Nathan Never 296 - Metropolitan Hospital





LORENZO BARBERIS



Era da molto che non leggevo "Nathan Never", l'ammiraglia della fantascienza bonelliana.

L'esordio sulla testata di Diego Cajelli (accompagnato al disegnatore Francesco Mortarino) mi ha convinto a riavvicinarmi per questo singolare tentativo di Medical Drama futuribile.



L'omaggio alla principali serie medicali è evidente, da E.R. al Dottor House (Cajelli, tra il serio e il faceto, voleva intitolare l'albo "It's not lupus", tipica "esclusione" delle prime scene di un episodio del buon dottore).



La cosa apprezzabile è che Cajelli ha fatto un notevole lavoro nel creare una medicina futura con una buona applicazione della legge dell'estrapolazione fantascientifica classica: ovvero, partendo da procedure mediche realmente esistenti e immaginandone lo sviluppo dopo l'applicazione delle tecnologie immaginarie introdotte nel cosmo di Nathan Never.



Questo aspetto, da "hard science fiction", è probabilmente il maggior motivo di interesse dell'albo, che evita i due rischi opposti di mostrare un ospedale identico a uno presente (magari con la semplice aggiunta di un medico robot, un infermiere cyborg e una caposala aliena) o inventare delle supercazzole assolute di tipo fantascientifico.



Anche la polemica latente dell'albo verso la tecnologizzazione della medicina è coerente con il narrato e, a quel che mi ricordo, col personaggio di Nathan Never, sfiduciato verso il mondo di macchine in cui vive.



Lo sviluppo di una fantascienza ipertecnologica si sposa poi bene al disegno di Mortarino, molto pulito ed elegante, che dà il suo meglio qui nel Mecha Design impeccabile (un punto di forza del miglior Nathan Never, negli anni '90: oggi per certi versi lo diamo per scontato).









Non manca una discreta sequenza nel cyberspazio, dove Cajelli non si fa mancare una certa ironia sulle convenzioni bonelliane (p.54) e il loro gusto per un certo didascalismo dei personaggi. Forse c'è anche un ricordo di Cybermaster, il primo speciale neveriano, ma lo sviluppo di Cajelli è poi fedele al principio delle tre leggi asimoviane, che del resto su Nathan Never sono state enunciate fin dal primo numero (con minime modifiche interessanti).



Il buon uso dei principi della robotica mi fa domandare se Cajelli conosca anche quest'opera di Asimov, penso la sua principale riflessione sulla robotica medica (che va in una direzione diversa, ma parte sempre dal tema del robotico a confronto con l'umano in condizione medica).



Oltre alla riflessione tecnologica, non manca tra le righe una estrapolazione abbastanza rigorosa dei problemi legati all'iperliberismo capitalista in ambito medico, trattati in modo efficace, sullo sfondo della storia e senza inutili enfasi moralistiche.



Insomma, un albo elegante nello sviluppo del tema, in cui il consueto rigore della sceneggiatura di Cajelli si conferma anche nell'ambito della fantascienza neveriana. Molto classica anche la griglia bonelliana, efficace forse soprattutto nelle scene operatorie, che riesce a rende piuttosto claustrofobiche nell'affollarsi di macchine curanti eppure vagamente minacciose. C'è qualcosa comunque in tutto della estrapolazione precisissima di Crichton, che non a caso è il padre sia di una fantascienza iperdettagliata sia del moderno dramma medicale con E.R..



L'albo è quindi consigliato in particolare agli appassionati di questi due temi interconnessi. Nell'attesa, per quanto mi riguarda, di vedere Cajelli alle prese con qualche tema verso cui nutro maggiore interesse: magari un noir - di cui è maestro - in chiave fantascientifica, oppure qualche sua escursione sul mio amato Dylan Dog.