Intervista ad Andrea Cavaletto.












LORENZO BARBERIS.





Come noto ai miei "venticinque lettori", questo blog segue con particolare interesse il fumetto orrorifico, meglio ancora se con qualche sfumatura esoterica. In Italia questo vuol dire soprattutto Dylan Dog, e uno dei nuovi sceneggiatori più interessanti dell'ultima generazione emersi sul personaggio è indubbiamente Andrea Cavaletto. L'autore, che è in questi giorni in edicola con l'Old Boy e tornerà presto a deliziarci con "La calligrafia del dolore", si è dimostrato molto disponibile a chiarirci diversi interrogativi e curiosità sul "suo" Dylan.















Il tuo primo lavoro per Dylan Dog appare nel 2010, con “L’armata di pietra” sul Maxi n. 13 disegnata dagli storici Montanari e Grassani. Com’è stato il tuo esordio nel mondo dylaniato?





Ciao! Prima di tutto, grazie per l'intervista. Venendo alla domanda, il mio esordio è stato duro e sudato, come immagino lo siano stati gli esordi di tutti i miei colleghi sulla testata. Ho contattato la redazione e ho chiesto se potevo provare a spedire alcuni soggetti di prova. Mi è stato gentilmente detto che in quel momento non stavano cercando sceneggiatori in specifico, ma di provare comunque a mandare quello che avevo fatto. Con mia grande sorpresa sono stato richiamato... Un soggetto poteva essere sviluppato! Il mio momentaneo attimo di giubilo si è poi trasformato in 9 mesi di incubo, perché è esattamente quello il tempo che ho impiegato per definirlo prima che venisse definitivamente approvato. Ma quando ho avuto l'ok ti lascio immaginare la soddisfazione...













Il tuo primo albo sulla serie regolare viene l’anno successivo, con “Piovono Rane” (294), con Piccatto, nel 2011, in cui esplori i risvolti “horror” di certe teorie new age, temi che per certi versi tornano anche ne “La dimora stregata”. Come nasce questa scelta particolare?





Nasce dal fatto che i temi ecologici, insieme alle filosofie orientali, mi stanno molto a cuore e da sempre mi interessano. Sono elementi che ricorrono spesso nelle mie storie, a volte anche a livello inconscio.





Pur essendo un autore relativamente recente su Dylan Dog, la tua collaborazione è iniziata prima della “rivoluzione dylaniata” degli ultimi anni. Cosa trovi sia cambiato maggiormente, dal tuo punto di vista di sceneggiatore?





Si respira aria di libertà. E c'è molta competizione. Prima si cercava di mantenere una certa uniformità nella struttura e nelle idee delle storie, adottando un certo rigore. Adesso sono il primo ad essere curioso di vedere cosa si sono inventati i miei colleghi, e credo che sia una cosa davvero molto positiva, soprattutto per un personaggio poliedrico e sfaccettato come Dylan Dog. Ogni storia nuova adesso è una sfida, ma è anche un piacere. Certo, è una bella fatica, anche perché in un certo senso è stato come se dovessi disimparare molte delle regole che mi erano state spiegate precedentemente, e non è una passeggiata. Il modo di scrivere il personaggio è cambiato tanto, più di quanto non possa sembrare a chi legge. Ma ripeto, i cambiamenti secondo me sono tutti  assolutamente in positivo.










La storia di questo Maxi (come in parte anche i “Sonnambuli” sulla regolare) mi sembra avere alcuni “non detti” tra le righe, come la figura di Yabu-San. Questo non-risolto è solo una (per me, apprezzabile) scelta stilistica o anche l’apertura a un possibile sequel?





Quando scrivo una storia non penso mai ad un suo possibile seguito. Però allo stesso tempo mi piace molto lasciare un senso di non-risolto. Più un lettore si pone delle domande e più ne sono felice. Mi piace pensare che i personaggi di ogni storia abbiano una loro vita che li ha portati nelle pagine della mia sceneggiatura, e mi piace lasciare questa sensazione al lettore. Credo dia spessore e dignità ai miei personaggi, e credo sia uno dei punti di forza dei miei script.










Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi progetti futuri, per Dylan o per la tua nuova creatura, quel Paranoid Boyd che (in modo totalmente autonomo) riprende anch’esso temi decisamente inquietanti e con aperture sul sovrannaturale?





Per Dylan è in uscita una mia nuova storia sulla serie regolare a Dicembre, dal titolo LA CALLIGRAFIA DEL DOLORE. E' la prima storia scritta appositamente per il nuovo corso e, senza spoilerare, tratta un tema che mi interessa molto, ossia il fatto di come spesso alcuni oggetti che possediamo ci posseggano. E' una storia splendidamente disegnata da Piccatto e dai suoi collaboratori. Poi ce ne sono altre due in fase di lavorazione per OLD BOY, e, sebbene sia troppo presto per dire qualcosa, posso dire che ne vado molto fiero e che credo faranno parlare...





In futuro uscirà poi anche una mia storia breve per il COLOR TEX (altra immane sudata per il sottoscritto, paragonabile solo alla soddisfazione di esserci riuscito).





PARANOID BOYD, di cui ti ringrazio ancora per la bella recensione, è invece la prima serie a fumetti interamente creata da me. E' pubblicata da EDIZIONI INKIOSTRO e invito tutti ad andare a dare un'occhiata alla sua pagina facebook dedicata per farsi un'idea. E' un horror drama a tinte forti, libero da censure di qualsiasi tipo. E' una storia su come la società usi varie forme di paranoia per controllarci e programmarci. Ma soprattutto è la storia di William Boyd, paranoico per eccellenza che, come un moderno e decadente Don Chisciotte, si trova suo malgrado a scontrarsi contro tutti e forse anche contro se stesso... Spero che il pubblico scopra e decida di seguire questa serie che, nelle mie intenzioni, pur chiudendosi ad ogni ciclo narrativo con un suo finale, dovrebbe giungere alla sua definitiva e unica conclusione solo tra cinque anni.




Un saluto e grazie,


Andrea Cavaletto



Ringrazio anch'io molto Andrea per questa bella intervista ricca, a mio avviso, di molti spunti interessanti, e do appuntamento - a lui e ai lettori - al prossimo albo dylaniato firmato dall'autore!