Dylan Dog 87. Feste di sangue.





LORENZO BARBERIS.



(Spoiler alert, as usual.)



Inizio questo mio tuffo nel passato dylaniato con questo numero 87, "Feste di sangue", uscito nel dicembre 1993. Dylan Dog era rivolto a un pubblico più maturo di Topolino, ovviamente, e quindi non aveva le solite storie stagionali: questa però è stata una felice eccezione (l'unica altra, simmetrica, che mi viene in mente, su due piedi, è la storia estiva di Recchioni, molti anni dopo).



L'albo è una classica storia media del Dylan Dog dell'età dell'oro: molto splatter, ottimi disegni di Roberto Rinaldi, storia di Claudio Chiaverotti. Su Rinaldi devo fare una considerazione, comune ad altri autori (come Tacconi e così via): come molti altri, l'avevo conosciuto sulle pagine del Giornalino dei Paolini di Alba, rivista cattolica per ragazzi per eccellenza. Era per me ogni volta un piccolo stupore notare che gli illustratori delle edulcorate ed edificanti storie del Giornalino (per quanto di ottima qualità, va detto) diventavano, crescendo, gli interpreti delle "feste di sangue", appunto, di Dylan Dog.



(E non avevo ancora scoperto che Mattioli, l'autore del coniglio rosa Pinky, era anche l'autore di Squeak the mouse e altri capolavori dello splatter-horror underground. Oggi Recchioni sta recuperando autori a 360 gradi, per la Fase 2 di Dylan Dog, e forse riuscirà ad aggiudicarsi una storia di Ortolani, l'autore di Ratman, nel segno del Color Fest, più riuscito, quello comico, dove era apparso Silver. Ma una storia di Mattioli sarebbe forse ancora più prestigiosa.)



Il cinepanettone dylaniato si muove ovviamente nel manierismo sclaviano che, esasperandosi, farà la rovina di Dylan Dog: i barboni buonissimi e povere vittime della società, le multinazionali cattive che li usano per esperimenti genetici. Però il presupposto è usato da Claudio Chiaverotti per un'orgia sanguinolenta di micro-episodi splatter, quelli che avevano causato gli attacchi censori rievocati in "Caccia alle streghe".



Come avveniva una volta, inoltre, l'autore inserisce il doppio piano di lettura, in quanto a questa trama si sovrappone l'odio irrazionale della vecchia per i barboni, che potrebbe essere stato la vera causa della moria orrorifica dei barboni stessi.



La vecchia è un personaggio fantastico, in quanto il suo odio per i barboni non è rovinato da una sfumatura religiosa che di solito si dà, in Dylan Dog, a questi personaggi (la polemica contro la Chiesa Cattiva apparirà in altri , quali le suore, onnipresenti nella Londra teoricamente protestante di Dylan).



Non a caso la copertina di Stano è dedicata alla Vecchia e alla sua inquietante trasformazione finale in una specie di gorgone rovesciata, coi tentacoli che escono non dalla testa, ma da sotto la gonna. Potente uso di un cliché psicanalitico della ginofobia, che ben si associa alla sottile misoginia di Dylan.



Inoltre, all'epoca nella mia classe la vecchia malvagia aveva avuto un particolare successo, essendo perfettamente sovrapponibile (eccetto la tramutazione in piovra) all'aspetto e all'ideologia della mia professoressa di filosofia, orgogliosa figlia della lupa e vecchia maestra elementare anni '50.



*



Comunque sia, l'album si apre nel segno della vecchia strega, irritata dal caos dei barboni alla mensa sotto casa, cosa che la porta a chiedere a Babbo Natale di farle un solo regalo: sterminarli tutti. Una cattiveria così gratuita e genuina, eccessiva fino alla parodia, che mi ricorda i begli Splatter! verso la fine degli '80.



Il barbone Zeus, dio pagano, che ha il vago aspetto di Marx e promette di dare "un grande potere ai poveri" (p.8) contrasta con la santimoniosa mensa cattolica (p.9) dove i poveri dovrebbero ringraziare per le briciole elargite dai ricchi. Con ancor maggior sarcasmo, la torta offerta come dono di Natale contiene le sostanze mutogene che daranno il via all'albo: e in più apprendiamo che Grant Morris, l'incarnazione del Kapitalista Kattivo di questo numero, ha licenziato i suoi operai: metà della mensa poveri è formata da loro (occhieggia sullo sfondo, per tutto l'albo, il suo biondo segretario che controlla la riuscita del piano).



L'albo non lo palesa, giustamente, ma lascia intuire un piano sotterraneo di Morris particolarmente raffinato nella sua cattiveria: licenzia gli operai, così vanno alla mensa dei poveri dove può usarli come soggetto di un esperimento tramite il cibo contaminato.



Julius, il barbone protagonista della storia, viene poi assalito dal primo mutante, e si rivolge a Dylan Dog, "the investigator of nightmare", di cui legge su un giornale (p.19). Ma non avevano un amico che traduce l'inglese, nella Bonelli degli anni '90, a Milano?









Dylan sta ascoltando "Atom Heart Mother" e "The Wall" (p.19), quest'ultimo eccezionalmente indicato per il "comunismo subliminale" che percorre l'albo: più avanti si dirà che chi voleva aiutare i poveri "è stato sepolto da un Muro": probabilmente quello caduto quattro anni prima.



Julius arriva, porta Dylan a Chinaski Lane, evidente citazione del personaggio ricorrente nei romanzi di Bukowski: il suo alter ego ugualmente alcolizzato, misantropo e spostato.



Qui finisce il primo terzo dell'albo e inizia "La rivolta dei disperati". Zoe va a pagare in natura il viscido padrone di casa che minaccia lei e la vecchia madre di sfratto, e lo uccide. Inizia una serie di scenette splatter che dureranno fino alla fine dell'albo, e che ricordano il prototipo di queste splatter story a sfondo sociale: "Gli Uccisori" di Sclavi, il n.5.



Tre simpaticissimi naziskin aggrediscono un barbone per il loro divertimento serale, ma stavolta la cosa non va a buon fine; così un controllore cattivo, che vuol far pagare il biglietto a un barbone salito a scrocco, viene obliterato per la lingua nella sua stessa macchinetta.



Il buonismo delle situazioni viene così redento dall'ironia di Chiaverotti, sia pure amara. Anche il personaggio di Dylan non ne è immune, e in fondo è tratteggiato come un borghesuccio irritato se gli toccano la macchina (p. 46), che vuol fare "la buona azione di Natale", mentre il discorso di Julius, a p. 52, è abbastanza esplicito "chi ha cercato di cambiare le cose è stato seppellito da un Muro".



L'ironia contro Dylan è, sotterraneamente, anche ironia contro il lettore, soddisfatto dal buonismo di un "Johnny Freak" ma in fondo allineato alla società consumistica, di cui lo stesso Dylan Dog è in fondo un prodotto: un prodotto "midcult", che si presenta come prodotto critico contro il capitalismo, ma sempre prodotto.







("The Magdalene Sisters", orso d'oro a Cannes 2002).



La mattina dopo Scotland Yard inizia a indagare: Bloch va all'orfanatrofio dove Nick Hezard ha strappato il cuore alle suore che picchiano la figlia Sarah per ogni minima infrazione. Bisogna vedere se sono le stesse suore della mensa dei poveri: l'albo non lo dice, ma l'associazione farebbe pensare di sì. Come ne "Gli Uccisori", scoppia la psicosi sui media, che cercano di dare una spiegazione "razionale" al dilagare dei mostri.



Intanto continua lo splatter gratuito: il lavavetri che ammazza lo Yuppies, quello che ammazza la bionda in bicicletta che è stata davvero scortese, quello che stermina la famiglia borghese per provare l'ebbrezza della vita da ricchi (e dopo pochi minuti si ammazza di noia).



Arriviamo così all'epilogo, "Il regalo di Babbo Natale", dove, in modo marxistically correct, il Padrone spiega che "i poveracci non possono fare la rivoluzione". Zeus tenta di ucciderlo, ma invano, fermato dal cane Bersiker che, come anticipa il nome, si tramuterà in un berserk sul finale.



Dylan va dalla vecchia, seguendo la falsa pista (falsa?) sovrannaturale. A p.80, mentre sta per entrare in casa sua, una scritta sul muro dice: "Old Won", la Vecchia ha vinto. Cosa che fa pensare, quindi, che effettivamente la vecchia abbia ottenuto il suo desiderio, sia pure tramite la megacorp come si scoprirà dopo.



La vecchia si tramuta in una mostruosa "gorgone inversa", coi tentacoli sotto la gonna, cerca di uccidere Dylan, "amico dei barboni", ma è fermata da Julius.



Finale volutamente appiccicato, la cosa meno convinta e convincente dell'albo: Dylan insegue il biondo segretario (che ha dovuto rubargli la macchina per farsi notare!) e questi, credendolo in pugno, gli fa il classico "spiegone finale" da cattivo di James Bond.



Interessante il fatto che anche la vecchia, pur odiando i barboni, abbia chiesto una fetta di torta, rivelandosi anche lei per quello che è, cioè un infimo membro del Lumpenproletariat, il proletariato straccione, che viva in strada o nelle case assediate dagli homeless.



Julius si trasforma in mostro e assale l'assistente, salvando la situazione (con doppio rovesciamento: è tutta una finta), e in più ha dato al cane Bersiker, come già detto, una fetta della torta, in modo che questi si ribelli a Grant e chiuda l'albo, piuttosto stancamente.



Il fatto però che si dica che "Old Win", la vecchia ha vinto, si somma all'assistente che dice "se preferisci, puoi pensare che la rivolta dei disperati sia un segno divino..." (p. 93): frase raffinatamente ambigua, che a un primo livello può essere un puro sarcasmo da cattivo, ma a secondo livello dare la chiave dell'albo.



A un primo livello, infatti, i poveri sono oppressi dal turbocapitalismo tramite il combinato di licenziamenti e sperimentazioni genetiche, ma il turbocapitalismo è solo strumento del piano divino. In un albo che evoca le feste natalizie, col macabro "regalo di Babbo Natale", può essere un riferimento ad un terrificante piano divino. Uniamo il fatto che le suore, malvagie, cooperano (involontariamente?) al piano diabolico, e la figura divina è richiamata, oltre che dall'occasione del "numero delle feste", anche dalla figura di Zeus e, sullo sfondo, dalla barba inquietante di Marx.



E quindi direi che, con un sotterraneo finale a sorpresa, è davvero il desiderio della vecchia, giunto nella sua perfidia alle orecchie di lovecraftiane divinità del male, ad aver prodotto l'ecatombe dell'albo.



Dio è morto, Marx è morto e neppure Dylan Dog ormai sta più tanto bene: e gli unici barboni bianchi che esistono sono quelli dei clochard ai margini delle strade. Babbo Natale, insomma, non esiste.