Eugenio Colmo "Golia"





LORENZO BARBERIS



Era originario di Garessio, per parte di madre, il massimo vignettista dell'età giolittiana, che di Giolitti (monregalese) fu un potente interprete.



Si chiamava Eugenio Colmo, detto "Golia" per la notevole statura: soprannome dato dal compagno di studi, Guido Gozzano.



Nato nel 1885, nel 1904 è già direttore del Pasquino (lo rimase fino al 1906).



Nel 1911, in contemporanea con l'esposizione universale torinese dei 50 anni dell'unità, organizzò una Salon dell'Umorismo a Rivoli: il nome, sorprendentemente, era "Frigidarium". Pazienza e gli altri erano arrivati secondi col loro Frigidaire fumettistico, ma nessuno lo sapeva.







Nel 1914 fonda "Numero", rivista interventista (qui sopra, un Giolitti-Mefistofele), con cui lavora fino al 1922, anno della Marcia su Roma.



























In questi anni Golia opera una satira di guerra cupa, propaganda caustica di cui il crucco che mangia il mondo è forse la sintesi, ma ricca di invenzioni visuali potenti e, alla bisogna, atroci. Una vasta ricognizione si trova ad esempio qui:



http://blognew.aruba.it/blog.giornaliditrincea.it/PERCHE____RESISTERE__77576.shtml







Non mancano commesse più pacifiche: illustra "La principessa si sposa" (1917) dell'amico Gozzano, fiaba fantastica e trasognata, su ben altri toni.



(ampia selezione si trova qui:

http://principieprincipi.blogspot.it/2012/02/eugenio-e-guido-compagni-di-scuola.html)








Illustra anche "Malombra": non però l'originale romanzo dello spiritismo italiano di Fogazzaro, ma un valzer ad esso ispirato.











Nel 1922, come detto, cessa Numero e si affievolisce il suo lavoro nella satira (che va in generale declinando). Sempre nel 1922 si dà alla ceramica e alla grafica pubblicitaria: nel 1925 è premiato a Parigi alla Esposizione internazionale di arti decorative, con la moglie Lia sposata nel 1915 (lei premiata per il ricamo). Anche la sua arte pubblicitaria resta arguta e con una certa licenza tematica, come si vede sopra nel padreterno in poltrona.









A fianco di Giolitti, uno dei suoi bersagli satirici preferiti era D'Annunzio. Questo confronto con Dante ne è un impietoso epitaffio: l'uomo dei mille libri non riesce nemmeno ad avvicinarsi alla statura dell'uomo del Libro "a cui han messo mano e cielo e terra". Sarebbe curioso capire se questo abbia influito su un eventuale minor gradimento del nascente fascismo (che in D'Annunzio, pur poi marginalizzato, aveva uno dei suoi simboli più rilevanti).



Nel 1928 comunque Golia vinse il concorso per il manifesto celebrativo del decennale della vittoria, riconoscimento alla carriera, in qualche modo, della sua efficace e acida propaganda.



Sino al 1940 continuò a lavorare per varie case editrici: la sua era giolittiana era finita, il suo segno apparentemente era meno in linea con gli azzardi futuristi dell'epoca, ma continuava a trovare fortuna.



Il suicidio della moglie Lia nel 1941 gettò un'ombra cupa sull'artista: il suo studio poco dopo venne distrutto da un bombardamento, cancellando molta della sua produzione.



Sfollato ad Alba, solo dal 1944 in poi vi fu una ripresa col ritorno a Torino e la fine della guerra. Si risposa e riprende l'attività, con realizzazioni anche pittoriche. Morì a Torino il 15 settembre 1967.