Dylan Dog 264 - Liam Il Bugiardo









LORENZO BARBERIS





Spoiler Alert





Riletture. Dylan Dog 264, "Liam il Bugiardo", è un interessante albo di Marzano, coi disegni di Piccatto - dove l'autore torinese esplora il passato da Bobby del protagonista della serie. 





Dopo un classico incipit "in medias res", scopriamo che quanto abbiamo appena letto è tutta una storia raccontataci da Liam, che rivendica di conoscere Dylan da prima dell'esordio e di essere stato il suo primo assistente. Intuiamo però che ci troviamo di fronte a un bugiardo matricolato che inventa storie per scroccare da bere. 





Il tipico gioco metaletterario di DYD; perché in fondo, complice la sospensione dell'incredulità tipica del lettore di un horror, alla storia di Liam ci avevamo creduto. Qual è la distanza tra il contafrottole da bar e il più blasonato scrittore?





In verità, come scopriamo, Liam "Liar" Losey (p.24 e p.27: e se Liam suona come Liar, Losey suona come "perdente") ha in effetti conosciuto Dylan come novellino in polizia, e in effetti è stato il suo primo - fallace, ovviamente - informatore. Era l'informatore "del sergente Pinkett", il predecessore di Dylan come Bobby di quartiere: e dato che Andrea Pinketts è un noto autore di thriller (e il nome non è poi così comune) appare rafforzata l'idea di una valenza metaletteraria del povero Losey.





L'irruzione pistole in pugno in una sala bingo di pensionati è in effetti una remota notizia di cronaca, impresa davvero compiuta dalle forze dell'ordine italiane, in un continuo gioco tra realtà e finzione; mentre "l'eredità del Sudafrica" che Liam aspetta da tempi immemorabili richiama una diffusa bufala online.





Una nuova svolta avviene quando scopriamo che il caso in cui Liam ha trascinato Dylan è in realtà il caso di cui narrava all'inizio, un shakespeariano vampiro Kaliban, che non è morto come si pensava. La storia dunque era vera, e non ingannevole.





Giunti al finale, però, scopriamo - com'era plausibile attendersi, con un personaggio tragicomico, ma in fondo più malinconico che divertente, come Liam - che egli è solo uno spettro, e tutta la vicenda è forse solo, appunto, un sogno shakespeariano stile "La tempesta": p.98, la classica "tavola conclusiva" dei Bonelli, mette in discussione la veridicità di tutto quanto narrato precedentemente, ipotizzando il tutto come una menzogna di Liam stesso, che chiacchiera amabilmente con la Morte.





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A mio avviso, una delle storie migliori della cosiddetta "decadenza dylaniata", quella che va dall'abbandono di Sclavi al reload del 325.