Dylan Dog 345 - Gli spiriti custodi







LORENZO BARBERIS.



Spoiler Alert, as usual



Preso nei giorni scorsi Dylan Dog 345, "Gli Spiriti Custodi".







Come osservato da molti online, la copertina cita gli Addams, o altre "famiglie di mostri" comiche dei '50. Avrei preferito un bianco e nero integrale, tolta la camicia di Dylan, invece che la bordatura adottata all'ovale, che vuol essere similoro ma si riduce a un beige sporco. L'immagine in sé è invece molto bella, col merito aggiunto di essere molto fedele: i personaggi in copertina sono esattamente quelli dell'albo.



Gli Spiriti Custodi del titolo sono fantasmi veri e propri, che formano un clan dinastico vagamente esoterico, i Crawley (viene da pensare ad un errore del proto :) ). La storia è comunque calibrata sul registro umoristico di quei telefilm, sia pure attualizzato in qualche passaggio, come vedremo, non proprio "anni '50", e che forse non sarebbe passato sotto la precedente gestione.



La sceneggiatura è di un decano di Dylan Dog, Luigi Mignacco, "il" decano anzi tra gli sceneggiatori dopo il ritiro di Sclavi. Esordio al 14, in co-sceneggiatura con Sclavi stesso, primo autore a sviluppare una storia in totale autonomia al 24, con un capolavoro come "I conigli rosa uccidono".



I disegni invece sono di un autore recente ma molto valido, Sergio Gerasi, che aveva già illustrato il 307bel numero dello sceneggiatore torinese Fabrizio Accatino, e lo speciale 2014 di Bilotta. Autore apparso già nella precedente gestione Gualdoni, ma che appare in linea con l'intenzione manifestata sotto l'attuale curatela di privilegiare la ricerca e la sperimentazione sul segno dylaniato.



I disegni di Gerasi - che ha un segno molto personale, e piuttosto originale su Dylan Dog - funzionano del resto bene anche nell'ambito del black humour, come avevano funzionato sulle due storie suddette, entrambe molto "autoriali" e drammatiche.



L'impronta dell'autore riesce infatti a rendere bene il registro umoristico nelle espressioni dei personaggi (molto ben caratterizzata soprattutto la buona vecchia zia Deanna) ma a mantenere un buon equilibrio nei (rari) dettagli splatter, non troppo esaltati (non sono più gli anni '80...) ma nemmeno totalmente "normalizzati". Molto efficaci soprattutto le sequenze oniriche, come quella di p.69.







La storia inizia con una battuta brillante ("Mi aiuti a salvare il mio divorzio") che imposta l'avvio su un canovaccio leggero, dall'umorismo brillante.



A p.9 divertente l'arrivo Deanna, la zia punk, più giovane tra gli spettri della casa. "Stonata" come traduzione di "stoned" mi ha divertito, e il fatto che si faccia di una eroinomane morta di overdose lo spettro "simpatico" (sempre in registro leggero, con tanto di sfottò sugli ABBA) conferma il ritorno, almeno su questo, a un certo spirito delle origini, coi normali come mostri e i reietti simpatici, al di là di troppe preoccupazioni perbenistiche (un personaggio simile era, andando molto indietro, il tossico di "Dopo Mezzanotte").







Bello anche lo spunto motore della Black Comedy (qui sopra, a pagina 10): ai fantasmi non importa nulla di salvare l'antipatico dandy italiano, il Principe Solanca, che ha sposato l'ultima della famiglia, Theresa Crawley, ma di evitare che muoia per non trovarselo tra i piedi nella magione avita, come spettro. Il Principe Solanca infatti si è indebitato con la mafia russa che intende eliminarlo (torna la modernizzazione della mala londinese già apparsa nella storia del pensionamento di Bloch).



Tra l'altro, il nobiluomo ottocentesco giocatore col cranio spappolato offre un minimo accenno di splatter: molto tenue, ma in altri tempi anche questo sarebbe probabilmente stato oscurato.



Si ribadiscono le cento sterline all'ora (p.14) del New Dylan Dog, particolare a mio avviso sottostimato (rispetto ad altri, come il famigerato cellulare) ma che cambia non di poco la costruzione del personaggio. Da vero idealista senza macchia e paura l'eroe (di cui si è anche ricordato recentemente il guardaroba prestigioso degli esordi, Clarke, Levi's, Armani) si rivela invece non privo di contraddizioni con la buona parcella che chiede. Più ambiguo, quindi, su questo, com'era alle origini (e come il suo grande modello non dichiarato, il Corto Maltese di Pratt, gentiluomo di fortuna, poetico, ma che non disprezza in fondo l'oro).



A p.20 continua la love story di Groucho con Irma, il cellulare senziente, cui si rivolge come uno specchio magico (citazione carpiata di Black Mirror?). Sembra il costante set-up di una virtuale liason dangereuse che potrà esplodere in occasione del prossimo scontro di Dylan con John Ghost (che, dice Recchioni, non è così imminente).





Bella la sequenza onirica al casinò, benché breve, con Dylan che finisce sospeso, sulla Roulette, tra 0 e 666, tra (storia di) Nessuno e il Diavolo, probabilmente.



Notiamo inoltre che la sequenza onirica presentava originariamente la nuova esclamazione "Hell's Bells!" che è poi stata eliminata in favore del solito "Giuda Ballerino!", la solita esclamazione dylaniata, deliziosamente superata come l'appena rottamato Almanacco in favore di un "renziano" Magazine. "Giuda Ballerino" doveva comunque restare, sia chiaro, ma si voleva affiancarle una nuova espressione che suonasse meno antiquata e più "british" (basta colazioni col cornetto per il nostro eroe). Ma "Bloody Hell!", ripresa dai primi numeri, è sembrata forse troppo forte e se ne è cercata una moderna ed edulcorata al tempo stesso. "Hell's Bells!" sembra cassata, vediamo cosa arriverà.



Chiusa la digressione sulle imprecazioni, appare quindi anche la simil-Morticia, morta nel 1866 (p.30), e c'è spazio per un bell'inseguimento, ottimamente "girato" dal duo Mignacco-Gerasi che, tra l'altro, appaiono in un cameo nella storia (vedi vignetta qui sotto).









Nella storia entra poi in gioco il solito Carpenter, con Ranja al seguito, ma esclusivamente per fare una comparsata fuggevole, a metà storia (p.52-3). Carpenter si è rivelato a mio avviso l'elemento più debole, finora, di tutta la trasformazione, limitandosi ad "abbaiare e non mordere" (in tema di Dog...) mentre Ranja, a suo modo infatuata di Dylan, svolge per ora egregiamente le parti di un vice-Bloch, sostituendo alla tensione padre-figlio (putativi) quella amorosa.



Divertente a p.58 la presentazione della famiglia spettrale, dal Walford Crowley, lo spettro più antico (il fondatore della dinastia, magari?), forse del tumultuoso '600 inglese, mentre la piccola Minerva dal '700 anticipa i numerosi spettri ottocenteschi: oltre al giocatore e alla Morticia di turno, il maggiore Lancelot, che a Waterloo ha perso la vita.



L'incontro col gran consiglio di famiglia è divertente nei battibecchi tra la punk e gli antenati militaristici, scandalizzati dall'invasione di "mori et franzosi" (altro strappo al politically correct: battute xenofobe in bocca a personaggi nel complesso simpatici) ed offre anche il destro per una battuta contro la Tatcher, un citazionismo dai vecchi albi sclaviani (p.60).



In qualche modo la battuta fa esplodere la contraddizione tipica di un longevo eroe bonelliano immortale: si ride con nostalgia, e poi si riflette che Dylan avrebbe potuto senza problemi avere una relazione con la cara zia Deanna, nei primi numeri.



Lo scontro finale (o meglio, semi-finale...) oppone lo Spettro, il killer silenzioso della Mafia Russia, agli ectoplasmi british. Superata la bambina, sventato lo sventrato (p.69), tra altre sequenze sia pur blandamente horrorifiche, il killer consumato raggiunge Dylan (che ha, ovviamente, consumato con l'erede ancora in vita) e il principe.



La gag della pistola, con un maggiordomo per una volta diverso da Groucho, ci offre un Dylan meno buonista del solito (p.76). Finalissima con la mafia russa, finta morte di prammatica con citazione della "Storia fantastica", e tavola finale con una curiosa sigla di Gerasi, che sigilla con l'impronta digitale la storia.



Insomma, una divertente storia giocata sul registro ironico, garbatamente rifinita e con qualche sottile concessione al crudele spirito originario, certo lontana da certe antiche feste di sangue ma indubbiamente godibile.