Dylan Dog Color Fest 12 - Tra "Color" che sono sospesi





LORENZO BARBERIS.



Spoiler alert, as usual. Ho letto il nuovo Color Fest di Dylan Dog, il primo della nuova gestione di Recchioni, in attesa della "fase 2" che porterà al completo rinnovamento dylaniato.



L'albo poteva risultare eccezionalmente interessante, in quanto, invece di proporre le solite quattro semplici storie brevi, si era scelto il tema degli "eroi", mettendo a confronto Dylan con altri tre eroi bonelliani: Mister No, nato nel 1975 e ormai non più attivo come testata, l'Avventura in senso puro; l'onirismo di Napoleone, la più "autoriale" testata, realizzata in una serie ormai conchiusa da Bacilieri, e il futuro di Nathan Never.



Il presupposto poteva essere buono, anche se personalmente ho trovato poco seducente la cover, in controtendenza con il nuovo corso che ha avuto soluzioni pop per le copertine, molto contestate dai tradizionalisti, ma che io ho trovato particolarmente riuscite, invece (e più consone al Dylan delle origini, che spesso andava verso una scelta pop, all'opposto delle ultime scelte "pittoriche" del copertinista Stano prima del rinnovamento). Particolarmente brutta ho trovato la placchetta "eroi", messa malamente sotto il titolo.









La copertina, di Marina Sanfelice, decide però a dover rendere ragione di tutte le storie contenute all'interno, e lo fa con una soluzione che a me non ha soddisfatto molto, un po' generica e comunque slegata dalle storie dell'albo, non appaiono né piramidi né teschi stregati.







La storia con Mister No richiama Ananga, figura di demone tigrato creata da Sclavi per sue storie su entrambe le testate; l'incontro tra i due eroi avviene con uno sfasamento temporale e si sviluppa come una storia senza infamia e senza lode,









Nella storia del team up tra DD e MM, invece, si vede la mano di Castelli che scrive una delle sue migliori storie ironiche e metaletterarie, una citazione ogni pagina per una struttura che si tiene mirabilmente. Castelli è il postmoderno del fumetto italiano ai massimi livelli, una specie di Eco fumettistico; paradossamente, il primo team-up tra i due eroi, ad opera dei due mostri sacri Castelli e Sclavi (di cui sopra riporto la cover) io non l'avevo amato particolarmente, a parte, in questo caso, l'incredibile cover di Stano, ancora nel suo periodo pienamente Egon Schiele.





Posso dire di ritenere questo il vero team up tra i due eroi; nonostante siano coevi, e quindi incontrabili direttamente, si è scelto anche qui un modo "mysterioso" per metterli in relazione, per coerenza con la struttura dell'albo. E la cosa non mi dispiace, anche se vedo più Myster che Dylan Dog nella struttura, come del resto ovvio se scrive Castelli.















Anche Dylan Dog e Napoleone si erano incontrati sul 42 di quest'ultimo, che ricalcava nella cover il Numero Uno di D.D.. Una storia giocata, anche qui, sull'onirismo tipico di Napoleone stesso, che qui non viene sconfessato. Nel mondo di Napoleone Dylan è solo un fumetto, portato in vita dalla fantasia di un ragazzino: una tesi che non viene del tutto sconfessata da questo nuovo team up (di nuovo, nelle corde "napoleoniche" di Bacilieri), dove Napoleone legge, nell'ultima tavola, una copia di Dylan Dog, che può aver spinto Allegra all'immaginazione, portandola nella "realtà parallela".















Nathan Never si era già incontrato con Mystere in un apposito speciale (anche qui, non esaltante, usando un Mystere robotico, più o meno come avviene per Dylan in questo numero), e con un discendente di Mister No, che nel futuro ha la Drake Enterprises che appare nel numero 7, "La zona proibita".





Questo incontro con Dylan, a parte gli eccellenti disegni di Ivan Calcaterra, mostra tutti i limiti di una certa supercazzola fantascientifica neveriana. In un mondo razionale come quello neveriano (almeno, i primi cento numeri, che ho letto, e tutti i successivi che ho sfogliato) i personaggi accettano senza ombra di dubbi l'esistenza di "tecnomanti" che coniugano magia e tecnologia; Dylan Dog viene clonato, perfetto, per estrapolazione dalle pagine del suo diario, e così via.





Insomma, un numero "neveriano", ma degli aspetti che meno apprezzato del detective futuribile, che pure nei primi numeri aveva avuto storie più che apprezzabili.





*





Insomma, con i limiti che non ne fanno l'evento che poteva essere, comunque un albo interessante per gli appassionati bonelliani, che stabilisce un continuum che collega in modo più saldo le principali serie della casa editrice.





Siamo in tempi di crossover, perché negli stessi giorni, sul numero di "Orfani" di Recchioni in edicola ("Bugie e pallottole") la nuova miniserie di SF è stata messa in continuità con la miniserie di Medda, "Caravan", ormai conclusa.





Una concezione timidamente più "americana" della Bonelli, con l'idea di un cosmo unitario in cui gli eroi possono incontrarsi e fare squadra. Un prossimo team up di Dylan Dog, infatti, nel nuovo corso, sarà quello con Dampyr, il coevo cacciatore di vampiri.





Una possibilità di creare una ragione d'interesse per il lettore e fare cross-marketing tra testate diverse, che però andrebbe forse meglio sfruttata. Il dubbio principale, per me, è la modalità di mettere in continuity il cosmo di Dylan Dog e quello di Nathan Never: infatti, anche Dylan Dog ha un futuro prossimo in cui si verificherà l'Apocalisse Zombie, oggetto di un riuscito ciclo di storie di Billotta. Sarebbe stato affascinante vedere un salto mortale carpiato per trovare un modo di coniugare i due futuri, che invece così stridono inevitabilmente.





Sarà per il prossimo team up bonelliano. Se mai arriverà.