Dampyr - La Grande Bestia


LORENZO BARBERIS.

Attenzione: possibili spoiler.

Devo confessare di non essere un lettore abituale di Dampyr, testata bonelliana che si avvia verso il duecentesimo numero, ma ho sempre trovato i numeri che ho letto molto ben strutturati. Per cui, quando si è profilato un numero con una apparizione di Crowley come guest star, non ho potuto fare a meno di procurarmelo.

Creato nel 2000 da Maurizio Colombo e Mauro Boselli (cui dobbiamo anche la sceneggiatura di questo numero), Dampyr tratta le vicende di Harlan Draka, appunto un dampyr, ovvero figlio di un vampiro e di una umana, che combatte nella "grande guerra dei maghi" dalla parte del lato bianco.

Il numero in questione si intitola "La grande bestia", coerentemente con l'autodefinizione di Crowley stesso. La cover di Enea Riboldi ci introduce subito un tipico rito crowleyiano (che tornerà nell'albo), con l'eroe protagonista pronto a intervenire, nell'ombra.

L'inizio è piuttosto intricato, e l'albo fa costanti riferimenti alla continuity del personaggio (più serrata, mi pare, della media Bonelli), togliendo un po' di godibilità al lettore occasionale come me. Ma, nello stile bonelliano, è comunque possibile seguire agevolmente i punti salienti della trama.

Le Parche, comunque (effigiate con meritevole sobrietà, come filatrici qualunque di una società contadina senza tempo) riportano quindi in vita un adepto di Crowley ucciso dal Dampyr, Sho-Huan.

Crowley fa la sua apparizione la vignetta prima dei titoli di testa, che ci proiettano in una Praga iper-letteraria con una bella tavola muta. Qui Draka sta studiando i testi di Crowley quando gli viene assegnata la missione di eliminare l'antico nemico ritornato in vita.

La storia prosegue con intricata eleganza. Notevoli le splash pages usate per mostrare il passato crowleyano, come in 17-18: immagini moderne eppure antiche, in qualche modo, nell'impostazione, come in generale tutto il segno di Arturo Lozzi, perfetto nell'evocare l'atmosfera di una Praga Eterna, quella della letteratura più ancora di un'eventuale Praga Reale (frequentissime le citazioni libresche che occhieggiano tra le pagine del fumetto, senza ricongiungersi all'esplicita erudizione di Martin Mystere).

L'impostazione di tavola è tradizionale, " a mattoncino", ma le ampie splash pages (ma con rigorosi margini a delimitarle) ritornano più volte nel racconto, oniriche ed evocative, portandoci addentro un turbinio di multiversi lovecraftiani (ma il Lovecraft rettamente inteso, non solo "tentacle porn" come capita a volte di trovare).

La storia ci conduce gradevolmente al finale, con tanto di un twist attendibile per chi si intende di esoterismo (e che non ha quindi la visione churchilliana di Crowley come "uomo più malvagio d'Inghilterra") ma coraggiosa in un fumetto popolare.

Insomma, una storia consigliata per i cultori del buon vecchio zio Crowley, fatta salva la già detta avvertenza sulla continuity. In attesa della "ristampa praghese" delle prime quattro storie di Dampyr, e magari del ventilato team up con l'inquilino di Craven Road.