Hellnoir





LORENZO BARBERIS



Spoiler alert, as usual



E dopo il post di ieri sull'"Inferno Fresco" del CuneoGotico al MIAAO di Torino, torniamo agli inferni fumettistici che mi sono cari, con un nuovo, notevole Numero 1 della Bonelli: quello di Hellnoir.



Inferno Nero e anch'esso torinese, in fondo, in quanto il suo creatore è Pasquale Ruju, storica firma di Dylan Dog che crea con esso un nuovo universo noir di incredibile fascino e interesse.



La copertina, con disegno di Davide Furnò (il progetto grafico della serie è di Gianmauro Cozzi) risulta estremamente efficace: niente affollamento, ma solo un iconico simil-Bogart bianco sul cui sfondo nerissimo intravediamo, nella tenebra, gli occhi rossi di un demone. Bianco, Nero, Rosso come per il nuovissimo Morgan Lost; ma qui rimaniamo nella pura monocronia bonelliana.



Miniserie in quattro capitoli, la prima, "A city to die for", richiama molto da vicino la Lady di Frank Miller nella sua Sin City. Lo stesso Ruju mette le mani avanti, nell'introduzione, per rivendicare che il tratto di Freghieri, che illustra magistralmente la storia, è precedente alla celebre serie milleriana. In effetti, il segno di Miller per Sin City non è "nuovo", ma riscopre (sapientemente) un segno precedente, del bianco e nero di Caniff, di Eisner, di Pratt tra gli italiani ("Silent Night") e, in effetti, dello stesso Freghieri (di cui ammetto di non conoscere le cose anni '70 di cui parla Ruju: e online si trova poco).



Già la copertina era minimale ed efficace: la copertina interna, con la sua silouetthe quasi astratta, rafforza il senso grafico dell'operazione. L'uso di questa alternanza tra il segno quasi in linea chiara del Freghieri che amiamo in Dylan Dog con questo segno cupo si era già manifestata in alcuni numeri del rinascimento dylaniato ("...e lascia un bel cadavere", ad esempio): ma qui acquisisce una centralità ancor maggiore.



Iniziamo con la più classica delle città del noir (5.ii: l'insegna "ROAK" potrebbe rimandare ai Roark di Sin City?). Melvin Soul, il protagonista dal nome paradigmatico, ce ne chiarisce subito il senso fortemente simbolico, che si preciserà nel prosieguo dell'alternanza dei segni: la linea cupa per Hellnoir, la linea chiara per una Chicago (34.i) ugualmente oscura, nonostante le apparenze, e connessa del resto ad Hellnoir da quanto è avvenuto a Blanche DeVille a p.12 ("Della Città Bianca", opposta all'Inferno Nero: continuano i nomi simbolici). 666, il triglifo, la testa di capro, e anche ...ATH, il cui nome resta nell'ombra.



Il contesto fantastico consente a Ruju, maestro del noir, di mettere in scena una polizia corrotta quanto mai consentito in Bonelli (tutta la sequenza che culmina a p.45). Verso la metà dell'albo, dantescamente, Soul ci fornisce così la sua spiegazione (ritorna anche la tavola della cover interna, p.47.iv). Dante Alighieri è citato esplicitamente (52.iv) quale fonte del multiverso degli inferni (tema, in Bonelli, eminentemente sclaviano). Ruju lo cita con competenza: i dannati fissati per sempre al loro schema in vita; i demoni di Malebranche corrotti ed inetti, benché potentissimi e dotati di rude astuzia; Lucifero macilento e cieco, al centro dell'Inferno, che malgoverna lasciando presagire le possibili degenerazioni (anche in Hellblazer, ad esempio, troviamo un inferno privo di comando).



L'ironia dantesca è più gradevole in quanto non insistita, ma ritroviamo Caronte (p.72) e, sono sicuro, altre annotazioni dall'inferno classico ci attendono man mano che ci avventureremo, con Melvin Soul, nelle quattro puntate della miniserie. Ma non troppe: Hellnoir in fondo è un anti-inferno, e a meno che non usciamo dai confini della città per esplorare le profondità di Dite, ad esempio, resterà sempre sospeso tra Terra ed Inferi, come l'inferno milanese di Buzzati.



Non sarebbe stata stonata, nemmeno qui, forse, la tricromia di Morgan Lost, ma è comprensibile che le sperimentazioni vadano dosate e centellinate (e poi avrebbe sottolineato forse l'apparenza di un debito con Miller, che si vuole giustamente scongiurare).



Non resta che attendere i prossimi sviluppi della quadrilogia per una valutazione più ampia sulla serie, che promette davvero bene, affiancando a Morgan Lost una nuova serie dai sapori orrorifici e d'autori dylaniati.



Speriamo che la Bonelli continui a sperimentare, anche nei crossover, e per intanto attendiamo la prossima discesa nell'Hellnoir.