Martin Mystere - Speciale 33. "Troppi super-eroi!"
LORENZO BARBERIS
Spoiler alert as usual: leggere prima l'albo.
Gustoso come al solito lo speciale estivo di Martin Mystere, tutto ad opera dello storico duo Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini (che firma tavole e copertina). La storia questa volta non è in extended version, ma nelle canoniche 98 pagine; per raggiungere le dimensioni dello Speciale si è aggiunta una vecchia storia celebrativa di internet arricchita di una nuova cornice (la sola cornice è ad opera di Caluri; la storia è invece disegnata da Alessandrini).
Come al solito, siamo negli immaginari anni '30 mysteriani, ambientazione ancor più giocosa e fantasiosa rispetto all'originale dei nostri tempi. Il concetto è interessante, e ricorda qualche speculazione simile avanzata su Zona-X, bellissimo spinoff mysteriano degli anni '90. "Troppi super-eroi!" (col trattino, che dà un'idea di antiquato che funziona bene coll'albo) ci mostra una cover ironica con Martin nelle parti del Superman della prima apparizione del 1938 (la cover è comunque abbastanza appropriata, ma non svelo di più...).
A ben guardare, oltretutto, la cover è in realtà quella di un albo tenuto in mano dall'osservatore, con una particolare mise en abime ironica che pervade tutta la vicenda.
Una Mise en abime che viene subito ripresa nella rivelatoria sequenza iniziale (4.v), il set-up in vista del pay-off finale (anche se Castelli, ovviamente, evita poi la chiusura più scontata).
Un Superman originale in tono con quest'albo.
In 5.v incontriamo i Siegel and Schuster di questo Watchmen bonelliano, e finalmente arriviamo alla semi-splash di apertura (6) che crea l'illusione dell'attesa dei supereroi per far entrare in scena la solita Angie (presenza fissa degli special misteriani) e un supereroe superstupido come il Superman della copertina di Action Comics (9.iv).
Travis è una sorta di Dick Tracy (Dick Travis?) e Diana una poliziotta (sono anni '30 decisamente avanzati nella parità dei sessi, per esigenze di copione comic-o), Java non si tramuta più in King Kong ma diventa un wrestler sulla falsariga di Hulk, contrapposto a La Massa che fa il verso alla Cosa marvelliana (e alla classica domanda da fandom nerd d'antan, p.37.i).
Nel gioco Supermen/Ubermensch non possono mancare i nazisti da operetta (p.39), legati a una ovvia comparsata tra le figure fisse di MM; e Martin Mystere ha un suo doppio in Doc Savage, superuomo anticipatore dei supereroi (Travis lo usa per incastrare Martin sul caso: una cosa simile avveniva in Holmes, costretto a un caso da un parallelo, se non erro, con Dupin, definito "il più grande detective d'Europa", e lui solo d'Inghilterra).
Martin procede facilmente nel caso a p.42-43 (con strizzata d'occhio a Ortolani, massimo satirico dei supereroi in Italia, 43.i). Flash fa sollevare la gonna a Marylin (44.iv) e Martin riepiloga casualmente tutti gli inizi dei più grandi supereroi: il tono è sempre quello di disimpegnata ironia.
Intanto, in una Elsewhere disegnata da Escher, si ribadisce anche il secondo pezzo del puzzle a tre pezzi; la scena dei pesce-cani (67) ci introduce nell'isola di Disney-Moreau dove è finita Angie, incontrando Donald e Mickey "a parti invertite" e Papi Dannay/Disney poco entusiasta del confronto con i rivali cartoonistici (77.iv), offre un classico spiegone da cattivo da fumetti a una Angie che fugge per trasformarsi in una sorta di Biancaneve nella scena della foresta.
Il bacherozzo spaziale dell'inizio fa il suo lavoro nel finale, con un rimando, più che a Watchmen, al suo adattamento a cartone animato digitale Pixar, "The Incredibles". La chiusura con "That's All Folks!" e i crediti finali (98) conferma il tono scanzonato di tutto l'albo: indubbiamente godibile e divertente, anche se lontano ormai dal Mystere classico, che ritorna invece nella storia ripubblicata in appendice.
Verne e le sue invenzioni.
Il racconto "La macchina pensante" che otteniamo rovesciando l'albo contiene le riflessioni su internet di Alfredo Castelli, che con Mystere ha creato il primo eroe dotato di personal computer (nel 1982) e il primo protagonista di un pionieristico videogame italiano (1984, due anni dopo Spiderman).
"Nessun autore ha previsto internet", dichiara Castelli, che stranamente non cita l'abbastanza famoso "Un logico di nome Joe" (1947) di Will Jenkins, nei cui confronti Asimov (noto per il suo ciclo dei robot e per la sua sconfinata umiltà) confessava a denti stretti la sua invidia.
Molto bella la cover in una lingua di invenzione, caso più unico che raro credo nel fumetto popolare, che ha ampio seguito anche all'interno, salvo qualche raro intervento del BVZM (presumo che i testi siano traducibili in italiano, ma io non ho alcuna voglia di farlo).
La storia di cornice ipotizza in pratica cosa succederebbe se il SETI Program avesse successo, con la sua beata incoscenza anni '80: le conclusioni sono prevedibili, e torneranno nelle paginette finali, a chiusura della "cornice" (un po' forzata).
La storia centrale, quella già edita nel 1997, è un classico di Mystere di quelli che piacciono a me, verbosi e ricchissimi di infodump (ma infodump di altissima qualità, e sviluppata benissimo). Si spiega il Verne occultistico e ufologico stabilendo anche un parallelo Phileas Fogg / Doc Savage (che tra l'altro appariva nella prima storia in relazione a Mystere).
Immaginare un Verne precursore di Internet è un divertente paradosso, essendo la sua fantascienza modello di quella SF "spaziale" in senso lato, ovvero centrata su esplorazioni avventurose e fantastiche; agli antipodi di quella sociologica, basata sullo sviluppo distopico della città del futuro, che parte dall'altro grande vecchio della SF, Wells.
Nel complesso, quindi, un albo divertente e molto pop, sia pure nel pop coltissimo che Castelli, l'Umberto Eco del fumetto, ci ha abituato a leggere. Nell'attesa che magari, tra futurologia e superomismo, trovi nel futuro un modo di rileggere anche il buon vecchio zio Salgari, che tra pirati e corsari aveva trovato il tempo anche di cimentarsi nell'immaginare il nostro millennio.