Intellettuali 2.0?












LORENZO BARBERIS









"La Piazza Grande" è la nuova rivista del monregalese e fossanese sorta nel 2013 per impulso di Claudio Bo, fino allora storico direttore di  "Provincia Granda", il giornale laico di Mondovì.



Con Nino Manera, negli anni '70, l'antica "Gazzetta di Mondovì" si era evoluta in "Provincia Granda" con ambizioni cuneesi poi accantonate, tranne nel nome. Questo nuovo settimanale locale punta ora a un'espansione verso la sola città più vicina, Fossano, dove predominava per ora un unico giornale, d'area cattolica, "La fedeltà". 





Un progetto sensato dato che, tra le Sette Sorelle del cuneese, Mondovì e Fossano costituiscono una diade simile, e per certi versi contrapposta, a quella formata da Bra ed Alba. Diade potenzialmente prolungabile su Savigliano, con Saluzzo in splendido isolamento e Cuneo in posizione di "capitale locale".





La rivista ha poi una mia simpatia personale in quanto, negli stessi anni in cui è sorta "Piazza Grande", ho iniziato a dividermi tra Mondovì, dove vivo, e Fossano, dove insegno. Presumo che per quanto riguarda le copie vendute "Piazza Grande" sia ancora il "terzo polo" dell'informazione locale, data anche la giovane età del giornale e un certo conservatorismo nella mentalità locale (piccolo understatement), dietro appunto la "Provincia Granda" e "L'Unione Monregalese", il giornale d'area cattolica.





Tuttavia, dal punto di vista culturale, la rivista ha stabilito una sua egemonia almeno per quanto concerne l'area laica, tramite i fondi editoriali del direttore Claudio Bo, giornalista oggettivamente di statura superiore al livello "locale", a un intellettuale eclettico come Luciano Casasole per le pagine di Fossano, con retroscena gustosissimi sulla cultura della città degli Acaia, che dal locale spaziano fino alle trame oscure della guerra fredda, e oltre. 





E poi, a Mondovì, il misteriosissimo Apotos, arciere corsivista che ha suscitato perplessità, ad esempio, nella Biblioteca Civica (che ha omaggiato di un parallelo aguzzo con le biblioteche di Umberto Eco...), ma anche su tutta la realtà locale della cultura e della società monregalese.





Ora Apotos ha voluto omaggiarmi di un articolo, in cui per fortuna i suoi strali di piombo, per dirla alla G.B. Marino, si sono rivelati benigni, anzi, generosi. Lo ripropongo qui per documentazione e riconoscenza, ma anche perché, al di là del favore dell'analisi, è un esame non puramente encomiastico, ma che analizza in modo critico la cultura di Mondovì nel passaggio al 2.0.










Correttamente Apotos coglie come a Mondovì manca una "scuola" nel senso filosofico del termine, nonostante che un tempo la città fosse pomposamente definita "L'Atene del Piemonte" per la sua antica e originaria tradizione di studi (in tempi recenti, diciamo Atene del Cuneese, via). I giornali dell'area di sinistra cattolica (un tempo il Belvedere, oggi l'Unione) sono prodotti eccelsi, migliori di quanto ci si potrebbe aspettare dalla dimensione locale, forse, ma non hanno creato questa tradizione. E nemmeno, ovviamente, quelli della controcultura dagli anni '70 in poi, di cui "Margutte" è l'ultimo epigono, con molte trasmutazioni e nel passaggio al virtuale. 











Nel creare una continuità dell'intellettuale storico monregalese, Apotos identifica la statura superiore di Michelangelo Giusta, di livello torinese come docente universitario, e a Mondovì storico sindaco della sinistra cattolica ma al tempo stesso artefice della "grande transizione" della città nell'era democratica: dalla sinistra cattolica (1945-1990) alla destra liberale laica che - nelle sue varie sfumature - ha retto oggi le sorti della città (1990-2017, almeno).
















Dopo di lui, con dimensione cittadina, primeggia la figura di Ernesto Billò, secondo molti "l'ultimo umanista". Vulcanico promotore della cultura monregalese, direttore storico del "Belvedere" della sinistra cattolica, e con questa pars, in politica, "l'assessore alla cultura" per antonomasia.














Apotos invece non ritiene conclusa l'età umanistica monregalese, per fortuna, e mi indica, a titolo di esempio, come uno dei possibili nomi dell'età internettiana. A puro titolo d'esempio, eh, sia chiaro, prima che qualche amico, preoccupato, chiami la neuro per il rischio che, al prossimo post, io stabilisca un parallelo tra me e Napoleone (che, tuttavia, a ben pensarci, era certo un'intelligenza superiore, ed è passato a Mondovì...). Del resto, il mio amato Eco ricorda che siamo in un'età di politeismo dei valori, e quindi - in ogni caso - la responsabilità della cultura 2.0. di Mondovì è frammentata.











In particolare, Apotos fa riferimento alla mia analisi della mostra di Andrea "PWAV" Pettiti, pittore e graffitista ventunenne (un'altra generazione ancora...) che si può trovare qui sul mio blog e su Margutte.com, qui.










Magari Apotos in futuro mostrerà altre di queste figure frammentarie della cultura mondovita, che del resto sono già anche apparse in altre sue riflessioni. Per questo, ovviamente, vi rimando a "Piazza Grande". In edicola o, se preferite, in biblioteca. Sperando che - a causa d'Apotos - non l'abbiano collocata nel Finis Africae, ovviamente.










In cover: "Art connaisseur" di Norman Rockwell, su Jackson Pollock.
Qui sopra: piantina della Biblioteca di Mondovì.