Dylan Dog 359 - Sul Fondo





LORENZO BARBERIS.



Possibili spoiler: leggete prima l'albo.



Il Dylan Dog 359 vede l'esordio, sulla testata regolare, di Matteo Casali, già apparso sul Color Fest 15. Casali è una new entry di sicuro interesse, con un solido curriculum americano (primo italiano a scrivere per la DC Comics, dal 2003). Qui si affianca a Marco Nizzoli, disegnatore dal segno dettagliatissimo apparso già con una storia nella gestione Gualdoni (e poi più volte nel nuovo corso), che si conferma una buona scelta per il tratto preciso, ideale in una storia paranoica come questa.









La copertina di Stano è di grande impatto, come al solito nella nuova gestione,. Bianco, nero e rosso "milleriani" per una cover essenziale, sullo stile di "Vietato ai minori", qui con un Dylan vagamente alla Challagan, e perfettamente rispondente alle dinamiche dell'albo.









Anzi, la copertina è - in modo rivelatore - quasi in sequenza con la prima tavola della storia, di grande efficacia ed essenzialità quasi astratta. Un ricordo, come ci segnalano i bordi smussati: ma ciò non aiuta molto in una storia particolarmente intricata sotto il profilo della sceneggiatura.



Bello ed efficace l'inizio in medias res che segue (6), continuando il montaggio a strisce orizzontali della prima tavola, per poi dissolversi nella classica griglia bonelliana.







Lo spunto di partenza (lo sviluppo è del tutto differente) ricorda il primo racconto della raccolta sclaviana "Sogni di sangue", che le dà il titolo. In entrambi i casi il protagonista ricorda come suoi dei delitti commessi da altri, come comprendiamo in 10.ii, vignetta dai margini smussati di ricordo.



Il gioco anche grafico tra presente e passato sarà particolarmente convulso: a tale proposito non comprendo se abbia un significato la vignetta in 11.v, smarginata in modo irregolare, o sia un semplice estetismo.



Risaliamo di nuovo indietro nel tempo, infatti, dove il cliente del mese, Holden (nome significativo, incontrato già in 6,iii, specie se in connessione col tema di un'adolescenza disturbata introdotto dalla prima tavola) Heckleton spiega la sua ipertimesia. La spiega in modo fallace: non dice per ora che ha un intervallo temporale preciso; caso vuole, comunque, che Dylan lo interroghi su quattro anni prima (proprio sulla soglia d'inizio del problema).



In seguito, si oscillerà molto tra tre e quattro anni nella definizione dell'avvio del problema. Una connotazione temporale imprecisa che può dipendere anche dal modo di calcolare il lasso di tempo: magari sono passati 4 anni effettuando una semplice sottrazione (2016-2012, per esempio), ma il quarto anno non è ancora compiuto, e altrove si parla quindi di 3.



La cosa contribuisce comunque a creare un senso di indeterminazione temporale inquietante e sospetta, il che è perfetto per indurre il clima di paranoia desiderato (è un espediente di cui parla anche Eco ne "Sei passeggiate nei boschi narrativi", nel saggio "I boschi di Loisy", che indagano appunto il labirintico temporale, qui usato con maestria.



Bella anche la rottura della gabbia del ricordo in 17.ii, con efficace effetto astratto. Si torna al presente (vignette squadrate). La maglietta di Holden (visibile da 7.iii) pare un quadrante di orologio con la lancetta invertita, simbolo perfetto del "time out of joint" dell'albo (e il tema circolare rimanda al pozzo della copertina, "sul fondo").



Usando il potere di Holden, si giunge all'assassino della vittima, Daniel (più avanti apparirà la fantasmatica Danielle, fusione forse della reminiscenza di Daniel con Bree Daniels). La furia dell'omicida si blocca con la caduta del piatto (22.ii), forse un altro rimando al tema del "cerchio spezzato" del tempo (le posate come lancette?).






Il cannibale vegano ci regala un po' di splatter in un albo paranoico-psicologico.



Rania e Carpenter di pragmatica, e poi torna il ricordo del cerchio, che si precisa come tubo abissale. In casa di Holden si precisa l'avvio dell'ipertimesia, con un rimando al caso del cannibale vegano (e così anche in questa puntata si inserisce un filo di splatter, a segnare che le cose sono cambiate). Il confronto tra 31.iii e 37.iv, per chi ci prestasse caso, dimostra che Dylan e Holden condividono la stessa tazza, elemento che (non spiegato, giustamente, da Casali) stabilisce il loro contatto psichico, prima assente (e il che spiega anche perché alcuni assassini e non altri siano colti dal cliente).



Casali è diabolicamente abile in 38.i: mette in evidenza estrema le tazze "Me" and "You", ma subito depista il lettore facendo parlare Dylan: "Qualcosa mi dice che sto per sentirti parlare di una donna importante...". Così l'inferenza scontata è che Dylan abbia colto le due tazze come segno (corretto) di una relazione. Invece, il significato della loro sottolineatura è un altro.






31.iii, l'inizio della sequenza.



Inizia quindi la fusione, su Bree Daniels (il caso più vicino tra i grandi amori di Dylan e il vissuto di Holden). La sequenza di p.42 è molto interessante. I confini squadrati ci parlano del presente; l'astrazione fumettistica però è totale (i quadrati neri di Malevich, letteralmente...) e ci rimanda ai cerchi delle voragini del passato.















Nizzoli è un eccellente iperrealista, ma in questa storia ha un debito con Malevich.



Dylan precipita così nell'abisso del suo passato, "in fondo al male" per citare l'ottima storia del 351 di Ratigher. Il Dylan senza certezze della fase due, privato di tutti i suoi riferimenti, si rivela particolarmente debole di fronte alla in fondo blanda "aggressione psichica" di Holden.






Inizia la caduta "sul fondo" dell'Abisso.








Anche qui c'era il tema del cerchio, nel gorgo infernale del Maelstrom.



Holden inizia a svuotare scatole di fagioli (Black Beans della Eden Organic: e forse almeno questo secondo nome ha un valore subliminal-simbolico) a comporre un corpo. Le tre ossessioni, quella di Holden, quella di Dylan, quella del nuovo killer, si fondono nella bella semi-splash muta in 47. 12 lattine come i 12 omicidi dell'assassino, lattine come quella di Dylan, un corpo come la singola persona che ossessiona Holden.






Non sono famosi come la Campbell Soup di Warhol, ma anche questi esistono davvero.



La metà dell'albo giunge con un nuovo rendez-vous e il proseguire della sovrapposizione inquietante.

Il killer viene preso, nuova doppia pagina di ricordo nel cerchio dell'abisso delle memorie (62-63): il cerchio si duplica nella canna e nel mirino del ragazzino crudele.



Dylan e Holden condividono nausea e malessere, come sempre nelle fusioni mentali del cliente: il tema del cerchio ritorna, in più dettagli (66.iv - 66.v e tutta tav. 67).



La storia prosegue verso la sua inevitabile conclusione, sull'orlo di un abisso che non è quello finora creduto (da p.80 in poi), con un ritorno al tema del cerchio e del pozzo;  Dylan riesce gradualmente a uscire dalla prospettiva angosciante perché falsante del ricordo condiviso, e risolve così il caso.



Bella la sequenza verticale di p.86-87, cui segue quella orizzontale di p.89-91 con lo sciogliemento definitivo della vicenda. Seguono le classiche tavole di "spiegazione finale", in una conclusione piuttosto tradizionale.



Albo quindi interessante, angoscioso il giusto, che contribuisce a esplorare ancora una volta il fondo dell'abisso in cui il personaggio è stato precipitato. Più che il ricordo della crudeltà infantile, colpisce il Dylan freddo, distaccato, quasi indifferente, ben rispecchiato nella glaciale copertina. Nell'attesa di un'uscita dall'abisso, che chissà se e quando avverrà.






Next stop: Remington House.

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