Dylan Dog - Baba Yaga







LORENZO BARBERIS.





Il rinascimento dylaniato continua a produrre i suoi frutti a ormai tre anni dal suo inizio.


Anche il Color Fest è andato soggetto a una trasformazione, e dopo l'ultimo numero altamente sperimentale che introduceva il nuovo formato, è la volta di questa nuova variazione con una storia singola, ad opera di Paola Barbato e Franco Saudelli.













La copertina di Ausonia, uno dei tre autori dello scorso numero, serve a creare una continuità ideale con quest'albo, anch'esso "d'autore", anche se meno dirompente rispetto ai canoni bonelliani. Franco Saudelli infatti, maestro dell'erotismo d'autore - in particolare legato al bondage e al fetish - era approdato a Dylan Dog già al numero 119, su testi di Sclavi, ancora all'interno (per un soffio) del primo decennio aureo del personaggio.













Prima ancora di Paola Barbato, che aveva esordito nel 1998 e solo l'anno seguente sulla serie regolare. L'autrice, indiscutibilmente valida, è stata una delle colonne di questo rinascimento dylaniato che ha visto un intensificarsi della sua presenza. Qui la presenza di Saudelli fa pensare, col titolo, al capolavoro di un altro gran maestro dell'erotismo come Crepax, autore completo, che con Valentina aveva dedicato un albo alla strega del folklore russo. Ma poi, in realtà, Saudelli qui ha poco spazio per il suo erotismo, in una storia elegante ma che segue altre strade: perfino la schiava di Baba Yaga, Vassillissa, appare scalza ma senza compiacimenti saudelliani.





Del Color Fest l'albo riprende l'esordio in splash page. L'avvio surreale ricorda certo spirito sclaviano delle origini, con il consueto inetto kafkiano che non riesce nemmeno ad uccidersi per via di una oscura maledizione. Già il fatto che la Baba Yaga si trovi a discutere con un demoniaco damerino ci fa supporre quale possa essere il problema di fondo, che si rivela poi essere - come sospettabile - una rielaborazione di "Dangerous Habits" (1994), la storia di Hellblazer in cui John Constantine, morente di cancro, si salva mettendo i demoni uno contro l'altro.





Quello che lì era la conclusione, qui diviene il punto di partenza, e poi sta allo sventurato protagonista e a Dylan di trovare un modo di sfuggire all'impasse. In questo, la storia trova una soluzione originale, che permette un timido erotismo (una scena di sesso senza nudo, nel castigato stile dell'era Gualdoni) con il necessario twist finale.





Esperimento interessante e abbastanza riuscito, anche perché il tono fiabesco della storia si presta al colore forse meglio che al bianco e nero, più idoneo a storie più prettamente horrorifiche.