I coatti di Warhol.







LORENZO BARBERIS



Non scrivo sempre epitaffi dei vip appena mancati (di cui questo 2016 è stato notoriamente ricchissimo: il tempo passa e les dieux s'en vont) ma mi ha colpito la sinergia della morte di Labranca (il 29 agosto) nello stesso anno di Eco.





Due riferimenti imprescindibili dello studio del pop in Italia: indubbiamente ho seguito più Eco, il primo ad aver "sdoganato" (come si dice da Fiuggi 1996 in poi) lo studio dei consumi di massa. Ho sempre trovato più affine la disamina un po' verbosa e sistematica alla Eco che l'intuizione fulminante e essenziale di Labranca.





Labranca, però, mi era più vicino come generazione: l'ho letto e apprezzato più indirettamente. Eco aveva studiato, nel 1962, il Kitsch (e il Camp: analizzati a fondo entrambi in "Andy Warhol"), con Apocalittici e Integrati: Labranca era nato in quell'anno, diventando poi il teorico del Trash degli anni '90, dopo una militanza fanzinara negli '80, da riscoprire.










Una teoria emersa dalla rivista Trashaware (1992-1994), che non conoscevo, e di cui non si trova paradossalmente nulla online (forse ora si colmerà il vuoto).



Con"Agiografie non autorizzate" (1992), il primo saggio e "Giovani salmoni del trash" (1993) emerge la radicale differenza con Eco: la militanza (ragionata, a differenza dei "trashisti") nel trash, a differenza dalla distanza critica del maestro: “Ai Giovani Salmoni piacciono le cose brutte, basse e sottoculturali che brutte, basse e sottoculturali però non sono realmente, ma tali vengono ritenute dai misoneisti, soprattutto da quelli che vedono costantemente intaccato il proprio ruolo dominante”.



C'è l'attacco quindi alla dominante Tamaro (la Liala del XXI secolo dei Cannibali) e la passione per la televisione da lei disprezzata (e il peggio della TV, ovviamente: Paolo Brosio, che anche negli anni a venire non ha mai deluso), la passione per il Burghy in sfregio a Gualtiero Marchesi (e qui, nel 1993, c'è una preveggenza profetica, in quanto il cuoco poi si svenderà a fare un panino mcdonald).



In "Andy Warhol era un coatto" (1994) vengono uniti gli interventi dei primi due, per Castelvecchi, che sarà il principale editore di riferimento per Labranca (il rimando a Warhol e alla Pop Art ci rimanda agli anni di Eco). Qui la formulazione del trash diviene di una esattezza matematica, con tanto di una formula più semplice, e quindi più rigorosa, di quelle arzigogolate della semiotica (che vengono qui parodiate, ma in modo vincente: come il Futurama di Groening è meglio della SF new wave che va a parodiare, proprio nello specifico fantascientifico).







Le fondamenta ovviamente sono remote, e correttamente Labranca le coglie in Carosone, che negli anni '50 in "Tu vuo' fa' l'americano" (e nella meno nota "Torero", su una a me sconosciuta imitazione spagnoleggiante) prende in giro il coatto che si vuole Elvis Preasley. Perfetta rappresentazione della formula.





1992-1994, sono gli anni del passaggio da prima a seconda repubblica, dall'eterno democristiano al berlusconismo sfavillante per mezzo del lavacro fittizio di Tangentopoli. Labranca coglieva perfettamente lo zeitgeist di quell'era avveniente, molto più degli altri autori cui era accomunato nei "Cannibali", perlopiù romanzieri tarantinati che riprendevano il nome della storica avanguardia fumettistica del '77 (Brizzi, gigione, riprese anche Zanardi per la cover di "Bastogne").



Lo capisce meglio degli altri proprio perché non ne prende le distanze col territorial pissing (altro concetto, credo, da lui introdotto) di chi fa una ripresa ostentatamente ironica del Trash. Lui cita Mai Dire TV della Gialappa, dove la barriera di distanza è visiva: non appaiono in TV, ma anche il pur brillante "Tunnel" (che implica "del trash") e appunto "Avanzi", che si avvicina appunto all'estetica Camp, quella del cultore del trash intellettualistico che ha letto Eco, "di sinistra".



Ma non si salva nemmeno Mediaset, che è invece in molto sensibile al Kitsh, ovvero l'approccio "freddo" al trash, distante per pruderie piccolo-borghese, che elimina il basso nel trash credendo di renderlo così "alto" (ma invece rendendolo ridicolo), come nell'adattamento dei cartoon giapponesi.







Il simbolo par excellence del trash è il trans, che è quasi una sorta di scambio consonantico, disvelamento delle pulsioni nascoste dietro i tinelli borghesi (appare anche in un cannibale torinese come Culicchia, in "Tutti giù per terra", libro del 1994 e film). Non quello elegante e patinato, ovviamente, ma quello coscienza nascosta della provincia profonda. Ma c'è spazio anche per un prodotto di Cuneo (citata esplicitamente, assieme ad Alba) come la Nutella, o meglio i suoi interminati tentativi di imitazione.








Non manca un'attenzione al trash esoterico, "Astra" e i suoi modesti imitatori (ma già "Astra" va a imitare lo pseudo-occulto americano). Siamo a pochi anni dal "Pendolo di Foucault" (1988), forse c'è qualcosa della sua lezione.







Lo stesso vale - e questo è molto interessante - per Bonelli e Bonellidi, che proprio nei primi '90 vedevano il boom di imitatori di Dylan Dog.









Dopo la sintesi di "Andy Warhol era un coatto" il lavoro di Labranca resta brillante e applica i principi fondati all'analisi dell'era del trash. "Estasi del pecoreccio. Perché non possiamo non dirci brianzoli." (1995) coglie l'avvenuta transizione nel trionfo del trash al Ventennio Berlusconiano, l'era dell'estetica brianzola per eccellenza. Da non sottovalutare affatto la doppia blasfemia del titolo: riprende la più celebre citazione del napoletano Croce, riferita al cristianesimo ("non possiamo non dirci cristiani", il motto dei teocon ateidevoti di moda di quegli anni, l'asse Buttiglione-Ferrara) e la adatta al modello brianzol-berlusconiano. Doppia blasfemia: ovvia e blanda quella contro la croce, centrale quella contro il napoletano Croce, che estendeva un certo meridionalismo a tutta la penisola. Invece negli anni di ForzaItalia mostra la sua vittoria il modello-brianza, dopo il modello crociano della DC del mezzo secolo precedente.





"Labranca Remix" nel 1996, coi suoi brani remixati dai Cannibali (cannibalizzati, appunto...) mostra una modernità incredibile nella sperimentazione assieme alla vicinanza scalena all'avanguardia del momento.





Similmente l'effimera etichetta del "Nevroromanticismo" del 1997, in cui si accomunava in una sorta di progetto artistico agli altri cannibalizzanti, invece del fumetto riecheggia l'ultima vera avanguardia americana, quella dei Neuromancers del cyberpunk, neuromanti (negromanti neuro-digitali) ma anche new-romancers, "nuovi romanzieri" nei due sensi, unificando SF e letteratura ufficiale, per la prima (e unica volta) sulla scorta di Philip Dick.





I nevroromantici italiani prendevano la nevrosi e il romanzo/romanticismo, la loro avanguardia fu ancora più breve, ma era meritorio lo sforzo di svecchiamento della fissità culturale italiana di quel clima (Brizzi che esclamava "cyberpunk!" in Jack Frusciante, il precursore "Nirvana" di Salvatores...). L'esperimento lo lascia insoddisfatto, i giovani romanzieri "letame e lambrusco" (cit.) non l'hanno capito, e non lo ripeterà.



Diventa comunque autore TV con Fabio Fazio, per "Anima Mia" (1997), e da allora avvia questa carriera parallela a quella di scrittore (dal 2006 anche conduttore radiofonico).













Poi, nel 1998, l'approdo ad Einaudi con "Chaltron Hescon" in StileLibero. Il modello, il Chatron Heston protagonista (e Oscar) di Ben Hur, è assunto soprattutto per il paradosso del cambio consonantico, anche se può essere un buon simbolo (anche se più marginale di altri) del machismo anni '50 che quello fin du siecle riprende. Nei tardi anni '90 il coatto si fa cialtrone, si dissimula e prepara le sue future transizioni del 2000. Ma l'opera pare sia sottoposta a numerosi tagli e censure, non venga promossa (perfino le minimali copertine Einaudi di Tullio Pericoli cozzano con il campione del trash) e la conseguente rottura e uscita dalla serie A dell'editoria italiana, subito dopo l'ingresso.



E allora Labranca torna a Castelvecchi con "Neoproletariato. La sconfitta del popolo e il trionfo dell'eleghanzia" (2002), con cui sbarca nel nuovo millennio.









"L'era del neoproletariato è sospesa tra due ignoranze. Agli "ignoranti di destra", ipnotizzati da vallette, calciatori e dall'aspirazione alla purezza della razza, risponde una massa di "ignoranti di sinistra", vuoti ripetitori di idee di antagonismo campagnolo prelevate dai libri, non letti, di Klein e di Bové."



Un Labranca ancor più incattivito del primo analista del trash, che era a suo modo british e compiaciuto. Non distante, certo, ma a suo modo serenamente integrato alla corrente che risaliva. Notevole questa consapevolezza del neoproletariato intellettuale di sinistra, la "classe disagiata" di cui oggi parla Eschaton, in anticipo sulla rivelatoria crisi del 2008 che ha spazzato le ultime speranze (e colpendo il mostro sacro Dario Fo, intoccabile dopo il Nobel del 1997).







Più corrosivo appare anche nei passaggi del suo blog, aperto nel 2003, caustico e geniale. Sono gli anni dell'Infinite Justice, lo scontro finale Bush-Saddam che ha prodotto l'attuale mondo apocalittico in cui viviamo. Così ne scrive Labranca, genialmente cogliendo l'omologia dell'orrore:



"Rais" è una parola araba che significa "capo". Il "ràisi" in dialetto siciliano è colui che comanda le operazioni di pesca al tonno. Ormai per noi il "Rais" per antonomasia è (era?) Saddam Hussein. Fa molto effetto, quindi, sentire ai tg arabi parlare di "Rais Bush", forse usano "Rais" dandogli il senso di "presidente"?Quando sento quelle due parole insieme mi viene alla mente l'immagine di un mostro. Ha un occhio spento come quello di Bush e l'altro perfido come quello di Saddam. Ha mezzo baffo. Ha i capelli metà neri e metà grigi e sotto entrambe le metà il nulla. Un significato-mostro, insomma, evocato dal cozzare di due significanti per noi incompatibili. Almeno per coloro che ancora ne ricordano l'esistenza.



Oppure, sulla chiesa:



Non riesco a capire questo strano circolo vizioso. La Chiesa Cattolica chiede che le sia devoluto l'otto per mille così da continuare nelle sue attività di sostegno umano. Però lo chiede con numerosi spot. Conoscendo i costi delle inserzioni pubblicitarie sui principali network nazionali, mi chiedo quante altre attività di sostegno umano la Chiesa Cattolica avrebbe potuto svolgere con i milioni di euro spesi per realizzare e trasmettere quegli spot, tra l'altro decisamente brutti nel loro patetismo. La Chiesa Cattolica dispone della rete di comunicazione più forte e capillare: raccomandare il versamento della quota durante le funzioni religiose avrebbe permesso lo stesso risultato a costo zero.



E siamo ancora nella chiesa del "papa buono" Woytila, non è ancora il momento dello scontro, che verrà nel 2005 con Ratzinger (per poi finire con nuovo "papa buono" gesuita nel 2013, il vigente). Ma poi, anche qui: andare così nella struttura, per un personaggio pubblico, è piuttosto pericoloso (meglio l'attacco blasfemo gratuito). Non mancano naturalmente anche attacchi ai birignao "de sinistra", ovviamente (vedi sopra...).










Il Duemila si era segnato per l'arrivo del Grande Fratello, che è in qualche modo lo spartiacque del ventennio berlusconiano, un po' come l'Uomo della Provvidenza (1929) per l'altro ventennio. Format straniero, inglese, il Big Brother di Orwell, ma perfetto per l'Italia di allora. "Grazie fratello! Come diventare famosi bivaccando cento giorni su un divano" (2004) è l'analisi perfetta di Labranca, con tanto di copertina riflettente, in modo che il lettore si possa specchiare (analizzerà poi anche Taricone, in una delle bio alimentari che scriveva con poco entusiasmo). Anche in questo è precorritore, l'uomo dell'anno del 2006 su "Time" è "You", con riferimento alla nascita di YouTube, le telecamere puntate sullo Spettatore Qualunque.




Ma la sfiducia di Labranca va anche a Internet, nell'era in cui era accolto come salvifico (solo oggi inizia da noi la giusta ondata Apocalittica che bilancia quella Integrata). Dichiara infatti nell'intervista a Nino D'Attis su Blackmailmag:



Nessuna fiducia. Internet è una grande caserma, volgare e inutile allo stesso modo. La libertà che il mezzo potrebbe offrirci viene usata solo per insultare e scrivere scurrilità. I tanti siti di "letteratura" non sono che la solita discarica in cui si raccolgono gli scarti di una beat generation di maniera. Basta dare un'occhiata a un qualunque guestbook per rendersi conto di quanto sia basso il livello intellettuale dell'utente medio della Rete: nick imbecilli, sfruttamento dell'anonimato per esaltare continuamente la propria presunta potenza sessuale, diatribe calcistiche. Internet è un Bar Sport, un istituto per elettrotecnici, una grande parete di cesso dove si lasciano i peggiori graffiti. Spero che la Rete morirà presto e con essa il mio sito.
















Ma ormai Labranca è relativamente isolato: presente online con uno sperimentalismo geniale che però non facilita la sua diffusione, mentre trionfano blogger molto meno geniali. Un po' il tutto si riflette anche ne "Il piccolo isolazionista. Prolegomeni ad una metafisica della periferia." (2006), sempre per Castelvecchi. Colpisce la copertina minimalista, per lui che il minimalismo aveva schifato come apice del trash (minimalista era anche quella di Stile Libero, ma coerente agli scazzi poi avvenuti con Einaudi). Va detto che l'iPod (tarocco, probabilmente) è coerente con l'estetica dell'MP3 portata avanti sul blog contro il costo spropositato dei CD ("i martiri di Al Exia").








L'isolamento nelle nostre cuffiette, che sui social diviene simbolo del declino delle comunicazioni, rivalutato come positiva secessione dal mondo (come l'odio per i viaggi, palesato sul blog, a favore di un mondo che viene sul maxischermo con satellitare. Gemello dell'Ariosto, in questo).



E il culto dell'interland si esprimeva anche nel risiedere a Pantigliate (dov'è morto), comune di 5000 abitante nel milanese (pur essendo poi spesso a Milano). Intanto, se il trash continua a regnare sovrano, cambiava il trash che Labranca aveva descritto, quello del ventennio berlusconiano, la prolungazione oltre tempo massimo degli anni '80 italiani.



Gianni Agnelli aveva detto "la festa è finita" già dopo il 1989, ma fino al 2008 noi neoproletari ospiti indesiderati e molesti non ci decidevamo ad andare a casa. La crisi fa l'onda e nel 2011 spazza via Berlusconi (con l'ultimo exploit finale) e la sinistra, fondendoli grazie al bi-presidente Napolitano nella transizione di Monti, Letta e il perfetto monstrum apocalittico Renzi.



Per tutti gli anni '10 non si vota; Grillo scende in politica (non usciamo vivi dagli anni '80, comunque) mentre Obama il Presidente Nero sostituisce alla guerra muscolare di Bush una destabilizzazione sottile che, con meno mezzi, fa ancora più danni (non era facile, il Nobel è meritato). Via Gheddafi e Mubarak, scossoni anche ad Assad, e l'onda lunga dei profughi in una cupio dissolvi che sembra quando mandi volutamente in vacca una partita di SimCity scatenando disastri a raffica.



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Nel 2008 Labranca rivendica la dipendenza da facebook, da poco sbarcato in Italia; scrive le bio post-mortem di simboli mondiali ed italici come, rispettivamente, "Michael Jackson" (2009) e Taricone (2010), continua un lavoro sparpagliato sui giornali (come è normale), Libero in primis e riviste di settore, ma anche la presenza internet è caotica e caustica, spesso difficile da decodificare (Labranca originale o imitatore? Buona fortuna ai biografi e al primo tesista di laurea che punti alla lode).



«Qual è la normativa di riferimento per la tutela del diritto d’autore su Internet?

La normativa di riferimento è la legge n. 633 del 22 aprile 1941, e successive modificazioni, “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”.»

"Internet in Italia fa riferimento a una legge del 1941. Comunque alla SIAE si sono modernizzati e dalla data hanno tolto XIX Era Fascista." (Labrancalovesyou blog, 2012).




In fondo, il suo proficuo non uscire dalle due decadi che aveva interpretato (non un limite, sia chiaro: un rifiuto di credere all'illusorio numerico progresso della Matrice), i Novanta e gli Zero (omen nomen), si segna anche forse con la fondazione di "20090" (2013), quasi a segnare che tutti gli anni successivi sono 2009+X, come nell'ultima opera di questo 2016, dedicata al mondo dell'arte.









Il tema dell'arte ritorna anche nei suoi ultimi articoli a Libero, tra cui geniale quello destinato alla psicosi dell'estate 2016, i Pokemon (vedi qui) in cui, nell'ostantato e sarcastico entusiasmo per la pokemonizzazione dei Musei, propone di andar oltre e reintitolare il Museo Poldo Pezzoli in Museo Poldo Pezzali, fingere un avo dell'883 come fondatore e riscrivere tutto il museo in tale ottica, più favorevole alle nuove masse incipienti.



I futuristi bruciavano i musei, Labranca era ancora più geniale.

Tra '90 e Anni Zero ci ha illustrato la transizione alla piena età del Trash. Le sue parole, credo, saranno l'unica possibile guida per capire il Trash Millennium.



(In copertina: Dick Drago 4, "L'uro dei pleniluni", citato come esempio del Trash. Il Dylan Dog citato è invece il 91, "Metamorfosi" di Chiaverotti e Montanari-Grassani).