Dylan Dog 228 - Oltre quella porta







LORENZO BARBERIS






Spesso il male di vivere ho incontrato: 


      era il rivo strozzato che gorgoglia, 


      era l'incartocciarsi della foglia 


      riarsa, era il cavallo stramazzato. 





   Bene non seppi, fuori del prodigio 


      che schiude la divina Indifferenza: 


      era la statua nella sonnolenza 


      del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. 







  Ossi di seppia, 1925



"Io me ne vado... io, l'autore di questa e di tante altre storie..." " ... io che ho sognato i vostri incubi, confusi, assurdi, senza inizio né fine..." " chi era quella donna con voi?.. e quell'uomo con la barba?... e quel chirurgo che credeva di essere Dio... o che credeva di essere me?... non mi ricordo... già non mi ricordo più.. sono dall'altra parte..." "il buio... poi un lampo... un bagliore accecante che cresce sempre più, fuori e dentro di me..." " chissà, forse troverò ancora storie da raccontare, infinite storie, in quella luce..."



"Però.. la morte, in effetti, è quasi come me l'aspettavo..." "...anche se ho preferito fermarmi per salutare..." "... e ho lasciato il lavoro a metà..." "..ora voglio vedere cosa c'è dall'altra parte.." "... e se vale almeno una parola di quelle spese per descriverlo..."





(I due finali del Dylan Dog 228)





Spoiler Alert, As Usual.





"Oltre quella porta" (settembre 2005) è uno dei Dylan Dog più particolari mai scritti, specie se consideriamo che non appare su un numero in qualche modo speciale, ma nella anonima continuità della serie. Nelle mani del collaudato duo Barbato-Piccatto, è un gioco metaletterario condotto a livelli eccelsi, che mostra l'abilità di scrittura dell'autrice e il suo punto di vista sul personaggio.





Siamo in quel periodo, oltre le colonne d'Ercole del 200, considerato ormai di decadenza dylaniata, soprattutto dopo la deludente celebrazione gratuita del 224, che aveva giustificato l'aumento di prezzo con un occasionale ricorso al colore. Ricorso sprecato, su una storia di Ruju-Freghieri che (fin dalla cover!) avrebbe meglio funzionato in bianco e nero.





Il vero e innegabile declino, in realtà, inizia definitivamente con la Terza Decade, dopo l'abbandono finale di Sclavi al n. 250. Eppure, sommerso in tanto noir generico - che pure offre qualche perla - spiccano (anche allora) albi innovativi e raffinati. Come questo.





La cover di Stano è perfetta, e mostra la decostruzione di Dylan Dog che avverrà nell'albo tramite l'immagine adatta degli Specchi Infranti.





"Storia molto particolare", da rileggere più volte, pubblicata "con incoscienza" mette le mani avanti il redazionale, mostrando una diffidenza che si palesa anche nella riscrittura del finale, per renderlo più comprensibile. 





In effetti, è però vero che è una delle rare storie di questa fase strutturalmente pensate per la rilettura, con due piani: un primo livello della storia di horrorifico suspense, e un secondo livello metaletterario.





La storia inizia con una barella portata "Oltre quella porta", quella della camera operatoria (p.5). Horror medicale, buzzatiano, tipico di Dylan Dog. Le incomprensibili parole (del paziente, scopriremo) sono quelle che pronuncia l'autore all'inizio di "Misery" di Stephen King.





Il livello metaletterario è subito svelato, anche se in modo criptico. Nella pagina seguente (6) capiamo che, comunque, la frase è una citazione, che il paziente ricorda. Il paziente, ovviamente, è l'autore. L'autrice, probabilmente, Paola Barbato; per altri Sclavi, o l'Autore in sé.





Tutti i testi giocano su questo doppio livello, pur restando la storia leggibile senza piano metaletterario. A p. 8 arriva Dylan, giunto al capezzale della persona misteriosa, che subito pensiamo poter essere l'amico Groucho. La riflessione sulla bellezza di Dylan, di cui ci accorgiamo quando è perduta, può essere rimando al declino della serie; così come il fatto che Dylan "non si è mai accorto di nulla" (p.8).





Nella prima delle "sequenze oniriche" del paziente, Dylan chiede di esser lasciato andare, ma l'Autore rifiuta, nonostante D.D. si senta ormai stanco. La riflessione che prima o poi ci si separa sempre, a p. 13, pare rimandare all'abbandono dell'Autore di Dylan alla sua (nuova) Autrice.





Appare Groucho, che cancella così la prima ipotesi del lettore. La Barbato non lo ama, e per questo lo rende marginale nelle storie. Viceversa rivela di amare Bloch, che ha riscritto nel numero 200, quello che segnava, implicitamente, la transizione (poi mai compiuta, anche credo per lo scarso amore di alcuni fans) dall'Autore all'Autrice.





Il labirinto di specchi, ripreso in copertina, è il secondo incubo, e con una metaletterarietà ispirata a Watchmen per tipo di intrico di scrittura. Ovviamente, gli specchi che mostrano l'irreale sono le vignette della storia, e per coglierne la vera essenza, il piano metaletterario, dobbiamo "bendarci gli occhi", "farci guidare solo dalla voce": ovvero, cogliere i testi senza considerare le immagini a cui apparentemente si riferiscono, e coglierne il senso nascosto.





(Naturalmente, questo non sminuisce in verità il valore dei disegni; se possibile lo aumenta, perché il peso del primo livello della storia viene rivelato ricadere soprattutto su loro: la scrittura è commento che diventa interessante quando apre un secondo livello, altrimenti deve idealmente "sparire", dileguarsi, mascherarsi perfettamente nel disegno che è comunque, ovviamente, opera sia di chi lo realizza che dello sceneggiatore che viene a idearlo).





Qui, ovviamente, in 228, è il livello metaletterario. Ma la Barbato ci vuol anche dire che tutte le storie vanno lette senza tener conto della patina dell'orrore più superficiale, lo splatter comunque indispensabile come mascheratura da Grand Guignol, guardando invece il significato che esse ci vogliono trasmettere. Il fumetto d'Autore, sotto il fumetto d'Orrore (l'autoritratto ingannevole come Medusa, a p. 42, sottolinea questo aspetto). L'essenza, in effetti, di Dylan Dog.





Giunge anche, p. 47, la Fidanzata del Mese, personaggio odiato dalla Barbato, "per quello che rappresenta": non tanto la concessione ad un certo maschilismo da Bond girl, come ipotizzato anche altrove in rete, ma il dolore insito in relazioni vuote alla ricerca della Madre assente, l'eterna Morgana. "Lo facevo per te", dice a Dylan nel suo sogno, "Conosco il dolore almeno quanto te".





Solo Xabaras (p.66 come apparizione, con mezza splash page, non quindi a caso) potrebbe salvare l'Autrice e la testata, ma Xabaras nicchia. E l'Autrice gli comunica che lei spezza il patto, cessa di essere il punto d'incontro tra lui e Dylan. Allusione alla decisione di Sclavi di far cessare l'uso del personaggio, cosa che avverrà con l'ultima storia doppia, della Barbato, per il ventennale.





Per contro, l'aiuto che Xabaras potrebbe offrire all'Autrice, e che lui infine rifiuta, sarebbe comunque un modo di sopravvivere in forma di non-morti, riciclando un senso narrativo della testata che è ormai finito.





E veniamo al finale.


L'ultimo congedo pare in effetti quello di Sclavi, che saluta il personaggio e i suoi comprimari, svelando di nuovo il Reale sotto la maschera della finzione, Bloch-Dylan-Groucho come Padre-Figlio-Fratello, con richiamo quasi trinitario. E non a caso l'ultima pagina è contraddittoria: parla de "L'autore di questa e altre storie", anche se l'autore è un'Autrice. Non può essere ovviamente una scelta casuale: e questo ha portato molti a leggere il finale modificato (non gradito, ed è ovvio, dalla Barbato) come scritto da Sclavi, che così dà l'addio ai suoi personaggi ("Il mal di vivere è contagioso, ed è trasmigrato dalla mia anima alla vostra", dice montalianamente l'autore ai Tre).





La Barbato era più vaga, ma il piano metaletterario è comunque chiaro (p.84). Direi che l'ipotesi più interessante, conciliatrice, è che il morente sia Autore e Autrice, Sclavi e Barbato al tempo stesso, quasi a indicare la transizione, in forma diversa, di una stessa visione del personaggio, che la Barbato potrebbe rivivificare, trovando "infinite storie da quella luce", la luce "Oltre la porta", oltre cioè la Morte dell'Autore, di Sclavi, che "muore al suo personaggio".





In realtà la Transizione Autore-Autrice non scatterà. Il passaggio di testimone definitivo doveva probabilmente essere nel tandem del numero 241-242, con le celebrazioni del ventennale e l'ultima storia di Xabaras ad opera della Barbato, preceduto e seguito dalle Ultime di Sclavi (240, 243, 244), prima della ultima celebrazione sclaviana, il 250.





In verità la Barbato tornerà pochissimo su Dylan: al 279, "Il giardino delle illusioni", storia valida ma non così dirompente, e poi al 292 con "Anime prigioniere", storia intimista accompagnata da Stano, il disegnatore-simbolo, in cui era preannunciata la svolta che ora, sotto la gestione Recchioni, è avvenuta al 338 (per mano di Barbato e Brindisi): il pensionamento di Bloch. Nel 296, tuttavia, "La seconda occasione", tale filone non viene continuato dall'autrice, e il 300 è una stanca celebrazione non innovativa, nelle mani di Ruju, qui non convincente per "la cifra tonda" che deve gestire. La "transizione" quindi è stata bloccata, rinviata al momento in cui può avvenire con una sorta di gestione "consolare" sotto il nuovo curatore Recchioni. 





Un'occasione perduta, dunque, che forse ci avrebbe restituito da tempo un personaggio più vitale.


Ma, comunque, una fantastica storia, una gemma che è sempre un piacere apprezzare.