente) e poi di nuovo, da p. 65 a 69, un non-sequitur di nemici dell'America alla rinfusa (tra cui ho riconosciuto il faccione stolido e compiaciuto di Michael Moore). Ma ci sono anche Bush e Condoleeza Rice nella rassegna: a indicare il disprezzo generico, ostentato nel fumetto, per i "politici parolai", indipendentemente dalla pars politica.



All'alba di pagina 80, gli eroi finalmente entrano in azione. Bello il bodycount effettuato agevolando la fototessera dei terroristi uccisi.



Un po' di Guantanamo Bay improvvisata sul momento, ed ecco che il terrorista fornisce le indicazioni per la base del movimento: ovviamente la Moschea cittadina, il posto più impensabile, naturalmente (Miller deve dare un contentino al tema fallaciano).

Ancora una volta, al procedere scontatissimo della trama si intervallano non-sequitur retorici dove vediamo l'occidente perso a guardare film di robottoni, politici parolai (tra cui Kofi Annan, mi pare), lapidatori assortiti ed altre amenità varie.

Fixer ruba una Chevrolet della polizia degli anni '50 per raggiungere la base dei cattivi, mentre un paio di caccia ultramoderni abbattono la Statua della Giustizia con due missili aria-terra.

L'evento dà la motivazione giusta al Fixer, che infiltra Cat in burqua nella moschea (nessun luogo comune da Z-Movie viene risparmiato) mentre lui studia la situazione dall'esterno.




La Moschea sorge sulle fondamenta della città, fondata da una dimenticata civiltà di Antichi, ci spiega l'infiltrata Cat mentre vediamo un trofeo di elmi delle termopili. La continuità simbolica con l'opera precedente è segnata a scapito di ogni residuo realismo, essendo vistosamente la metropoli americana oltre ogni ragionevole dubbio. E ovviamente, i terroristi vogliono far saltare il cuore stesso della città, distruggendola a un livello allegorico prima che reale. L'arrivo di Fixer rovescia però i diabolici piani della furbizia orientale e fa esplodere la bomba ancora all'interno del basamento della moschea, causando la distruzione del nemico.

*

La trama è quindi contenutisticamente irrilevante, imbarazzante ogni dove è possibile, eccetto per il senso del ritmo che è mantenuto invece efficace. L'interpretazione prevalente vede un Miller bollito, accecato dal furore ideologico, perso sul suo blog in dichiarazioni sulla sterilità di Occupy Wall Street.

Curiosamente, il terzo Batman (2012) cinematografico di Nolan, l'anno seguente, traccerà una sostanziale alleanza, in Gotham, tra Occupy Wall Street e i fondamentalisti islamici, con l'aiuto di Bane (un folle farà pure un attentato ispirato al film, copiando pedissequamente una scena già del Batman di Frank Miller). Un film dall'ideologia innegabilmente destroide, ma a cui nessuno nega abilità stilistica.

L'unico modo per salvare Frank è identificare la natura parodistica dell'opera. Un'opzione che a me sembra tutt'altro che impossibile, dato che Miller ha sempre avuto un forte coté di sarcasmo anti-politicamente corretto (di cui ho parlato qui) che ha il suo acme in Lance Blastoff (1997), supereroe dichiaratamente cattivista. Proprio prima, guarda caso, dell'evoluzione/involuzione occidentalista.

A difendere la tesi della parodia voluta, sta a mio avviso, volendo, l'impostazione del bianco e nero semplicemente magistrale. Sotto il profilo grafico, Miller giunge indubbiamente al suo capolavoro monocromatico, e una maestria tecnica di questo livello scaccia e il dubbio dell'opera tirata via, approssimata. Se vi è senilità, è solo dello sceneggiatore, non certo del disegnatore che è ai suoi massimi livelli.

Un elemento curioso, tra l'altro, è che sotto la patina occidentalista, presente già in altre opere, Miller ha sempre dissimulato un'impostazione complottista dei suoi fumetti. In Ronin (1983), la prima graphic novel dell'autore, l'apparente attacco di un demone preistorico era un set-up del computer centrale della megacorporation per aver la scusa di assumere un potere totale e imporre la legge marziale.

Ma se qui la cosa era ancora generica, nel suo Dark Knight (1986) la cosa assume dei contorni pressoché profetici (vedi anche qui). Il piano dell'esercito americano golpista di Reagan per l'imposizione della legge marziale implica l'aumento controllato del crimine, tra cui la scarcerazione di Two Face che compie un attentato alle Torri Gemelle di Gotham, primo atto della commedia. Batman lo sventa, ma poi si insospettisce per le armi militari usate, indaga e scopre il plot, mentre Reagan trama per assassinarlo, complice lo stolido Superman.

In teoria, l'abbattimento delle Twin Towers è un topos in cui Bin Laden si inserisce buon ultimo; l'idea complottista del falso attentato, invece, con specifico riferimento alle torri, è un tema meno ovvio, pre-11 settembre naturalmente.


Possiamo quindi addirittura ipotizzare che Miller, tramite il costante riferimento al suo canone personale, lasci pensare al lettore più accorto addirittura all'ipotesi che le vicende dell'inconsapevole The Fixer sono un inutile dimenarsi su uno scenario già tracciato. E del resto, anche qui, l'abbattimento della Justice Statue, guarda caso, non avviene con le rudimentali bombe shrapnel degli attentatori suicidi, ma con caccia professionali di ultima generazione; e la bomba finale ai volenterosi terroristi quaedisti è fornita da un ex-Ira irlandese divenuto mercenario.

Naturalmente, non ci sono sufficienti elementi per cementare questa lettura: ma per ipotizzare un larvato sospetto, questo sì.