Reading Morgan Lost






LORENZO BARBERIS



Spoiler alert: analisi passo-passo dell'opera. Leggere prima l'albo.



Ho letto il primo numero del nuovo fumetto Bonelli, "Morgan Lost", un nuovo esperimento molto interessante della casa di Via Buonarroti. Si tratta del loro primo esperimento di fumetto in tricromia (naturalmente, da un punto di vista tipografico si tratta di bicromia: due inchiostri e il bianco della carta), dove al bianco e nero tradizionali si è affiancato il rosso, ben evidente fin dalla copertina. E il rosso è perfetto per questo esperimento. E non solo, ovviamente, per il completare la triade alchemica: Albedo, Nigredo e Rubedo.













Infatti, il fumetto è a firma di Claudio Chiaverotti, nome importante di Dylan Dog apparso fin dagli esordi (nel 1989) a fianco di Sclavi, e autore di numerose sceneggiature del personaggio (l'ultima nel 205, "Il compagno di scuola"), maestro delle "Weird Tales" in salsa bonelliana.



Chiaverotti aveva del resto creato, nel 1998, un suo fumetto bonelliano con "Brendon", un fantasy post-apocalittico ambientato in un mondo tornato al medioevo prossimo venturo, conclusosi con il numero 100 l'anno scorso, nel 2014.




Anche questo Morgan Lost gioca con la linea dello spazio tempo, proponendoci (come vedremo) un 1953 alternativo. Fin dalla suggestiva cover, di Fabrizio De Tommaso (già apparso su Dylan Dog) si evoca questa scelta per "Il rosso e il nero", mostrandoci il protagonista e i suoi numerosi rivali in una tavola rivoluzionaria per la Bonelli.



Oltre alla scelta della tricromia in copertina (tradizionalmente, in Bonelli è a colori, mentre l'albo è in B/N) colpisce la scelta compositiva, a riquadri, che ritorna, in un formato compositivo diverso, anche nel prossimo numero, in edicola a novembre. Il n.2, "Non lasciarmi", sarà meno affollato: tre riquadri. Qui invece 13 vignette segmentano lo spazio alle spalle dell'eroe, con altrettanti nemici che sembrano giurare, come nel teaser della serie, "Ucciderò Morgan Lost".



Molti di questi (ma non tutti) li conosceremo nel corso della storia, al termine della quale la cover ci apparirà in parte meno misteriosa, divenendo un segno della ricchezza affollata di storie e personaggi di quest'albo e - in promessa - di tutta la serie.







Ma se viene da pensare a Stendhal leggendo Morgan Lost, non è solo per il suo romanzo più famoso, "Il rosso e il nero" appunto, ma anche per la sindrome che da lui prende il nome: la Sindrome di Stendhal, dove il soggetto resta senza fiato di fronte alla grandiosità di un'opera d'arte. Al di là dell'oggettiva qualità del fumetto, è particolarmente forte infatti la capacità di Morgan Lost di creare scene "mozzafiato", tramite scenari grandiosi e impressionanti, a partire dalla scena con cui si apre il fumetto.



Una abilità tanto più notevole quanto, in realtà, la griglia bonelliana è usata con una padronanza millimetrica, ma in modo fedele alla tradizione (quella "moderna", da Dylan Dog in poi). Non ci sono ad esempio splash page integrali, al massimo "a due terzi di pagina"; ma l'ottima costruzione drammatica riesce a rendere grandiose anche vignette di formato tradizionale (ad esempio, 57.i).



I disegni di questo numero uno, dettagliatissimi ed evocativi, sono di Michele Rubini, autore che non conoscevo, in forze allo staff di Zagor presso la Bonelli. La colorazione (fondamentale alla carica emotiva delle immagini) è di Arancia Studio.









La prima tavola (p.5) ci accoglie subito, dicevamo, con una scena da Blade Runner, ma un Blade Runner virato appunto in rosso, invece che in blu (horror, invece di nostalgica fantascienza...) e contraddistinto da un persistente tema egizio, che ci fa pensare anche alla fonte originaria di Blade Runner, il "Metropolis" (1926) di Fritz Lang, dove la città del futuro era immaginata nel tema babilonico della Ziggurath.



Se in Metropolis il tema babilonese rimandava a una società dominata da una tecnoscienza paragonata alla follia dei re-sacerdoti di Babele, qui il tema egizio, correttamente, rappresenta un mondo dominato dalla burocrazia. Tra l'altro Giorgio Moroder, nel suo restauro innovativo del film nel 1984, volle una colorazione con un viraggio alternamente blu e seppia che richiamava appunto Blade Runner stesso (l'uso di tale colorizzazione era fedele ai viraggi che potevano avvenire negli originali film anni '20). Escluso, appunto, il rosso, che è invece qui il protagonista.



L'atmosfera noir anni '50, unita a questa tricromia, evoca un'altra suggestione fumettistica: Sin City di Frank Miller, il primo ad adottare la tricromia, forse, in connessione al noto scenario noir, nel 1991. Ma qui l'uso delle stesse cromie è comunque profondamente diverso: tagli netti quelli di Miller, con campiture omogenee di colore; mezzetinte potenti e drammatiche quelle di Chiaverotti, forse ancor più funzionali nell'evocare atmosfere da vecchio film.









La corruzione di questo mondo futuro è data dalla lotta spettacolarizzata tra i Serial Killer e i loro Bounty Killer, che riflette bene del resto le psicosi del nostro mondo contemporaneo. Wallendream, il principe degli assassini seriali (6.i) mi richiama Wallenstein, il grande condottiero secentesco, e ritorna nella cover, mentre l'elergente Leemhan Skelter (7.iii), anch'egli in cover, è una riuscita sintesi del turbocapitalismo della Lehman Brothers e dell'Helter Skelter diabolico. La Emanazione (7.i) potrebbe essere la ragazza in rosso in copertina, per completare la triade testé introdotta.







Jack, Farley e Igraine sono tre cacciatori colleghi di Morgan, e anche di loro probabilmente sapremo a breve di più. Online qualcuno ha osservato la singolare tenuta di Igraine, decisamente più sexy della media delle future girl, ma la cosa riflette probabilmente l'anticonformismo della cacciatrice. Più interessante, e non ancora annotato, è che Igraine è il nome della madre di Artù e di Morgaine Le Fay, Morgana, da cui deriva il suo nome anche il perduto Morgan Lost.



La presentatrice Lindy Kiss è tatuata sul volto con un asso di quadri, in quanto testimonial del JackPoker (un po' un rimando a PokerFace di Lady Gaga, sponsorizzata da un sito di gambling online di cui si vede il nome del sito sparso qua e là nel video). Il logo della TV è un ripetitore (a forma di piramide...) che irradia le sue onde sul mondo, molto anni '50.







L'Hanuman Bar (8.ii) introduce una venatura indiana nel clima egizio che respiriamo, riferendosi a un dio-scimmia caro all'induismo (mentre presso gli egizi era il dio degli scribi). Il bar, come notato da Daniele Ramella di "Caffé Saturno" (qui la sua recensione), rimanda all'Hiroshima Mon Amour, locale di Torino che appariva già ne "I delitti della Mantide" di Chiaverotti, in Dylan Dog. Anche qui, tra l'altro, vi era la presenza di una serial killer specializzata nell'eliminare i suoi amanti, quindi la rispondenza è profonda.



Veniamo quindi a sapere (12) che la tricromia Bianco-Nera-Rossa corrisponde anche al particolare daltonismo dell'eroe: vediamo dunque il suo mondo con i suoi occhi.



E finalmente vediamo Morgan in azione (15.i), su un caso minore, al termine del quale ci vengono spiegate le trasformazioni di questo mondo alternativo: New Heliopolis è sorta negli anni '30 su New Canaan (una New York, quindi, alternativa fin dalla sua fondazione, pare...) per via delle ossessioni del governatore Strieber (p.22-24), probabilmente connesso al dominio della burocrazia che ha preso ancora più potere rispetto al nostro mondo: infatti, il sistema egizio è in fondo una celebrazione della potenza di un mondo piramidale, retto dagli Scribi e dai Funzionari emanazione dello stato-faraonico. Costruzioni maledette, forse, che ricordano il grattacielo eretto in onore di Gozer in Ghostbuster (a sua volta, Gozer suona come Zoser, il primo faraone omaggiato di una piramide a gradoni).



Notiamo che Morgan viene pagato in euro-dollari (23,iv), cosa che lascia intendere che ci troviamo in una Europa alternativa, oppure che Europa e America sono, in qualche modo, unificate. Nel caso europeo, saremmo nell'Inghilterra (dylaniata?) o in una Europa dove l'inglese ha completamente conquistato il continente (non solo nei locali, ma anche nei nomi di persona).



Il mondo come noi lo conosciamo, nel mondo di Morgan Lost, è il tema di un romanzo di fantascienza di Einstein, con un rimando a "La svastica sul sole" di Philip Dick: ma se in Dick Hitler ha vinto la guerra, qui è morto nel 1937 (ucciso da Marlene Dietrich) e non vi è stato il conflitto mondiale.











P.25-26 mi hanno ricordato il primo Hellblazer, mentre l'Hopper's Bar (27.i), dove davanti alla barista Eva il nostro reincontra i già visti cacciatori, è un giusto omaggio a Nighthawks del pittore americano, che ha codificato molto dell'immaginario noir che in questo fumetto è magistralmente ripreso. "Non te lo impalmi un mammalucco" (27,v) è bellissimo, la lingua letteraria senza tempo dei Disney italiani della mia infanzia e dei vecchi Bonelli.



Il Central Hospital (p.29) riprende invece dai deliri del futurista Sant'Elia, le cui città impossibili sono state l'ispirazione di Metropolis (altro rimando fortemente presente) con il gusto per la connessione tra il futuro e l'antico, tra megatropoli e Babilonia, che è qui declinato in chiave egizia. Le sexy news sono corrotte e castigate al tempo stesso, niente presentatrici nude, giusto uno scorcio di scollatura (28,v) mostrata però con voluta lascivia.



Tra l'altro la tricromia permette la finezza di segnare in rosso le sequenze del ricordo, caratterizzate dal classico "smussato" bonelliano (ricordo insaguinato, ovviamente: da p.30 in poi). "Doc Splatter" al cinema Empire (32, iv) è forse, un po', un rimando allo spirito del Dylan Dog delle origini, e ad ogni modo appare anche lui in copertina, a riprova che è probabilmente una figura ricorrente.



Nel vecchio cinema dell'eroe appare per la prima volta la robotrix di Metropolis (33.i) mentre Lisbeth mostra come il segno della pace che l'eroe porta alla cintura è il suo. Alcuni online hanno pretestuosamente criticato tale scelta, ma è evidente come il contrasto insito nel killer portatore del segno è voluto (stile Apocalipse Now, e mille altri film sul Vietnam). L'elemento è parte dell'ucronia: da noi, appare solo nel 1958, almeno dieci anni dopo.



Chissà comunque se Clarisse (34,v) avrà un ruolo o se è solo un flatus vocis; i sethiani invece appaiono in copertina, ma è del resto ovvio siano importanti.



Il culto di Seth connesso alla maschera che anche l'eroe è costretto a portare (p.38 e seg.) fa pensare, per certi versi, alle maschere dei supereroi in Watchmen (fissate al volto con colla da teatro); e in generale questo 1953 alternativo ricorda in parte il 1985 alternativo di quel fumetto: anche là, una New York "alla Blade Runner" ma con tema egizio e indiano dominante, che riflette le ossessioni di Ozymandias. Più che altro, indirettamente Chiaverotti fornisce così una chiave di lettura per quel tipo di maschere nel capolavoro di Moore, che sicuramente affrontava il tema dei supereroi come "nuovi dei" (io avevo sempre pensato a un rimando shakespeariano al "gran teatro del mondo": ma il rimando sethiano è più sottile ancora).



Il manicomio psichiatrico di Shablands Asylum (Shab Lands: "terre della notte", appropriato. Il termine è persiano). Finker Dead, "figlio dell'avvocato" che scanserà la sedia elettrica (47,iii) fa pensare a That Yellow Bastard, e conferma l'ascendenza statunitense del fumetto col tipo di pena di morte. Irrilevante per la trama: ma mi diverte sempre trovare un Barber's Shop nei miei fumetti preferiti (49.iii).



Un paio di dettagli ci danno anche l'anno esatto di svolgimento della storia: la lapide datata 1925-1947 (52,iii) pone un landmark preciso per l'evento che ha sconvolto la vita del protagonista, mentre poco dopo (55,iii) scopriamo che siamo circa sei anni dopo (da tanto tempo il protagonista si è trasferito in questo loft, dopo l'evento, come ribadito anche nell'ultima vignetta), quindi nel 1953. Il fatto che, come Hugo Cabret del film omonimo, viva in un orologio (55,i), si collega all'omaggio a Melies (54.iv), di cui parlava quel film, e ovviamente sottolinea la natura di cinefilo della precedente vita di Morgan.







La statua di Horus al posto di quella della Libertà (57,i) è di grande impatto, assieme alla distopia di un mondo da 14 ore di lavoro (57.ii) e lo stuolo dei burocrati a 57.iii.



Intanto lo spettro di p. 61-62, che simboleggia l'ossessione di quest'albo, è l'ultimo degli omaggi che appaiono in copertina. Non so se questo indichi una vita per Dollybell oltre questa storia.



In 65.i troviamo una pubblicità subliminale, "alla Watchmen", "Do not forget N...A...": frammenti di "Do not forget New Canaan"? Un tema che appariva già nelle conversazioni degli agenti.



P.67, con un po' di metafumetto (67,v) ci mostra come i supereroi siano, in questa ucronia, un fatto cinematografico più che fumettistico (anche qui, ironico riferimento a Watchmen, forse).



"Backgammon Willie" sembra uno "Steamboat Willie" alternativo (p.70); e del resto, anche per ragioni di copyright, qui non può esistere Topolino.



Ritorna in 68.i  la scultura colossale della robotrix. Mentre il noir procede verso la sua prima, parziale soluzione - che ovviamente apri più misteri di quelli che risolve - Morgan affronta uno sgherro della Sezione 5 che è uno dei mancanti "nemici di copertina". L'altro lo ritroviamo vestito di scafandro, quando visitiamo anche il tempo della burocrazia (81.i) che si conferma uno degli edifici più grandiosi e il centro del potere più evidente sulla città.



L'urlo di Munch modificato secondo Murnau (83.ii) è spettacolare, e ritorna nel Nosferatu di copertina, evocando però un reale nosferatu che si cela nel palazzo. I Conigli Mannari della copertina e del promo sono solo evocati dalla citazione di Donnie Darko (86.i)



Ma in generale un po' tutta l'Arte Degenerata in senso decadente segna questo cosmo alternativo: bello il Degas di ballerine sanguinarie; alla Venere di Milo sono state attaccate due braccia come protesi cyborg. Molto divertente, giocando sui cromatismi della serie: Guernica è un dipinto che si conserva identico, ma viene virato al rosso, quando nell'originale è in bianco e nero. Il capolavoro dell'espressionismo tedesco pittorico (che prelude a quello filmico, da cui Morgan Lost attinge a piene mani) è tra l'altro stato anche realizzato, in incisione, in una versione in rosso e nero.









Insomma, un lavoro affascinante: e se qui ho evidenziato soprattutto citazioni e rimandi, va ribadito che la bravura di Chiaverotti sta nel fonderli insieme in un qualcosa che, come di suo solito, risulta comunque innovativo e inconfondibilmente personale. Il colpo di scena finale è infine un cliffanger potentissimo verso il numero 2 (presentato come un "Secondo Tempo"), che attendo con grande interesse.









PS: ho sempre amato, in Dylan Dog, una "colonna sonora suggerita" dagli editoriali o da riferimenti interni al testo. Mi piacerebbe un'indicazione simile anche in Morgan Lost. Per ora, un riferimento divertente potrebbe essere questo qui sotto. Ma sono sicuro che gli autori sapranno suggerirci qualcosa di meglio.