Chairs





LORENZO BARBERIS,



Interessantissima mostra al MIAAO di Torino in questi giorni, inaugurata non a caso la notte delle streghe, il 31 ottobre scorso, ad Halloween; una rivelatoria esposizione delle "Sedie", sculture ferree dell'artista Franco Ferrero (realizzate materialmente dall'artigiano Cesare Dellavalle di Bra), a cura di Enzo Biffi Gentili con Lorenza Bessone.







Franco Ferrero - nato a Torino nel 1951, ma operante a Bra - è nel 1992 tra i promotori degli Eredi Brancusi, gruppo artistico che, dopo l'esordio nel 1995 con la personale presso la Galleria di San Filippo Neri a Torino, realizza a Pocapaglia, nel Cuneese, un Cimitero Immaginario (1999) dove sono sepolti note figure della letteratura mondiale (ad esempio, qui sopra, Dorian Gray). Nell'arco di pochi anni le tombe vennero in gran parte sottratte, a riprova in fondo dell'influenza dell'operazione nell'immaginario collettivo, e della nascita di un certo culto di milieu di questa brillantissima installazione, tale da spingere alcuni fans anche al reato pur di impadronirsi di un frammento.







Dopo il 2003 la presenza del gruppo si era diradata, per riprendersi con Il Cuneo Gotico (2014) a San Francesco a Cuneo. L'installazione, una tomba immaginaria di Darth Vader, il "padre oscuro" di Guerre Stellari, riprendeva anche come aggetti laterali della tomba due sedie di Ferrero, sedia presente anche in questa esposizione.



Ora questa personale "a solo" di Ferrero, che amplia ed accentua tale matrice gotica, rivelandone anche le radici profonde: le sedie infatti datano dal 1984, come evidenzia anche il titolo della mostra che ne celebra il trentennale: prima ancora del lavoro sul Lascito Brancusi, dunque, e fin dall'inziio rivelano uno spirito di fondo goticheggiante.







Una delle più precoci Sedie in mostra, ad esempio, è questo "The Raven", del 1987, in cui l'animale psicopompo per eccellenza è evocato tramite la triplice ripetizione di una nera falce lunare come elemento strutturale e grafico delle zampe della sedia e dello schienale/duplice testa dell'animale, come un'Aquila d'Asburgo. L'aggressività di questi aggetti spigolosi è ancora frenata, e non si rivolge qui ancora al sedersi (e al sedere) dell'utilizzatore: ma in altre sedie questa carica distruttiva si accentuerà.











Già in "Axes" (1992) o in questa sedia con falce, un elemento esteriore minaccia il sedente come una spada di Damocle, sia la scure del Boia o la falce della morte che aleggia costantemente dietro ognuno di noi. Elemento aggressivo, dunque, ma in cui non è ancora la sedia stessa a divenire oggetto mortifero e distruttivo, volto a dilaniare le carni del malcapitato utilizzatore finale.









"Chairs" infatti ha una doppia valenza, anglo / francese: nella lingua di Albione significa Sedie, ma la meno immediata lettura francofona ci rivela: "carni". Freud ha scritto volumi sulla valenza psicanalitica del motto di spirito, e anche in questo caso il calembour è rivelatore di una tensione che si direbbe, in molti casi, intenzionalmente edipica.



Per esempio, la sedia in copertina (riprodotta nuovamente qui sopra) è intitolata col gioco di parole forse più brillante tra i molti eccezionali della mostra: "Pére, La Chaise".



"Padre, la sedia", una sedia offerta al Padre che diviene, fin dal nome, un invito ad andare al celebre cimitero parigino, oltre che un rimando a numerosi obelischi tombali di marca egiziaca.



E infatti la sedia è una Culla di Giuda, come molte opere nella mostra: la sedia inquisitoria a forma di piramide usata dall'inquisizione per le sue torture.



Una piramide però qui più appuntita di quella dei cari domini canes, fino a divenire strumento non di tortura ma di morte, come la pratica, già romana e poi in gran voga nel medioevo, dell'impalazione. Direi una tensione intermedia tra la perfetta piramide "egizia" degli inquisitori e il segmento di linea retta del supplicium romano.



Uccidere i padri, dunque: ma il rimando al Pére Lachaise, cimitero meta di pellegrinaggi devoti per eccellenza, da Abelardo ed Eloise a Jim Morrison (cimitero citato dai Brancusi in Pocapaglia, ovviamente), indica forse che questa morte è solo apparente, e il padre, come simbolo, continua ad operare.







Tale elemento aggressivo ritorna anche nell'Autoritratto, fattore reso più marcato, in questa mostra, dall'uso di un carciofo come elemento centrale della sedia; cosa che sottolinea la valenza personale, freudiana di queste "sedie aggressive".









Vi è poi anche un doveroso omaggio al più famoso propagatore di tale concezione sadiana della sedia, Vlad Dra-Cul (grafia originaria della mostra, ovviamente non casuale) detto anche L'Impalatore, il quale con l'efferata crudeltà con cui puniva i nemici infedeli ha contribuito alla creazione del proprio mito quale capostipite della genia dei Vampiri.







Non mancano in realtà anche sedie, come "Daria" (2002), dall'aspetto femminile (la sedia in fondo è in partenza elemento accogliente, femmineo, surrogato del ventre materno, e proprio questo rende più unheimlich il rivolto aggressivo e maschile), ma anche qui non manca un, meno marcato, elemento di taglio nella falce lunare posta ai piedi della mandorla di gomma, due simboli associati al femminile da Isis in poi (e, soprattutto, nel cristianesimo, nel culto mariano).



Forse quindi le Sedie di Chairs non sono da intendesi come Sedia ma come Sedile di tipo maschile: "Stallo", è stato proposto, con un nome che evoca anche un blocco, uno scacco freudiano.














 "Money" (2006), ad esempio, richiama il "cavallo di legno", che non è solo un gioco per bambini (evocato dal dondolo sottostante) ma una variazione nel campo delle torture medioevali. Il cavallo del principe azzurro, come leggiamo sulla Golden Card, in grado di aprirgli tutte le porte, e quindi strumento della sua vincente aggressività. Il denaro quindi è potere, ma questo potere può divenire un arma, appunto, a Doppio Taglio: quindi, ancora una volta, uno stallo, sembra suggerire l'opera alle aspiranti Cenerentole all'ascolto.



Una mostra quindi notevole quella del Miaao, con cui Biffi Gentili continua la sua indagine del rapporto tra Arte e Design; e che, per noi cuneesi, getta anche una luce poco rassicurante sul CuNeoGotico, fornendo una possibile - e certo gotica - interpretazione del poliedrico titolo della mostra.