The Graveyard Book





LORENZO BARBERIS



Tra le letture natalizie, una prima menzione d'onore spetta a The Graveyard Book.

"Il libro del cimitero" era un romanzo di Neil Gaiman del 2008, ideato dall'autore già nel 1985 quando viveva vicino a un cimitero e vedeva il proprio figlio aggirarsi tranquillo in triciclo tra le tombe.



Vincitore della maggior parte dei premi di settore nel 2009, la sua trasposizione a fumetti appariva inevitabile per l'induscutibile autorità di Gaiman nell'ambito, alla pari di Alan Moore con cui ha creato il "rinascimento inglese" del fumetto americano.



Philip Graig Russell, che ha seguito l'adattamento, è tra i massimi maestri delle trasposizioni fumettistiche, specialmente del fantastico colto, con una venatura esoterica: Elric di Melniboné, L'anello dei Nibelunghi wagneriano, il Flauto magico mozartiano.



Non solo: egli ha adattato anche il "Jungle Book" (1894) di Kipling, che è una delle fonti di questo "Graveyard Book" (evocato anche dal titolo, a quello simmetrico). Lo stesso Gaiman ha insistito molto su quella fonte, per dissimulare altre rispondenze più inquietanti.



In realtà, personalmente è avvenuto l'opposto: il riutilizzo del libro della Giungla da parte del fumetto esoterico inglese rende l'opera (premiata col Nobel all'autore e dall'adattamento disneyano) più iniziatica di quanto credessi.



Già il tratto biografico è unheimlich ed esoterico: se Gaiman si è ispirato al figlio, è inquietante che il romanzo (e il fumetto, molto fedele) inizi con l'uccisione della famiglia del bambino di due anni da parte di un uomo-Jack.



Ancor di più che, scopriremo nel corso del racconto, tale bambino sia perseguitato da una setta occulta di maghi, antica come Babilonia, definita dei Cavalieri Jack (il fante delle carte) perché i Jack vedono in lui la propria nemesi (e, nel tentare di cancellarlo, in verità creano il proprio nemico mortale).









L'oscura profezia parla infatti di un ragazzo "sospeso tra la vita e la morte", quale lui diventerà tramite la sua esperienza, protetto dal cimitero nel suo complesso e in particolare dalla Guardia d'Onore, creature fantastiche volte al bene, che lo tutelano come oscuri alter-ego di Baloo e Baghera.









In particolare, i Licantropi come "Mastini di Dio" rimanda al mito di Mowgli come "figlio della Lupa" allevato da un branco di lupi, un mito frequente nell'antichità (Romolo e Remo, ma anche prima, nel mito spartano ad esempio) che identifica di solito creature eccezionali, forgiate da quel duro apprendimento.



Le corrispondenze tra i due libri sono comunque fitte: la Danza degli Elefanti come momento sacrale della Giungla, la Totentanz come momento centrale del Culto della Morte, vera "signora di passo" dei due mondi ed unica figura venerata nell'opera. Mowgli disobbedisce spesso fuggendo dalla giungla per curiosità verso gli umani (gli è proibito per il pericolo di Shere-Khan), e viene battuto dai suoi custodi: idem avviene per Nobody. E altri paralleli penso si potrebbero trovare facilmente a una lettura comparata.



Insomma, il Mowgli che sconfigge la tigre Shere-Khan (non a caso il capitolo che le è dedicato è intitolato "Tiger Tiger", come la poesia di William Blake) è un "Messia lupesco" che vince la Tigre, in Blake simbolo apocalittico e demoniaco (sia pure presentato con indubbio fascino).







Tyger, Tyger, burning bright

in the forests of the night,

what immortal hand or eye

could frame thy fearful symmetry?



In what distant deeps or skies

burnt the fire of thine eyes?

On what wings dare he aspire?

What the hand dare seize the fire?



And what shoulder and what art

could twist the sinews of thy heart?

And when thy heart began to beat,

what dread hand? And what dread feet?



What the hammer? What the chain?

In what furnace was thy brain?

What the anvil? What dread grasp

dare its deadly terrors clasp?



When the stars threw down their spears,

and water'd heaven with their tears,

did He smile His work to see?

Did He who made the lamb make thee?



Tyger, Tyger, burning bright

in the forests of the night,

what immortal hand or eye

dare frame thy fearful symmetry?



Blake poeta infatti aveva messo a confronto a fine '700, la Tigre e l'Agnello come simboli rispettivi di Demoniaco e Divino. Come illustratore, aveva indagato l'Apocalisse, la Divina Commedia e il Paradise Lost di Milton, a riprova della sua profonda fascinazione per il tema (la Grande Prostituta di Babilonia, che appare in Apocalisse e in Dante, è convenzionalmente vista cavalcare una Tigre in incisioni anche antiche).









Ma la ripresa di Kipling è indubbiamente più "diabolica" in senso cristiano, o meglio, "classica": non è l'Agnello che può misticamente vincere la Tigre, ma il Lupo, il Cane-Lupo ("Mastino di Dio") animale feroce ma addomesticabile alla difesa dell'uomo. Il Veltro di Dante contro la Lupa infernale.







Nel Graveyard Book la già oscura profezia del Jungle Book si fa più radicale ancora.
Il fatto che il protagonista "Nobody" (nome odusiaco, ma anche nichilistico) Owens non appartenga né al mondo dei vivi, né al mondo dei morti è in qualche termine un rovesciamento della doppia natura cristologica in una chiave occultistica tipicamente moderna.



Non un rovesciamento totalmente superomistico (ma alla fine, in realtà, Owens è un super-uomo, con la sua dimestichezza con l'occulto che lo rende molto superiore ai presunti "maghi" dell'Ordine dei Jack) ma con l'esaltazione dei Freaks come nuovo popolo eletto, sventurate creature mostruose in realtà buone (o almeno degne di compassione).



Operazione molto simile a quella condotta, con più successo quantitativo, dalla Rowling con il suo "Harry Potter", negli stessi anni di Gaiman (se prendiamo per buona la sua rivendicazione di una gestazione dal 1985): i Maghi, popolo disprezzato perché temuto dagli uomini, sono costretti a nascondersi, ma tra loro nasce sia la minaccia suprema all'umanità, Voldemort, che ambisce a dominarla, sia colui che salverà l'intera umanità, Harry Potter, il giovane eletto volto a salvarla.



Curioso che, nel suo ultimo capitolo finora della "Lega degli straordinari gentlemen" (2010) Alan Moore, strettissimo sodale di Neil Gaiman, ponga Harry Potter come una sorta di "anticristo" del suo cosmo iniziatico, fermato invece dalle creature del fantastico inquietante, difensori degli umani.



Un astio che potrebbe trovare un perché nel sostegno alla "operazione magica" dell'amico Gaiman, volto a creare un differente "Moonchild" nel suo "figlio del Cimitero", eclissato però a livello di successo di pubblico da quello della rivale Rowling.



Il "rovesciamento" è più esplicito in Gaiman, anche se ai tempi di Ratzinger la Rowling, molto più nota, fu più attaccata. Il mentore di Nobody è il vampiro Silas, rimando all'antico "Silvano", la divinità caprina dei romani, che ritorna come capostipite dei Vampiri anche in un altro ciclo recente, "The Vampire Diaries" (1991) di Lisa J. Smith. In Harry Potter i vampiri sono marginali ma malvagi, e piuttosto stupidi (come il minore Conte Sanguini, ospite delle feste chick dei Serpeverde).









I licantropi sono totalmente buoni, "Mastini di Dio" (unico riferimento esplicito al divino); in Harry Potter sono di vario tipo: licantropo è uno dei primi luogotenenti di Voldemort, ma anche il professor Remus Lupin, mentore di Harry Potter. Appare una scelta individuale, ma è comunque un lato oscuro da contrastare.



I Maghi, viceversa, sono fondamentalmente buoni in Harry Potter, e solo alcuni si avvicinano al lato oscuro: essi dominano "colonialmente" il mondo magico, in modo che è contestato, ma blandamente: il loro rapporto con le creature fantastiche va migliorato in modo riformista (verrà fatto, si intuisce, da Hermione Grander), ma le creature fantastiche spesso hanno quello che cercano: gli elfi, ad esempio, sono masochisticamente votati ad essere servitori, e molti degli alleati di Voldemort (in primis i Dissennatori) sono esseri diabolici e disumani.



Qui le creature fantastiche sono in gran parte buone, mentre i Maghi (quelli che appaiono) sono un Ordine mostruoso e malvagio, che deriva da Babilonia (quindi l'antica magia è in sé malvagia, non solo una degenerazione recente); e Babilonia è termine apocalittico che Dante ha riletto come allusivo della chiesa corrotta, oltretutto. Il rimando ai Cavalieri-Jack, che hanno come copertura attività caritatevoli, più ancora che alla chiesa fa pensare alla Massoneria e alla sua beneficienza laica (qui in Gaiman vista come "copertura"); il rimando a Jack fa pensare a Jack The Ripper (o anche Jack The Jumper, prima), che Moore ha ricondotto, in "From Hell", a un complotto massonico (secondo una ricca tradizione). Anche in Moore il massonismo magico è, tendenzialmente, malvagio (vedi il ciclo di Jallakuntilliokan).



I fantasmi, infine, sono in Harry Potter anime irrisolte: chi è risolto va "oltre il velo" (come hanno fatto i genitori, anche se Harry preferirebbe - da piccolo - fossero vicino a lui). Il Graveyard è sorte comune: tutti sono nel cimitero, non solo chi ha un trauma da superare prima di andare oltre. Appare la concezione classica: la condizione di Ombre è strutturale, non vi è altro passaggio.



*



Insomma, un'opera interessante, questo Graveyard Book, di cui consiglio la lettura (fumetto, romanzo o tutti e due). Un capitolo importante e forse sottovalutato del fantastico contemporaneo, e forse a suo modo un capitolo dell'eterna "Guerra dei Maghi" inglese.