Antonio Rubino





LORENZO BARBERIS



La visita a San Remo di queste vacanze di Natale mi ha permesso di ammirare dal vivo un buon numero di opere di Antonio Rubino, uno dei primi e più importanti illustratori italiani.



Esaminando le sue opere mi sono anche reso conto di un certo gusto ermetico che pervade le sue illustrazioni. Nel ritratto sovrastante (penso degli anni '30: l'artista dimostra tra 50 e 60 anni) egli si dipinge, tradizionalmente per un disegnatore, coi suoi personaggi; vediamo però che egli è vestito elegantemente in nero, i capelli imbrillantinati, e agita la sua matita-bacchetta come un prestigiatore. Ma in altre immagini il riferimento ermetico è ben più visibile.









Nato come Antonio Augusto Rubino nel 1880 a Sanremo, la leggenda lo vuole capace di recitare a memoria il canto terzo della Commedia già a 4 anni, senza leggere, compulsando al contempo le meravigliose tavole di Gustave Doré.



Il 1 aprile 1901 ("data fatidica") inizia la sua attività autoriale come pittore e scrittore, con un articolo "Un artista fantastico" che per la prima volta ne riconosce il valore autoriale di testi e disegni. Wiki parla di un inizio di attività nel 1902, ma anche nel succitato documento del 1953 Rubino colloca l'avvio della sua attività professionale "con l'inizio del secolo", come molti "ermetici" che amarono collegarsi al '900, il XX secolo.



Freud retrodata la sua opera, "L'interpretazione dei sogni", al 1900; in vario modo Apollinaire, Crowley ed altri cercano di intestarsi il "secolo nascente", il Nuovo Eone. Rubino pone il suo inizio nel Mens Aprilis (mese di inizio per eccellenza) del 1901, il primo vero anno della Nuova Era.









Ascritto semplicisticamente al Liberty floreale, Rubino rivendica con ragione, nel testo sopra, "ideogrammi" suoi, diversi dai "criptogrammi" degli altri: specie questo termine ci evidenzia la sua volontà di creare "segni ieroglifici" nel senso ermetico del termine. Pittura e scrittura sono per lui la stessa cosa, come in questo suo Motto scritto e figurato. Il punto interrogativo scritto-disegnato mostra la natura enigmatica della sua arte.








1902 c.








1903 c.




La sua prima ricerca pervenuta risale infatti al periodo dal 1901 al 1905 (eventuali esperimenti pregressi, alcuni pare compiuti dal 1898) ci rimandano lo studio su "dignitari cinesi" che appaiono invece come figure aliene, demoniache, da inferno lovecraftiano, corredate da tanto di ieroglifici niente affatto cineseggianti, in cartigli come i nomi faraonici, e connessi a bacche e funghi che rimandano ai più noti allucinogeni naturali.










1904 c.





Tema diffuso è quello Lunare, che ha fatto definire una sua recente mostra "Innamorato della Luna": antica devozione egizio-isiaca, non priva di elementi di crowleyana magia sexualis. Questo obelisco in onore della Luna e delle Stelle (l'antica Isis / I-star) ha evidente forma fallica, anche se non è un fallo vitalistico ma mortifero, con testicoli teschiformi e rilascia un fumo cinerario.













Il suo primo lavoro "professionale" esterno è l'illustrazione del baudelariano "Albatro" di Colantuoni, per la cui copertina realizza il disegno di una nave (ulteriore citazione della lirica del simbolista francese).





Immagine elegante, ancora convenzionale, ma con i due alberi maestri che si allineano a due stelle a sei punte, diventando quasi, volendo, due Colonne iniziatiche, senza scomodare per forza Joachim e Boaz, tra cui l'Albatro-Poeta pare essere appena passato. Non sappiamo in Colantuoni, ma visualmente questo elemento contraddice Baudelaire e le sue ali troppo pesanti per levarsi in volo una volta caduto sul pontile. Per Rubino l'arte è strumento di elevazione, non peso-condanna.










L'anno seguente (1906) sono numerosi i lavori per cover librarie, tra cui questa di Carducci non è tanto la più prestigiosa, del poeta-vate a un anno dal Nobel, ma la più immaginifica ed esoterica, con il triplice fungo fallo allucinogeno che si accosta al teschio mortifero su cui si regge eros, per scagliare al cuore una freccia mortale. Una ripresa, più dissimulata, della Colonna-Fallo del 1904 c.










1907





Con le cover del Giornalino della Domenica (1907) inizia l'avvicinamento all'arte "infantile". Non mancano immagini però di potenza immaginifica tutt'altro che infantile. Il ranocchio che canta alla Luna è il poeta devoto di Isis, ma il suo aspetto parzialmente antropomorfo rimanda quasi ad elementi lovecraftiani di culti rettilici dei Dagon, mentre continua l'evocazione mortifera dell'arpa intrisa di ossi di morto.









L'anno dopo Rubino partecipa alla fondazione del Corriere dei Piccoli (1908), alfiere del fumetto sia pure rivolto "ai fanciulli" in apparenza, di cui nel realizza la celeberrima testata, stando alla Treccani. Vi lavorerà per oltre cinquant'anni di lunghissima carriera; in un autoritratto di quest'anno si nota il simbolo della svastica sinistrogira teosofica, simbolo comunque dalla valenza ermetica non così comune nell'Italia di allora. Nelle precedenti firme non appare tale simbolo, che sparirà di nuovo, pare, dopo il 1910.








Nel 1909 egli crea un suo personaggio, "Pierino e l'odiato burattino", in cui un bambino viziato tenta di liberarsi di un odiato pupazzo che però, come dotato di vita propria, torna sempre indietro.



Il modulo narrativo è quello tipico di quegli anni, ma Rubino riesce a dargli una inconsueta forza inquietante, che in certi tratti ricalca il tipico horror della bambola infernale, tema classico (la marionetta, priva di vita ma viva, è inquietante per definizione) e poi ampliato ad infinitum nell'orrore moderno.



I comics, tra l'altro, soppiantano in questi anni le marionette come divertimento popolare-infantile (il colpo definitivo verrà dall'animazione televisiva); quindi, la citazione dell'odiato burattino cancellato e ritornante ha un significato simbolico. Aggiungiamo che Rubino era nato nello stesso anno di Pinocchio, il 1880, circostanza che sicuramente, dato il suo lavoro, avrà notato.







Più noto e più ricco di valenza simbolica è "Quadratino" (1910), in cui Rubino profonde numerosi simbolismi geometrici dal sapore quasi pitagorico, tra cui spesso, come qui, visualizzazioni fantasiose della svastika che aveva associato teosoficamente al proprio ritratto.











Nel libro illustrato dedicato a Pippo Sizza Aviatore (1910) il viaggio aereo è la scusante per un viaggio mistico in templi esoterici vagamente "illuminati" in alcuni tratti.







In questo mortifero bianco e nero Rubino riesce anche in immagini in grado di far concorrenza al decadentismo di Bearsley, ancor più inquietante in un autore comunemente "per ragazzi".







Non mancano opere "anticlericali" come la cover di questo libro sui "Misteri del confessionale" dove torna, accanto alla A.R., il simbolo teosofico della svastica sinistrogira (ciclo della vita, opposto a quello della morte che sarà poi la ripresa nazista del simbolo). Già nell'anno seguente notiamo la scomparsa di questo simbolo dalla firma, che a quanto pare non ritorna più, pur restando diffusi temi inquietanti e vagamente ermetici.













1911





La raccolta di versi del 1911 resterà un Unicum nella sua produzione, rassegnandosi poi al prevalere del poeta. Il teschio serpentinato in basso, i globuli oculari lovecraftiani in alto, i funghi e i batraci allucinogeni danno un volto inquietante alla sua musa che apparentemente offre solo i convenzionali preziosi (rubini?).










Sono gli anni in cui si avvia anche la sua fantastica, surrealistica pittura, con decine di capolavori misconosciuti in parte riscoperti da cataloghi locali, ma che meriterebbero una ripresa nazionale come quella - meritoria - di Pazienza, Pratt e degli altri grandi.









Nel 1912, mentre elabora altre sue note figure, realizza anche questo meraviglioso Bibliomane che è una sorta di addio alle velleità letterarie. Il bibliomane trafigge al costato, con uno spillone, una bellissima farfalla antropomorfa posta "a crocifisso". La farfalla antropizzata è sempre, in Rubino, simbolo dell'ispirazione artistica come scintilla divina. La bibliomania uccide l'arte, che si esprime invece liberamente negli ieroglifici visuali dell'autore.







Nel 1913, forse a seguito di questo riflusso, Rubino crea la prima serie a fumetti italiana, Il Collegio La Delizia. Un mondo rovesciato in cui la cultura è disprezzabile e in un collegio che cita, forse, il Garden of Delights di Bosch (altro cosmo pittorico rovesciato), si insegna intenzionalmente l'ignoranza. Le vicende, per la prima volta, hanno una evoluzione, con una paradossale ribellione di parte dei fanciulli in favore dello studio. Non è però moralismo, ma gusto del paradosso, perché non vi è senso morale nei ribelli ma puro gusto della sovversione delle regole che, per assurdo, porta a restaurarle.









Nel 1914 l'avvio delle vicende belliche avvicina Rubino al fronte interventista, cosa non strana dato il suo gusto sottilmente mortifero, e nel 1915 conia Italino, opera di propaganda smaccata con il classico "Balilla" italiano, adorabile teppista da strada che incanala la sua voglia di violenza mascherata da brillante goliardia nell'attacco all'autorità austriacante delle terre irredente.









Rubino è consapevole dell'operazione che va compiendo, e riesce a rarefarla e perfezionarla in Abetino (da molti dato erroneamente come Aretino) e Piombino (1917), che narra la lotta del buon regno del legno (un residuo di Pinocchio?) italico (anche, volendo, la Carboneria come Massoneria del Legno) contro il Regno del Ferro di stampo prussiano-austriacante, in una sorta di precoce fumetto steampunk.









Nel 1918 nasce La Tradotta, alla cui fondazione come giornale di trincea partecipa lo stesso Rubino. Anche qui: a fianco di immagini più propagandistiche, ve ne sono alcune di pura estetizzazione della guerra, come la sovrastante.













Chiusa la guerra e quindi La Tradotta (1919), Rubino torna a tradizionali fumetti per ragazzi con Caro e Cora (1919) e col più creativo Viperetta (1920), piccola peste solo al femminile che esplora la superficie lunare (dal nome vagamente rettiliano, tra l'altro).



Per il resto, il Rubino postbellico è più un manierista di sé stesso: dopo l'esperienza bellica, il fumetto infantile convenzionale, si vede, non lo soddisfa più. Crea vari personaggi inoffensivi sulla scia di Caro e Cora, ma si vede che ambisce a qualcos'altro. Anche per lui, come per molti, questo Altro sarà un Uomo della Provvidenza.







Il fascismo infatti pone fine al "biennio rosso" nel 1921 con la violenza e nel 1922, con la Marcia su Roma, prende il potere assoluto. Subito nasce l'esigenza della propaganda, e nel 1926, proprio con Rubino prestigioso direttore, il fascio littorio fonderà il Balilla, rivolto alle giovani leve, con Dado Balilla riedizione fascistizzata dell'Italino antiaustriacante. Alcune tavole sono interessanti, in quanto mostra la volontà di un Nuovo Ordine Europeo, sia pur velleitario, già prima del nazismo; tratti di futurismo appaiono nella sintesi ormai astratta e geometrica, oltre il liberty (anche se meno seducente), probabilmente adeguata ai nuovi canoni futuristi: la vediamo  negli uomini dell'Ordine, e nella presenza di un robot tra le fila dei giovani fascisti.









Rubino fa ovviamente anche altro: del 1927 è ad esempio il suo celebre ritratto posto in cover, nel suo stile tradizionale; nel 1928 "L'arco dei sette colori", lavoro grafico in cui davvero può esprimere tutta la sua verve creativa in un segno di astrazione bidimensionale davvero a lui congeniale.







La collaborazione al Balilla dura fino al 1929, poi nel Rubino aprirà una sua rivista, Mondo Fanciullo, anche per sfuggire all'imperante censura del giornale a fumetti ufficiale del regime.



Nel 1931 tornerà alla fine al Corriere dei Piccoli, fallito l'esperimento della sua rivista autonoma, dove comunque tornerà ad essere una colonna della testata.









Nel 1934 egli edita inoltre una nuova edizione di Viperetta (con la luna che diviene egizianamente l'Occhio del New World Order, al culmine della piramide di Luce che proietta). Però, in ogni caso, è anche questo un ritorno all'era pre-fascista, ridotta a una parentesi tra 1920 e 1934 anche sotto il profilo grafico-estetico.







Tra 1935 e 1940 è chiamato a dirigere le testate della Mondadori relative a Topolino (1935-1938) e poi Paperino (fino al 1940), finché con la guerra anche questo esponente pluto-giudaico-massonico (specie la prima) viene censurato. E dire che Rubino aveva anticipato di vent'anni Paperino nel disegno di un suo papero alla marinara!











Dal 1940 al 1942 si concentra su un esperimento di animazione autarchica, "Nel paese dei balocchi";









1943





1947



Dal 1943 al 1947, causa la guerra, cessano le collaborazioni con riviste ma continua l'attività pittorica con dipinti sempre più fantasmagorici ed esasperati.







Dopo il conflitto riprendono le collaborazioni a riviste per ragazzi e anche la fondazione della sanremese "Gazzetta di Sanremo", dove opera dal 1949 al 1951.



Giovanni Mosca quindi lo richiama al Corriere dei Piccoli, dove riprende le vicende delle guerre materiche di Abetino nell'era atomica con le vicende dello scienziato Ilario Din e dei suoi figli (1955-1956).







L'opera è il suo testamento spirituale: dopo l'artista, ormai del resto quasi ottantenne, esce dalla scena disegnata nel 1959, ritirandosi a vivere a Bajardo, provincia di Imperia, dove muore a 84 anni nel 1964, e a cui dedica un ritratto fiammante che mi ricorda il rinascimento dello Zanardi Medioevale.







Un artista sicuramente grandissimo, non forse sufficientemente ricordato per il suo valore anche nell'ambito del fumetto italico di cui è il fondatore.