Intervista con Cristiana Astori




Cristiana Astori è una delle autrici più interessanti del nuovo giallo italiano, che ha saputo rinnovare una nobile ma un po’ stanca tradizione con l’inserimento di elementi innovativi che le derivano da una grande cultura letteraria e, in particolare, cinematografica (soprattutto nel “genere”).


Questo rinnovamento passa soprattutto tramite la sua eroina Susanna Marino e la sua “trilogia dei colori” (il Nero, il Rosso, e il Blu), cui di recente si è aggiunto il racconto breve “Tutto quel pulp“, che ha aperto la recente raccolta “Delitti in giallo” volta ad esplorare, appunto, la new detection italiana. Nel ciclo di Susanna, inoltre, non manca anche un sottotesto esoterico (a Torino, un must), sottile ma pervasivo, che ho molto apprezzato per via del mio noto interesse per l’ermetismo.


Tra l’altro, il suo lavoro potrebbe essere stato citato, a quanto avevo scoperto e ipotizzato (ovviamente, impossibile avere conferme in questo campo iniziatico), in “Century” di Moore, centone dell’esoterismo letterario europeo del Novecento.
Insomma: ho quindi approfittato dell’approdo di Susanna alla forma breve dell’investigazione per intervistare la sua autrice, che si è rivelata molto disponibile, fornendo alcune chiavi di lettura a mio avviso molto interessanti. Ecco quindi il nostro breve dialogo (ai link sovrastanti, i miei precedenti articoli dedicati a Susanna e Cristiana).


La torinese Susanna Marino è la tua eroina ricorrente più celebre, un’indagatrice malgre soi sempre coinvolta in oscure vicende legate al mondo del cinema, quasi per una oscura predestinazione. C’è qualcosa anche della Torino ermetica nella Torino cinefila in cui Susanna si trova intrappolata?


Susanna si muove in gran parte nella zona di Via Po, e in particolare abita in una di quelle traverse, per l’esattezza in Via San Massimo. Zone quelle che proseguono fino alla Gran Madre e sono legate al segno zodiacale dello Scorpione (che tra l’altro è pure il mio segno, mentre Susanna è del cancro, come Soledad Miranda), segno oscuro ed esoterico per eccellenza. La stesso Blue Velvet, locale ai Murazzi del Po, al quale si accede scendendo una ripida scaletta di pietra, rimanda all’iniziazione della protagonista in un mondo di simboli e ombre, che Torino riflette in un gioco di specchi. Inoltre gran parte della soluzione di Tutto quel rosso si dipana a partire da Piazza Statuto, il luogo per eccellenza in cui Bene e Male junghianamente coabitano.


C’è molto sangue, morte e distruzione attorno a Susanna, ma anche una certa ironia, con personaggi sempre volutamente sopra le righe, che per certi versi fanno pensare ai migliori fumetti di Max Bunker e Magnus, Satanik ad esempio. C’è un rapporto con l’immaginario del fumetto, il “cinema di carta” di Hugo Pratt?

Sicuramente sì: il fumetto mi ha sempre affascinato, ancor prima dei film. A casa mia, infatti, si andava di rado al cinema, e io passavo molto tempo in biblioteca, dove oltre ai libri leggevo una gran quantità di fumetti, tra cui Asterix, Topolino, e in seguito anche Crepax, Pazienza, Manara, Pratt, senza contare i Diabolik che mio padre, grande appassionato, mi passava fin da piccolina. E poi c’era Satanik: ho sempre amato i cattivi, a partire da Amelia e dalla Regina di Biancaneve, e un personaggio come lei, sexy, noir e crudele, e imbevuto del sarcasmo bunkeriano, per me era il top, insieme a Dylan Dog, di cui conservo in libreria i numeri originali a partire dal primo. Il mio immaginario fumettistico si è poi ampliato con le pubblicazioni Vertigo,  e gli universi di Sandman, Hellblazer, Preacher e Sin City. Senza dubbio le storie di Susanna riflettono queste mie passioni: nella narrazione, che dev’essere il più possibile visiva e dai dialoghi brevi e con botta e risposta; nelle avventure, in cui da una situazione comune e ordinaria si precipita in una folle e straordinaria, fino ai personaggi, che partono dal quotidiano ma nascondono aspetti oscuri e bizzarri, o “poteri” inaspettati. Sopra ogni cosa però, ciò che ho mutuato dal mondo del fumetto e che non deve mai mancare alle mie storie, è l’ironia. Tutto quello che scrivo, se fosse narrato dall’alto e con serietà, perderebbe di appeal, ma soprattutto di senso.





Di recente hai sperimentato su Susanna, con “Tutto quel pulp”, la formula del racconto, cambiando anche, ovviamente, alcuni elementi rispetto ai romanzi. Ti ha soddisfatto la nuova formula, e potrà avere un seguito in altri “corti”?


Scrivere un racconto è divertente, anche se paradossalmente più difficile di un romanzo, specie in questo caso, la cui consegna del curatore dell’antologia era di creare un giallo classico con indagine, non un semplice thriller o un noir. In un racconto tocca concentrare molti elementi in poche pagine, asciugare le descrizioni di ambienti, personaggi, e atmosfera. C’è poco spazio per sviluppare la trama, e sono dunque concesse poche divagazioni, che in un giallo sono funzionali a distrarre dall’assassino; anche il mistero doveva essere piuttosto semplice, e il background della pellicola scomparsa era improponibile. Altra difficoltà: visto che Susanna non è una detective, dovevo inventarmi in poche righe una motivazione per cui Susanna si mettesse a indagare, evitando la sindrome della Signora in Giallo. Insomma, c’erano parecchi paletti, che si sono però rivelati stimolanti: hanno infatti esasperato gli aspetti comici e le sfumature grottesche di certi personaggi, il che ha reso “Tutto quel pulp” un mix sui generis tra comedy e giallo. Non escludo che in futuro l’esperienza si possa ripetere.





Il gioco “metaletterario” di Susanna sarebbe interessante da vedere sullo schermo (con un rispecchiamento perfetto, anzi). Hai mai pensato all’ipotesi di un film? Nel caso (a livello di gioco letterario…) hai mai pensato a un possibile casting?

Ovviamente sì, mi piacerebbe molto vedere le storie di Susanna Marino trasformate in film. Riguardo al casting, nei romanzi non ho volutamente descritto i personaggi nei dettagli, perché alla base della mia idea di scrittura c’è il lasciar spazio ai lettori di dargli loro il volto che più corrisponde alle loro fantasie. In ogni caso, a livello di gioco letterario che va al di là del tempo e dello spazio, butto lì qualche nome. Susanna Marino è stata creata ispirandomi a Soledad Miranda (e chi ha letto “Tutto quel nero” sa perché!) e non immaginerei attrice diversa con il suo viso, piuttosto un’esordiente che le somigli. Steve Salvatori oggi potrebbe essere interpretato da Vincent Gallo, o anche da Giampaolo Morelli, ma uno Steve Mc Queen sarebbe perfetto. Il commissario Tommasi un giovane Giancarlo Giannini negli anni Settanta, il sovrintendente Fani Francesco Pannofino. L’assessore Di Domenico, Michele Placido e Giulia Arrighi Scarlett Johansson.





Da quel che si è capito, pari intenzionata, per ora, a non proseguire la tua “trilogia dei colori” (ben precedente alle varie “cinquanta sfumature”, ricordiamo). Quali progetti futuri allora possiamo attenderci?

Sui progetti futuri preferisco non parlare per scaramanzia; quella di Susanna, invece, non è un’interruzione definitiva, ma semplicemente una pausa: un sacco di gente continua a scrivermi dicendomi di farla tornare, e io stessa mi sono ormai affezionata: non è detto che prima o poi la nostra amica cinefila non ritorni con nuovi misteri.



Non mi resta quindi che ringraziare Cristiana per la disponibilità dimostrata, e dare a tutti appuntamento alla prossima pellicola maledetta che – ne sono certo – prima o poi inizierà di nuovo a girare, quasi dotata di vita propria, sul proiettore di carta della Astori.