Donne e Madonne





LORENZO BARBERIS.



Mostra molto interessante a Fossano, ormai conclusa, di cui ho scritto qui per Margutte.

Riporto sul mio blog un po' di foto, e qualche mia considerazione più libera.



















Una mostra sul femminile, quindi, come evidenzia il triplice titolo "She: Donne e Madonne", dove il principio femminile è nominato in tre lingue diverse (inglese, italiano e italiano antico). E una mostra per metà anche al femminile, con le notevoli opere di Anna Branda, autrice molto interessante, perfettamente in grado di cogliere l'Eterno (e l'EterEo) Femminino, autrice che chissà non si riesca a portare nella nostra Mondovì.



Le sue Donne sono indubbiamente Madonne, non tanto nel senso strettamente religioso, ma in quello nobiliare, regale (e quindi implicitamente sacrale) Ma domna, Mia Signora nel senso del femminile di Dominus, dominatrici ma gentili di stirpe e d'animo, come la perfetta donna angelicata.











Interessanti come sempre anche le opere di Franco Blandino, che ho già avuto modo di presentare alla Meridiana di Mondovì e che è l'illustratore ufficiale della nostra "Margutte".



















Anche qui, una breve galleria d'immagini, e rimando all'articolo su Margutte (citato a inizio pagina) per una disamina più ampia. Aggiungo solo che, da grande amante del fumetto, di Franco apprezzo particolarmente la capacità di recepire l'efficacia del segno fumettistico italiano con una ricerca pittorica in continuo divenire, che lo porta a soluzioni efficaci ed originali.







Notevolissima poi la collezione di oleografie religiose di Luciano Casasole, che offrono uno spunto di riflessione su quest'iconografia ingiustamente trascurata, ma affascinante per il suo grande significato sociologico.



Mi ha sempre affascinato - e questa mostra me lo ha ribadito - la compresenza di una dolcezza di superficie apparentemente melensa in queste immagini, in cui si cela però sempre una sottile, oscura minaccia che le rendono più pregevoli.



Maria ad esempio è spesso è celebrata per il suo Cuore Immacolato, ardente di fuoco e trafitto dalle spine della corona di Cristo; una devozione nata nel 1643 (in un generale recupero di Maria in chiave anti-protestante) e prospera nell'Ottocento, con la dedizione di molti ordini religiosi specie femminili, e con nuovo impulso da Lourdes (1917) in poi.











Ma anche la Sacra Famiglia è spesso effigiata con la costante prefigurazione del martirio della Passione, molto evidente in questa iconografia più rara, di cui ho parlato meno nell'articolo: probabilmente un'immagine sacra destinata alla dimora di un sacerdote, data l'aggiunta dello Spirito Santo e di Dio Padre sopra il Fanciullo, che già però nella postura prefigura la Croce, che appare come in visione sopra di lui. Ma anche le altre immagini presentano tratti simili.









Questa, ad esempio, rimanda esplicitamente a quella di prima, per la composizione, ma - anche per il differente formato? - è sparito il piano celeste e resta solo più la Sacra Famiglia umana. La Passione è evocata solo più dalla postura, in un dipinto meno mistico e più realistico.







Qui, invece, il destino di Agnus Dei è evocato dal Divin Fanciullo che accarezza un agnellino; gesto tenero ma, implicitamente, sacrificale. Non è esplicitato, ma sovente in questi soggetti Giuseppe sta già realizzando la Croce che sarà usata per il Figlio; e l'espressione di Maria è sempre di una serenità melanconica.







E anche quest'unica eccezione (mi pare) al tema di Maria / Sacra Famiglia, dedicato a una sorta di "ex voto preventivo" all'Angelo Custode, riecheggia la stessa mistura ossimorica di serenità ed angoscia: la scena campestre sembra lieta (a differenza appunto dai veri ex voto, dove sono subito evidenti esplosioni, cariche di tori eccetera) finché non ci avvediamo del pontile senza barriera. In una qualità minore, l'opera mi ha ricordato qualcosa delle fanciulle di Bouguereau, il gran maestro dell'Art Pompier a cui, inevitabilmente, questo kitsh di sapore ottocentesco guarda come modello.







E, in generale, questa sezione della mostra - la più inconsueta, senza nulla togliere alla bravura dei due autori contemporanei presenti - porta inevitabilmente a una riflessione sul kitsh, sulle sue declinazioni, sfumature ed evoluzioni storiche. Dovrei rileggermi il capitolo corrispondente degli "Apocalittici e Integrati" di Eco, che consiglio anche ai lettori. Magari, in futuro, ne riparleremo.