Il Vaso di Pandora



LORENZO BARBERIS.

"Il Vaso di Pandora" di Manuela Zanotti, uscito nel 2013 per le edizioni dell'Araba Fenice, è un viaggio tra "i misteri sepolti di una città di provincia"; come recita il sottotitolo. Nella fattispecie, questa città di provincia è proprio la nostra Mondovì: e nel frontespizio del volume è presente, tra l'altro, una citazione da un mio racconto, pubblicato dall'Unione e presente anche sul blog (la terza opera, nel 2013, a presentare una citazione che mi riguarda, dopo l'opera di Renzo Dirienzi e "La stagione degli Outsiders", dove figuravo come una sorta di antagonista.

Mondovì e il monregalese hanno in effetti un loro retroterra misterioso, esoterico, iniziatico, che traspare spesso nelle pagine di molti di coloro che se ne sono occupati sotto un profilo storico, ovviamente più nella forma di strane reticenze che di aperte rivelazioni.

Sotto il profilo letterario, senza escludere più antiche attestazioni, una pietra miliare è indubbiamente "Il Diavolo in Piazza" (1988) di Ernesto Billò, uscito lo stesso anno del "Pendolo di Foucault" di Umberto Eco. Anche qui, abbiamo già un romanzo che va a scavare nei misteri della città, con la scusa di una banale indagine di polizia su un omicidio. Nel caso di Billò, le ondate di maldicenze che sollevano un velo sui misteriosi "balletti rosa" e "verdi" della città restano confinate, appunto, nello spazio del pettegolezzo, se non del depistaggio vero e proprio messo in atto dai veri colpevoli del delitto - che non ha, alla fine, la matrice "diabolica" inizialmente sospettata.

Billò si ispira a un reale fatto di cronaca, di cui accenna nel romanzo, dove nel 1924 due perfide zitelle avevano svelato i misteri della città, mescolando un pizzico di verità con abbondanti dosi del veleno della diffamazione. Su "La Stampa" se ne parla in un articolo sottotitolato "Dalla cartasuga allo spiritismo", in quanto la tesi difensiva delle due attempate ragazze - trentenni all'epoca - fu di aver semplicemente trascritto quanto detto loro dagli spiriti.

"L'interrogatorio della sorella Caterina. 'Di qualche anno più anziana, cammina sulla stessa falsariga.
Circa certe frasi caratteristiche rinvenute nei quaderni, e, secondo l'accusa, ripetute nelle lettere, dice che erano "frasi spirìtiche".  Le due sorelle facevano infatti sedute spiritiche, in cui la Caterina fungeva da "medium".

In seguito, sono venuti i racconti di Silvano Gregoli (1990), dove ugualmente si percepiscono i "colpi del diavolo"; e poi numerosi altre opere, che hanno toccato, in modo più o meno diretto, il sentimento di unheimlich che ispira la città. Su queste pagine ho già recensito, ad esempio, il romanzo di Renzo Di Rienzi, ambientato più sulle Alpi delle nostre zone ma con puntate monregalesi; ed altri esempi si potrebbero fare: tra cui, appunto, Manuela Zanotti, che anche sul "Margutte" ci ha offerto gustosi racconti pervasi di senso del mistero.

Ma veniamo al romanzo. Come per ogni giallo, la difficoltà della recensione è di analizzare il testo senza svelare troppo della trama: che se lo spoiler è fastidioso in ogni testo, nel giallo è micidiale.

L'opera si avvia a Piazza, nel centro storico, negli ambienti di un'antica Mondovì bene, anziani personaggi altolocati  - altoborghesi, se non nobili - ormai sul viale del tramonto, che come ogni pensionato che si rispetti osservano con ironia la vecchia Mondovì che muore dalla ridotta di una pasticceria di pregio di cui sono clienti affezionati.

C'è molto Gozzano in questo turbinare di cabaret di paste che si alterna all'aleggiante senso di decadenza e di morte;  e se in Billò i misteri della città venivano più accennati, qui l'aspetto delle "cene eleganti" viene indagato più a fondo,  e nelle sale dei vecchi palazzi si scoprono versioni ormai degradati degli antichi fasti e degli antichi festini.

Ma l'anziano giudice protagonista non si accontenta del primo livello, scava ancora, e scopre sotto la patina del crimine moderno un sostrato di amori e rancori del tempo che fu. La vicenda tocca anche, a questo punto, la storia di un ipotetico esoterista monregalese, Agenore Achillini, professore di filosofia fascista di idee esoteriche, convinto che a Mondovì possa rinascere il Tempio del Sole dei riti pagani celto-liguri. Achillini è figura di fantasia, ma non sono mancate a Mondovì varie figure cui si potesse ispirare, di cui ho parlato, a vario titolo, nel mio blog. In particolare la figura potrebbe rimandare a Guido De Giorgio, esponente di punta del fascismo ermetico ed amico di Guenon, teorizzatore del fascismo sacro, membro del Gruppo di Ur e fautore del ritorno a bellicosi riti pagani.

La chiusura dell'opera non segue poi la traccia esoterica che emerge un tratto dalle sentine dei palazzi dove si complottano delitti ed orge (gli storici "balli dei patanù", balli nudi, un tempo riti stregoneschi, poi festini alla Eyes Wide Shut) ormai poco iniziatiche; e questo, in fondo, è coerente col fatto che il vero mistero ermetico non può mai essere svelato. Si potrebbe addirittura pensare che, con tratto postmoderno, la Zanotti voglia farci pensare che lo stesso giudice-investigatore, pur spingendosi più in là dei suoi colleghi ufficiali, si fermi comunque a un secondo strato della verità, quella che rimanda alla risoluzione dei vecchi conflitti e delle vecchie colpe giovanili, accontentandosi di questa e non scoprendo, qui sotto, altri misteri che ancora vi sono celati. In attesa che qualcuno, ovviamente, apra davvero il Vaso di Pandora.