RegiNeogotiche









LORENZO BARBERIS.



Si è inaugurata sabato scorso, a Mondovì, una mostra di estremo interesse, inserita all'interno del progetto triennale CuNeogotico (la N è rovesciata...), volto a esplorare il rapporto tra l'originaria matrice gotica dell'arte del cuneese e le rinascenze neogotiche, dall'Ottocento ai nostri giorni, che si sono intersecate sul territorio piemontese (e non solo).



Il progetto, appoggiato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo e curato da Enzo Biffi Gentili, era stato introdotto da una presentazione nel 2013, e in questo 2014 si segna in particolare per questa esposizione, che si svolgerà a Mondovì Breo, nella ex-chiesa di Santo Stefano, dal 12 aprile fino all'11 maggio 2014.



L'artista è Titti Garelli, pittrice e illustratrice di grande talento, insegnante di illustrazione presso l'Accademia di Belle Arti di Cuneo, ha sviluppato nel corso degli anni una vasta ricerca sulle sue piccole "regine neogotiche": fanciulle dall'aria ieratica e regale, che fissano l'osservatore con un talvolta inquietante distacco e superiorità.








Balthus, Therese



Viene da pensare, per certi versi, alle impenetrabili ragazzine di Balthus, accomunate da qualcosa nell'espressione di noia signorile; ma qui la posa è sempre rilassata, distesa, di molle abbandono su un letto, una poltrona, una spalliera; le Regine di Titti Garelli sono invece erette, rigide e rigorose, in posa come appunto qualche santa regina in una icona gotica medioevale.









La ricchezza e precisione maniacale con cui viene tratteggiato il loro ritratto rimanda sicuramente alla tradizione neogotica, dall'Ottocento in poi, che di tale minuziosità ha fatto pressoché un marchio di fabbrica. Ma la precisione invece nella corrispondenza tra la regina e la costellazione di simboli che l'adorna rimanda invece propriamente alla tradizione gotica. La regina Albese, ad esempio, risulta adornata delle uve della sua terra, mentre regge in mano una bottiglia di vino, adornata di una collana di pampini di un vigneto autunnale, con cui s'incorona anche la testa, come una novella Bacchina.







Il fondo delle opere è quasi sempre di un nero assoluto, primigenio, associato immediatamente alla cultura "dark" dall'orrore ottocentesco in poi: ma talvolta ad esso si sostituisce invece il fondo oro, che estrania le Regine in una dimensione ancor più metafisica, di nuovo: più gotica ancor che neogotica, come in questa damina con l'ermellino sovrastante.







Il fondo oro, certo anche gotico, mi rimanda per certi versi ancor più indietro, a quella che è forse il modello assoluto della regina medioevale, ieratica e distante: l'Imperatrice Teodora di Bisanzio, immortalata in un celebre, ricchissimo mosaico presente in pressoché tutte le storie dell'arte. Ovviamente il segno è profondamente diverso (non potrebbe essere altrimenti), ma quella distanza scostante e al tempo stesso seducente, la ricchezza assoluta del decoro, la stessa evocazione inquietante che richiamano Bisanzio e Teodora in particolare, per i suoi costumi perlomeno singolari, hanno forse qualcosa in comune con le regine della Garelli.







E veniamo a quella che è la più significativa delle Regine, per questa mostra monregalese: la Monregaleisa, la Regina che Titti Garelli ha pensato apposta per Mondovì. Anche in questo caso, Titti Garelli è andata a scavare in profondità nel tessuto gotico del Monregalese, ricchissimo anche se meno noto di casi più celebri, come il castello della Manta di Saluzzo.







L'ispirazione è venuta quindi all'autrice dalla Lussuria così come è effigiata nella cavalcata dei vizi nella chiesa di San Fiorenzo presso Bastia Mondovì. La Lussuria assume l'aspetto di una classica "cortigiana" gotica, nell'uso e nel costume di quel '400 periferico e ancora medioevaleggiante del cuneese. Una prostituta però signorile, riccamente vestita, che mostra la gamba nuda, con calza rossa e vezzose scarpette bianche a punta, ma che possiede un pregiato (e illusorio) manto candido signorile. Come tipico nella figurazione medioevale, la Lussuria si specchia in sé stessa, come la Vanità; il cappello alto e sottile rimanda alla Mitria, che era spesso associata alle prostitute, pur essendo anche, al tempo stesso, il copricapo vescovile e pontificale.



Questa sovrapposizione rimanda forse alle radici profonde di tale simbolo, che risale ai culti babilonici, dove i sommi gradi sacerdotali erano spesso ricoperti dalle Ierodule, le Sacre Prostitute che si concedevano al Dio sulla sommità della Ziggurat, nella stanza più segreta. Un'origine comune, quindi, per un simbolo sacrale ed erotico insieme, che diviene paradossale quando, con il medioevo, sacralità ed erotismo apparentemente divergono.



Già nell'Apocalisse la Sacra Prostituta diventa la Grande Babilonia, simbolo di ogni corruzione, probabilmente allora associata con Roma; nell'età medioevale, ella diventa la chiesa corrotta di un papato spesso simoniaco, probabilmente anche per l'ambiguità di quella Mitria pagana.



Titti Garelli riprende con precisione e colta consapevolezza il simbolo, arricchendolo di nuove sfumature e significati. Lo sfondo nero, qui, ne evidenzia la matrice neo-goth, dark, cupa e oscura, e fa rimarcare il pallore delle carni e del copricapo, nella sua illusoria promessa di purezza. Lo specchio rafforza la sua natura di simbolo di caducità, di vanitas vanitatum, con la presenza di una mortifera Acherontia Atropos; notiamo inoltre che la fanciulla non si specchia ma, con mossa acuta, raddoppia il suo fascino mostrando all'osservatore anche il profilo nascosto, per mezzo dello specchio.



Le catene che porta al collo, e che nella cavalcata dei vizi sono simbolo dell'avvenuta sottomissione del vizio nell'aldilà e della sua condanna eterna, qui divengono simbologia più ambigua, arricchendosi di un collare a spuntoni, tipico di certa estetica punk o anche sadiana: non più chiaramente sottomissione, ma anche simbolo di dominio e aggressività.



E queste sono solo alcune delle opere che si possono ammirare nell'esposizione di questo mese, con la possibilità di cogliere dal vivo la maggiore potenza visiva di tali opere e molte altre, cogliendo probabilmente cento altri piccoli dettagli che qui non si è riusciti ad evidenziare, e che spesso emergono solo a una seconda "lettura".



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Titolo: Titti Garelli. Le regine neogotiche



Sede: Chiesa di Santo Stefano, Mondovì



Date e orari di apertura: 12 aprile – 11 maggio 2014;

ven. ore 15.30-19; sab./dom. ore 10-12.30 / 15.30-19.



Ingresso: libero