Maxy Dylan Dog 27 - Old Boy
LORENZO BARBERIS
Avvertenza: possibili spoiler.
Il nuovo Old Boy estivo è di nuovo, come spesso in passato, monotematico, ovvero tutto sceneggiato da un autore (Giovanni Di Gregorio) e tutto disegnato da un altro (che poi in questo caso sono due: i celebri Giuseppe Montanari e Ernesto Grassani).
Montanari e Grassani sono sempre un piacevole salto nel passato, una madaleine in quegli anni '80 di provincia in cui Dylan Dog era davvero una rivelazione. Loro è il terzo numero di DD, sui licantropi, e sono quindi, dopo Stano (e a parte Trigo, sul secondo numero e una manciata di altri albi, poi scomparso), il volto più storico del personaggio. Da tempo sono limitati ai soli Maxi, ed è un peccato, perché non mi dispiacerebbe vederli all'opera su una storia del nuovo corso. Ma anche questo Maxi è piuttosto interessante e tutt'altro che un puro riempitivo.
La prima storia, "Messaggi da uno sconosciuto", si ricollega in modo appropriato alla blanda continuity della serie: ritorna Cagliostro (p.20 e 96), si evoca Lillie (p.34) e addirittura il numero 100 (p.89/90), con una bella splash page. Prima e indubbiamente più importante storia dell'albo, merita giustamente la bella e moderna copertina di Gigi Cavenago (che fa riferimento, ovviamente, ai disegni infantili).
Le lettere che Dylan riceve ci gettano, sul finale, una nuova luce sull'infanzia del protagonista dopo il suo arrivo al presente dal 1666, a soli sei anni, a Crossgate: con uno squarcio rivelatore sulla sua infanzia "normale".
Curioso notare come i volti dei genitori siano "in ombra" o nascosti (un tratto molto inquietante, e molto tipico dei vecchi numeri), ma alla fine in 97 e 98 vediamo la madre adottiva, molto simile a Morgana (come il padre è molto simile a Dylan stesso, pur non vedendolo invece mai in volto).
Seguendo il "gioco di corrispondenze" con la serie regolare, possiamo notare che se il 355, "L'uomo dei tuoi sogni" della Barbato, lanciava uno spiraglio sul futuro dylaniato, qui invece abbiamo una rivelazione simmetrica sul suo passato.
(E d'un pianto di stelle lo inondi / questo atomo opaco del Male)
"La notte delle stelle cadenti", dedicata al X Agosto (il mio onomastico, il che mi rende la storia particolarmente gradita), è la storia più "stagionale"; il meccanismo narrativo è strutturato in modo brillante, come tipico di Di Gregorio, che mescola bene le carte giallistiche del gioco di reincarnazioni permesse dalle stelle cadenti (molto disturbante è il "gender swap" che si viene a determinare).
L'elemento più interessante è la satira politica incentrata sul personaggio di Dalmer (nel nome ricorda D'Alema, nel phisique du role al limite più Berlusconi) che, leader di un inesistente Citizen Party (il Labour?), si oppone alla minaccia dell'UKIP (p.134,iii). Come al solito, sotto le mentite spoglie dell'Inghilterra si parla dell'Italia, con una satira politica raramente così palese dai tempi di Sclavi.
A p.156 infatti l'idea geniale del politico è un'alleanza tra i "due partiti tradizionali", di fronte al rischio, visto prima, di "perdere tutte le città del Galles". Nella realtà, si è visto come il "governo di coalizione" non è stato così geniale per fermare l'UKIP/Cinque stelle (qui si parla di "partitini locali", ma il manifesto elettorale visto prima era esplicito).
La conclusione della vicenda politica di D'Almer in 184-5, spietatissima (di nuovo, solo ai tempi di Sclavi contro Bossi in Doktor Terror si era osato forse di più), fa pensare inevitabilmente alla ferocia della "rottamazione" come principio politico (al di là dei casi singoli: proprio come concetto).
Il tema politico soggiacente all'albo (ben dissimulato, va detto) fa pensare a un parallelo con "La Macchina umana", il numero 356, dove nuovamente tornava il marxismo sclaviano (con esplicita citazione della Scuola di Francoforte di Adorno e soci) e la classe dirigente era mostrata come un branco di scimmie ammaestrate, totalmente incapace e inconcludente.
"Ritorno di fiamma" chiude questa trilogia mettendo al centro invece il passato di Bloch, in modo simmetrico a quanto avviene con Dylan nella prima storia. La storia ha potenzialmente implicazioni piuttosto disturbanti per come si rivela, alla fine, il "fantasma del passato" giunto a minacciare l'ispettore, anche se il tutto è lasciato necessariamente nel vago.
Per quanto legata al mondo dell'Old Boy, il Dylan prima della nuova gestione, la storia presenta anche (p.224) una critica spietata del romanticismo dylaniato, simile a quella che appare ne "Il Cuore degli Uomini" di Recchioni e "La calligrafia del dolore" di Cavaletto.
Un parallelo, se vogliamo, con "Vietato ai minori" e "Il prezzo della carne" sulla serie regolare, che formano un distico del recente antiromanticismo dylaniano.
Non manca una chiusura piuttosto potente, dove la terribile Medusa dell'albo è eliminata, a p. 289, nei pressi della barca "Perseus".
Insomma, nel complesso un trittico interessante, ben illustrato dal segno iconico di Montanari e Grassani, coi loro nettissimi contrasti di bianchi e neri dal sapore pop; anche se forse le storie avrebbero potuto giovarsi di una maggiore presenza di splatter. Lo stile algido di M+G creava infatti ai tempi un contrasto efficace con le sequenze più orrorifiche.
Qui invece l'inquietante è presente, specie nei ruoli femminili delle tre storie, ma più sottile e sfumato. In ogni caso, comunque, una discesa nell'orrore che è sempre piacevole praticare, un brivido gelido in un'estate torrida che non si sa se sia più terrore o nostalgia.