Santa Cristina e la Macchina Infernale


LORENZO BARBERIS

Oggi, nel fare gli auguri di onomastico a un'amica, mi è capitato di cercare online immagini di Santa Cristina. Ne nasce questo pezzo sull'iconografia della santa, poco più che un divertissment estivo.

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L'iconografia di Santa Cristina è piuttosto interessante.
La santa, martirizzata verso il 300 sotto Diocleziano, presenta una "leggenda aurea" piuttosto complessa e articolata.

Secondo uno schema piuttosto consolidato, il padre la vuole consacrare agli dei pagani ma lei si converte e rifiuta. Entra così nella macchina infernale del martirologio classico, di cui qui di seguito diamo degli stralci tratti dal sito ufficiale della Santa.

Come riconosciuto anche da uno studioso del fumetto del calibro di Scott McCloud, le vicende dei santi raffigurate a Biblia Pauperum nell'arte gotica e poi nella stampa illustrata sono gli antenati del moderno fumetto, inclusa la sua propensione alla trionfalità visiva e al grand guignol. Mi è parso quindi interessante indagarne le modalità in questi brevi appunti testuali e visivi.


Cristina spezzò gli idoli del padre e distribuì l’oro e l’argento di cui erano formati fra i poveri. Quando il padre tornò nella torre per vedere se la figlia venerava gli dèi, non li trovò più e seppe dalle ancelle quello che Cristina ne aveva fatto. Comandò allora che fosse spogliata e battuta da dodici servi, i quali eseguirono l’ordine fino a che non gli vennero meno le forze. 

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Cristina disse al padre: “Uomo senza onore né pudore, odiato da Dio, coloro che mi battono sono ormai senza forze e nessuno dei tuoi dèi sarebbe capace di restituirgliele”. Allora il padre ordinò che fosse incatenata e chiusa in prigione.

(C'è un meccanismo comico simile in una puntata di Futurama, dove degli alieni Egizi mettono in schiavitù Bender e lui, essendo un robot, sfianca i suoi stessi fustigatori, insistendo irritato che lo frustino più rapidamente, che non si sente motivato)

Il padre comandò che Cristina fosse portata dinanzi al tribunale e le disse: “Sacrifica agli dèi se non vuoi essere crudelmente tormentata e cessare di essere mia figlia!”. E quella: “Mi hai accordato un gran favore non chiamandomi figlia del diavolo, perché dal diavolo non può nascere che un demone”.

(Come tutti i santi delle origini, Cristina è campionessa mondiale nel trollare i suoi inquisitori; sembra quasi che i martiri non si facciano straziare per la Fede, ma come si dice oggi "Just for the lulz".)

Il padre, infuriato, ordinò di straziarle le carni con unghie di ferro e di farle a pezzi ogni membro; ma Cristina prendeva i pezzi della propria carne e, gettandoli in faccia al padre, diceva: “Prendi, tiranno, e mangia la carne che hai generato!”. 

(Qui Sade si allontana schifato dalla sacra rappresentazione, dicendo che c'è un limite alla decenza che non va sorpassato. I pii spettatori medioevali lo zittiscono infastiditi, che sta arrivando la parte migliore.)

Allora il padre la fece porre su una ruota, fece poi attizzare un gran fuoco con l’olio, ma la fiamma divampando uccise millecinquecento pagani.

(Qui siamo direttamente ai Looney Toons, a Wile E. Coyote che lega Santa Cristina a un razzo della ACME e si nasconde dietro una roccia tappandosi le orecchie, in attesa del martirio spettacolare.)

Il padre ha finito di divertirsi, la fa buttare a mare con una macina al collo (o con un'ancora, in certe figurazioni) ma Cristina torna ancora. Dopo aver fatto un tentativo di decapitazione, il pover'uomo si toglie la vita. Subentra un vero inquisitore, sacerdote di Apollo direi dal nome. Non fa molto di meglio, se non usare il fuoco, simmetricamente alla sua devozione apollinea (la santa nel calderone che pare quello dei cannibali delle barzellette della Settimana Enigmistica richiama un po' il mio San Lorenzo fatto alla griglia e perciò protettore di cuochi, fornai e pasticceri).

Ebbe come successore un giudice non meno iniquo di nome Elio, il quale fece immergere Cristina in un caldaione bollente colmo d’olio, resina e pece, e ordinò a quattro uomini di agitarlo. Ma Cristina lodava Iddio nella caldaia e lo ringraziava perché, nata or ora alla fede, le permetteva di essere dolcemente cullata. Allora il giudice, irato, fece radere il capo della santa e ordinò che fosse condotta nuda fino al tempio di Apollo. Non appena vi fu arrivata l’idolo cadde a pezzi in terra. A tale notizia il giudice dallo spavento morì.

Arriva l'inquisitore finale, il boss di fine livello, che però - oramai lo intuiamo - può poco contro la santa e la sua determinazione formidabile:

Gli successe Giuliano, che fece accendere una fornace per gettarvi Cristina; qui la fanciulla rimase per cinque giorni in compagnia degli angeli, senza soffrire alcun male. Quando Giuliano seppe ciò ascrisse il miracolo alle male arti della fanciulla e comandò che le fossero gettati addosso due aspidi, due vipere e due colubri; ma le vipere le si arrotolarono ai piedi, gli aspidi le circondarono il seno e i colubri le leccarono il sudore intorno al collo. 

Sul gran finale, appaiono pure i serpenti, una preclara rappresentazione del male assoluto, diabolico, del serpente dell'Eden.

Disse qualcuno a un incantatore: “Serviti delle tue arti per eccitare quelle bestie!”. Ma le bestie si rivoltarono contro l’incantatore e lo uccisero. Allora Cristina comandò ai serpenti di andarsene nel deserto. 

L'arma di fine di mondo che si rivolge verso chi la utilizza è un altro tropo classico della moderna cultura pop.

Allora Giuliano ordinò di strappare le mammelle della fanciulla, da cui sgorgò latte invece di sangue.

Un classico, che rimanda soprattutto alla figura di Sant'Agata.

 Infine le fece tagliare la lingua, ma Cristina per questo non perse la parola, e prendendo un pezzo della sua lingua la gettò in faccia a Giuliano, che fu percosso in un occhio e subito perdette la vista.

Che poi, la lingua che si stacca, prende vita e acceca il nemico fa pensare a una lingua appuntita, appunto serpentina e demoniaca come i rettili sconfitti poc'anzi (un caso?). Comunque la storia è giunta alla conclusione:

Infine Giuliano fece trafiggere la fanciulla con due frecce nel cuore e una nel fianco. In tal modo Cristina rese l’anima a Dio, sotto il regno di Diocleziano. Il corpo della santa riposa in una città fortificata, che si chiama Bolsena, fra Civitavecchia e Viterbo. Tiro, che si trovava vicino a Bolsena, è stata distrutta dalle fondamenta.

L'elemento frecciato, alla San Sebastiano, è quello che poi resta di più nell'immaginario visivo, ma è in fondo quello tutto sommato più soft di tutta la spettacolare rappresentazione sacra (forse proprio per questa sua più semplice e meno atroce rappresentabilità).

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Detto questo, le figurazioni artistiche della Santa sono molteplici, ma non particolarmente note: probabilmente proprio per la sua natura un po' troppo splatter per i gusti post-conciliari. Così di molti dipinti, pur pregevoli, sono riportati solo su siti devozionali che, usandoli come pura illustrazione, non citano spesso nemmeno l'autore.

La raccolta che qui fornisco, ovviamente incompleta, frammentaria e in parte errata, è probabilmente la più vasta online dedicata alla Santa (e passibile ovviamente di ampliamenti). Molte volte le attribuzioni del periodo sono ad occhio, e riferiscono più dello stile che della data precisa.

Diciamo comunque che, ad occhio, il tema iconografico non è perfettamente codificato nel '500, dove il martirio della santa è citato prendendo spunto da vari elementi (come anche l'immagine del titolo): i serpenti, la strappatura della lingua, oppure tutti insieme, in modo anche iconologicamente un po' confuso.

Il grande successo appare nel '600, dopo l'entrata in vigore della Controriforma, come tema devozionale non privo di una sfumatura sensuale anche nell'arte sacra, figuriamoci in alcune riletture più "laiche" dove il quadro devozionale sembra un pretesto. Qui si codifica il simbolismo della trafittura da frecce, sia perché il martirio conclusivo, sia per un parallelo col maschile San Sebastiano, che però viene poco citato visivamente (solo in un caso) e soprattutto, credo, per la sovrapposizione con frequenti temi della figura femminile "trafitta al cuore" (Lucrezia, Cleopatra) interpretata in modo sensuale. Insomma, un po' come l'Estasi di Santa Teresa del Bernini, la cui freccia era però simbolica e spirituale.

Col '700 credo che il tema abbia proseguito su canoni tardo-barocchi nell'arte sacra, mentre nell'800 vediamo una lettura "romantica": sensuale, ma castigata e languida. Col '900 il tema declina (come tutti i temi sacri meno noti): resterà nel devozionalismo dei santini e probabilmente nell'arte sacra minore laddove la devozione era molto viva.

Ma poi il Concilio Vaticano II avrà molto marginalizzato il culto della santa, proprio per i suoi aspetti di religiosità arcaica ormai non più accettabili. Nonostante la sua oggettiva importanza: in fondo, è la santa col nome del fondatore.

Rimane viva probabilmente la tradizione locale, tollerata come necessaria, e al limite sono artisti post-moderni a noi contemporanei, magari neo-cultori del classicismo accademico (una nicchia piccola ma esistente), a reinterpretare il tema in una concezione "laica".

Qui, comunque, c'è la galleria di immagini, sempre passibile di arricchimenti.


Santa Cristina, incisione '500sca. Predominio del tema dei serpenti, raro. 


Sante Peranda, fine '500


'500-600?, strappatura della lingua (tema raro)

1600 c., Il momento del martirio (particolare)

Rustichino, Martirio di Santa Cristina (1620 c.)

1600 c., Martirio della Santa. Qui l'erotismo è voluto.

1600 c. Anche qui, erotismo intenzionale, e non molto sadico: la santa è colpita solo di striscio.
Notare la propensione botticelliana (e alla Rubens) per donne bene in carne, tipica delle ere di fame.

'500-'600? Qui il nudo è più classico, interessante l'avvicinamento a San Sebastiano.

Nicholas Reignier, 1590. Sensualissimo.

Francesco Cairo ('600). Uno dei pochi interpreti castigati del tema.

Carlo Dolci

Francesco Guarino.

'600.

Henry Wallis, '800

'800 c.

Immagine devozionale, '900

2000s, ri-lettura moderna di Alan Davis.