Dylan Dog Color Fest 13


LORENZO BARBERIS

Spoiler Alert.

Il Color Fest numero 13, il primo del Rinascimento Dylaniato, ancora a poco dalla sua fase definitiva, che inizierà solo col 337, "Spazio Profondo".

La cover è oggettivamente magnifica, e qui vi è una accurata descrizione della genesi, con ricchezza di altre ipotesi:

http://www.lrnz.it/dylan-dog-color-fest-cover

Forse avrei preferito addirittura l'azzardo del "Color Fest in Bianco e Nero", come copertina, secondo quanto affermava, in tono derisorio, un noto critico fumettistico ("basta con queste sperimentazioni, vi manca solo il Color dedicato al bianco e nero...").

Anche qui comunque, nonostante le sfumature crema, siamo dalle parti del monocromatico.

Peccato per le scritte, ancora quelle naif della prima gestione. Se sono scettico, personalmente, sulla paventata idea del restyling del logo della serie regolare, giustamente pop nel suo bicolore, qui ci vuole un alleggerimento indubbio.  La grafica pop ma sobria del logo si appresantisce dei bollini e degli strilli a punto esclamativo, del "color fest" scritto in colori dell'arcobaleno che neanche un powerpoint del '93, e la cosa stride ancor di più di fronte a immagini artisticamente raffinate come quella di questa cover. Aspettiamo quindi la fase 2 e il restyling.

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La prima storia si affida ad Ambrosini autore completo, come già il numero 325, il primo della "rivoluzione".

Storia potente, come sempre quelle del creatore di Napoleone, che unendo disegni e testi nelle sue stesse mani riesce in massimo grado a dare a Dylan quelle potenzialità di "fumetto popolare d'autore" che gli sono congenite.

Prima tavola decisamente forte, con il minotauro intento al pasto umano, a tutta pagina. Poi vediamo quello che appare un Dylan invecchiato, sposato con una donna con una stella sul volto: Arianna (la stella rimanda forse ad Aster, essendo Asterione il nome del Minotauro, di lei fratello).

Con un doppio flashback scopriamo come Dylan è giunto in loco e ha conosciuto Arianna, nel vano tentativo di combattere il Minotauro.

Ritroviamo quindi il vecchio Dylan, in compagnia di Groucho, che cerca di ricostruire la sua vita passata, di cui ha ricordi. Il minotauro infatti ha imprigionato Dylan nel labirinto dei ricordi (a p. 26 fanno una fugacissima comparsata anche Morgana e Xabaras; a p.33 anche Fric). Il minotauro alla fine infrange il vetro e Dylan torna a Craven Road dove ritrova Arianna: è davvero fuori dal labirinto?

Una storia onirica come poche, con cui Ambrosini gioca addirittura con i grandi archetipi sclaviani del 100, in un simile gioco di allucinazioni e sogni incastrati in quel sogno allucinato, sembra dirci, che è già la vita di Dylan alla ricerca del suo morganico passato.

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La seconda storia segna il ritorno di Chiaverotti, lontano dalla regolare addirittura dalla 205. Il ritorno è con un altro classico sclaviano rivisitato, "Goblin", purtroppo il simbolo dello Sclavi da noi meno amato, quello del più sterile animalismo, che qui Chiaverotti interpreta benissimo e quindi, ahinoi, malissimo, nel segno della più vieta antropofobia sclaviana.

Molto belli invece i disegni di Armitano e Furnò, che date le dovute condizioni potrebbero osare ancora di più, probabilmente, nell'elegante sperimentalismo grafico che traluce da alcune tavole.


La storia della Barbato, altra colonna storica della serie (con questo trio, sono apparsi i tre grandi "eredi mancati" di Sclavi...) si profonde in una storia piuttosto tradizionale, che non mi ha convinto appieno. La Barbato, che amo molto come autrice, la preferisco nelle tradizionali cento pagine o ancora qualcosa in più, dove ha modo di vivisezionare a dovere le psicologie dei suoi personaggi. Sulla distanza breve non sempre la trovo convincente, non qui, ad esempio. I disegni di Burchielli, i più tradizionali, non sono così serviti da una storia adeguata. E dire che il castello di statue, all'inizio, pareva anche graficamente vincente come scelta.

Chiude Accattino per i disegni di Sicomoro e Robustelli. Per l'autore di Torino di nuovo una storia ben congegnata, un grande classico dell'orrore che però si sposa perfettamente con i disegni nervosi e moderni.

Insomma, nel complesso un Color ancora di transizione, ma indubbiamente convincente per quanto riguarda l'accelerazione impressa alla sperimentazione grafica, che sul colore può dare davvero grandi soddisfazioni.

Sul B/N, infatti, i grandi maestri del passato hanno già detto molto, per quanto non manchi lo spazio per nuove leve e le loro letture dell'eroe. Ma il colore è una novità recente, di tempi più cauti, su cui quindi si può molto sperimentale.

Staremo a vedere, col prossimo Color, l'anno prossimo, il primo della rivoluzione pienamente compiuta.