Dylan Dog 306 - Il Baule delle meraviglie







LORENZO BARBERIS



(Spoiler Alert, As Usual)



Uscito originariamente nel febbraio 2012, "Il baule delle meraviglie" di Giancarlo Marzano, con disegni di Ugolino Cossu, è una piacevole sorpresa.



La cover di Stano, con un classico effetto Droste (o mise en abime che dir si voglia), mantiene le aspettative, e l'albo si rivela in effetti costruito come una serie di scatole ad incastro.



L'inizio ci rimanda al 1959, a Giakarta, dove mr. Hankcock sta partendo dall'aeroporto. Cossu è abile a render l'idea del periodo tramite minimi dettagli, come il design delle automobili sullo sfondo o l'elegante giacca del tizio (p.5). Scopriamo che ha acquisito una cassa contenente materiale prezioso, contenuto in un baule portato da due indigeni che, in giavanese (la cosa diventa interessante sul finale) lo scherniscono, tanto lui non capisce (p.6).



Inizia il volo (p.7-8): subito Hankcock ci appare solo sull'aereo (tranne per il minimo dettaglio, notiamo dopo, del volto di un altro viaggiatore) poi ci accorgiamo che è su un volo di linea (p.9). Sembra scampare per poco a un infarto, ma quando arriva a Londra è morto (10), per un banale attacco cardiaco (p.11). L'ultima figura di ogni tavola è qui il buon Hankcock, vivo, morto e trasportato via.



La cassa, che mostra una luce sinistra, è posta in un deposito stile quello in cui finisce l'Arca dell'Alleanza in Indiana Jones (p.12), ma molto più prosaico.



Salto di cinquant'anni nel futuro, nella Londra del 2012, o giù di lì. Un asta benefica da Murphy's vende i prodotti ritrovati nell'aeroporto londinese, e nell'ultima vignetta vediamo anche Dylan Dog con la fidanzata del mese (p.13), Bryce (p.14). I "coltelli da macellaio abbandonati sulla metropolitana" fanno pensare a un qualche serial killer, magari una citazione interna da qualche storia precedente, o semplice evocazione di un classico del genere.









A p.15 scopriamo che il contenuto della cassa misteriosa è... un'altra cassa. Vediamo per la prima volta il ciclope unicorno che la caratterizza, citazione del Settimo Viaggio di Sinbad (1959), film di Nathan Juran che lancia gli effetti speciali di Ray Harryhausen, tra cui appunto questo ciclope cornuto e con zampe di capro. L'occhio monocolo ricorre anche nelle decorazioni stile illuminati del baule.



Il cugino Ronnie che acquista per caso l'oggetto all'asta (p.17) inizia la svolta verso il nonsense, introdotta da una battuta british di Dylan, che serissimo rifiuta di acquisire il baule ("stonerebbe con la sobrietà del mio arredamento").



Il cugino lo porta in casa, e il baule si attiva (prima è leggero, poi diviene pesante) e lo spinge ad uccidere la vicina cagacazzi e l'innocuo marito, stile i due di FBI Operazione Gatto, dando ragione alla signora che lo vedeva - come poi Bloch - come il tipico serial killer.



Cossu e Marzano ci offrono qui (23-25) una rara scena splatter, a fronte di un Dylan solitamente troppo giallistico (niente, ovviamente, rispetto ai fasti del passato).



Il cugino Ronnie si arrende poi con aplomb inglese, e viene ucciso dai due bobbies giunti sul posto che non comprendono la sua lucida follia omicida.



Bryce eredita i beni di Ronnie, inclusa la casa, e la cassa maledetta (32). Vi si trasferisce subito, e solo Dylan, col classico quinto senso e mezzo, la ferma dal toccarla, intuendo un'oscura minaccia. Il baule si apre, ma si sottrae al tocco di Dylan.



La festa di benvenuto alla nuova casa va deserto, eccetto Dylan, Groucho e l'obesa Goldie, che ha comprato la casa delle vittime: il baule la illude di diventare enorme (stile Alice in Wonderland), finché muore in una crisi asmatica, indotta da una visione (tema dell'occhio ciclopico a p.46).



Groucho insolitamente serio stronca la battuta dei due cinici barellieri (non è un Dylan Dog se non c'è personale medico insensibile) a p.48, per quanto lui stesso ne abbia fatte di peggio, sugli obesi e in contesti di morte. Forse il punto è proprio che la battuta "non fa ridere", distinguendo l'umorismo surreale di Groucho dal cinismo dozzinale da bar sport.



L'attacco dei millepiedi (p.52) è una scena abbastanza disgustosetta, anche se all'epoca aurea si sarebbe azzardato molto di più. Torna il tema dell'Occhio ciclopico (p.54) a confermarci che quella di Dylan e Bryce è una visione. Bryce però sparisce nella cassa e, probabilmente non a caso, Groucho riprende con le sue battute sull'aspetto fisico in un momento tragico ("Poteva lasciarti per un armadio, ti ha lasciato per un baule").



Dylan inizia a indagare (caso piuttosto raro, negli ultimi tempi...) e scopre Hankcock Jr., che gli conferma che il padre è scomparso da "più di cinquant'anni".



Bryce ricompare a fianco della cassa, che Scotland Yard sta esaminando, e cerca di assalire Dylan, pervasa probabilmente dallo stesso spirito omicida presente nella cassa.



Dylan allora si chiude in una stanza chiusa con la cassa e scopre la sua natura di varco dimensionale. Prima vede sé stesso, nella scena di copertina (la cassa aperta, tautologicamente, sulla dimensione attuale, p.70-71), poi nel mondo delle avventure di Sinbad, dove esce nella cassa del Ciclope (p.72), introdotto dall'apparizione dell'Occhio "illuminato".



Qui incontra l'anima di Ronnie, in una sequenza vagamente stile Loggia Nera di Twin Peaks. "Un piccolo inferno", svela Ronnie, e infatti mostriciattoli spiano Dylan dalla vegetazione, mentre un volto di sabbia lo risucchia in una cupa tana di bianconiglio e lo risputa nel 1959, dove incontra Hankcock Senior (p.78).



Dylan cerca di dissuaderlo dall'acquisire il baule (senza pensare di generare un paradosso spaziotemporale che potrebbe essergli fatale: ma Dylan lotta contro l'esoterismo di ogni genere senza conoscerne le regole se non per vaga intuizione, è ferrea regola della serie), fallendo.



Il vecchio commerciante giavanese con cui Hankcock è in trattativa narra la storia di un baule demoniaco in grado di mostrare demoni sempre diversi creato per liberare il re Pakong dalla vita prevedibile che gli dei gli hanno regalato (Pakong si astrae dal mondo tramite il Baule, finendo per venire assassinato). Alla fine Hankcock così conclude l'acquisto.



Appare a questo punto la scena più criptica: Dylan sente il commerciante parlare coi due assistenti svelando la truffa ai danni degli occidentali, vendendo decine di copie del baule magico. "La storia però è vera", dichiarano i tizi.



Il fatto che parlino inglese è una potenziale incongruenza, evidenziata da molti lettori, ma potremmo ritenere che Dylan non abbia viaggiato nel tempo, ma sia solo una proiezione della sua mente - e una interazione con la "memoria" della cassa. La scena iniziale con i "dialoghi in giavanese" che Hankcock non capisce sembra messa apposta da Marzano per farci capire che non è un errore, ma un segno che siamo sempre in un sogno. Fino a che punto, dunque, la spiegazione va relativizzata? Tutta questa rivelazione è infatti apparsa in una sequenza onirica.



Appare anche il ciclope (la lingua che parla sono, a quanto pare, simboli giapponesi, ma usati in modo maccheronico, senza, pare, un preciso significato: se ne vuol marcare, probabilmente, la natura "orientale") che cerca di eliminare Dylan, finché Groucho non lo estrae dalla cassa, nella sua dimensione (p.88).



Qui è però arrivato Hankcock Jr. con l'anziana madre, e i due sostengono che è stata la madre, Emma Hankcock, a maledire gli oggetti che avevano portato la loro famiglia al fallimento, e la cassa sopra tutti, causa della morte del marito. Emma annullerebbe la maledizione; ma vediamo invece, nell'ultima tavola, che il ciclope esiste davvero.



Possiamo quindi ritenere che, coerentemente col pensiero ermetico, l'odio della madre per il marito potrebbe avere attivato la cassa, che potrebbe essere anche originale. Il ciclope, che è effigiato sulla cassa stessa, sarebbe non uno dei tanti demoni, ma il "mastro di chiavi" di quel mondo, in attesa di una nuova attivazione del maledetto Baule delle Meraviglie.



Le energie distruttive sarebbero scatenate tramite il folle influsso psichico del baule, che in alcuni soggetti si rivolge verso il soggetto stesso (Goldie, ossessionata dal suo peso) oppure verso l'esterno, (Ronnie) o entrambi (Bryce, assalita dai millepiedi assassini e assalitrice di Dylan). Dylan, da sempre caratterizzato come sensitivo, sembra il più resistente a tali attacchi psichici.



Lo stesso Marzano, sui forum, avrebbe però chiarito che p.71-72 e p.98 sono fondamentali per l'interpretazione della storia, unitamente alla leggenda di Pakong e il ruolo del Ciclope come "spettatore".



Il piano metaletterario, dunque, che identifica Pakong con il lettore, che sfugge tramite gli albi di Dylan alla propria vita noiosa e prevedibile, facendosi mostrare ogni mese mostri e demoni sempre diversi (fino al rischio di cadere "dentro la storia", come il fun-troll tipo di Internet). Dylan in effetti guarda il volume che contiene lui stesso, come fa il Ciclope, simbolo del "guardare"; e l'apertura del baule appare, di taglio, simile all'apertura di un albo dylaniato o bonelliano in genere.



Insomma, opera interessante di un autore, Marzano, emerso nella fase in cui avevo abbandonato Dylan Dog, e che sto iniziando ad apprezzare. Per certi versi quest'opera, più complessa, la trovo preferibile alla più lineare "La magnifica creatura", letta al numero 330, ed è forse l'opera di Marzano che, per il momento, mi è piaciuta di più.



In attesa, come al solito, di vederlo all'opera nel tanto atteso Rinascimento Dylaniato che sta muovendo in quest'anno i suoi primi veri passi.