Orfani Terra 1 - Dalla cenere





LORENZO BARBERIS



Disclaimer: spoiler alert. Leggere prima l'albo.



Quinta (mini)stagione di Orfani prima della stagione conclusiva.

Questa volta la prima serie a colori Bonelli va ad occuparsi di quanto avviene sulla Terra abbandonata, come evidenzia chiaramente anche il titolo.



La copertina è, ovviamente, un particolare successo, con il coinvolgimento di Gipi, l'autore-simbolo del fumetto autoriale italiano, su cui merita fare una piccola digressione (per andare la storia basta saltare alla fine delle meravigliose immagini di Gipi qui sotto).






Classe 1963, Gianni Pacinotti approda alla Coconino nel 2003, e si impone nel 2006 ad Angouleme come il terzo autore italiano premiato al concorso, dopo big del calibro di Pratt e Giardino. Il fumetto che lo impone al grande pubblico è probabilmente quello successivo, LMVDM - La mia vita disegnata male (2008). Al di là dell'understandement manzoniano e del blando richiamo alla corrente dei "fumetti disegnati male" è, ovviamente, disegnato benissimo: non, però, nei canoni del "bel tratto" bonelliano e con un forte impianto intimistico, lontano dai temi del fantastico e dell'avventura.










Però, in realtà, il rapporto di Gipi col popolare è dialettico. Non a caso, al suo esordio filmico, L'ultimo terrestre (2011), sceglie di narrare - ovviamente, a suo modo - una storia di fantascienza, in Italia abbastanza un tabù. Gipi rinuncia per il film al suo pseudonimo fumettistico, ma la storia è ispirata a un racconto a fumetti della raccolta Nessuno mi farà del male di Giacomo Monti. E la locandina richiama vistosamente LMVDM. In un certo senso, Gipi pare dire, anche con questo (per me riuscito) film che fantascienza (e fumetto?) possono essere un modo efficace di trattare i temi intimisti cari alla tradizione italiana.










In seguito Gipi realizza una prima cover bonelliana, la variant di Spazio Profondo (2013), il punto di svolta del rinascimento dylaniato (numero speciale di Recchioni e Mari, anch'esso a colori). Lo stesso anno in cui Gipi realizza Unastoria, primo fumetto candidato al premio Strega.







Sono seguiti la cover di YA (2015), romanzo fantasy di Roberto Recchioni, e i disegni per il card game fantasy Bruti (2016). Anche l'ultima opera La terra dei figli (2016), tra l'altro - devo ancora leggerlo - si muove sui temi della fantascienza post-apocalittica, sempre come presupposto per una riflessione prevalentemente intimista. Insomma, come detto, un rapporto "critico" col popolare, ma non di rifiuto, di cui questo numero Bonelli rappresenta una nuova tappa.



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Ma veniamo all'albo.

Soggetto e sceneggiatura sono di Emiliano Mammuccari (in coppia col fratello Matteo), il creatore grafico della serie, per i disegni di Alessio Avallone (già apparso altre due volte nella serie) e i colori di Giovanna Niro.



Visualmente la serie comincia con i grandi classici di Orfani: prima pagina a taglio orizzontale (5), splash page doppia e smarginata (6-7), personaggi dai nomi altamente simbolici, Cain and Abe, Caino e Abele (8). Come al solito, dialoghi secchi ed incisivi, una prevalenza dell'azione, lo sdoganamento di qualche scorrettezza prima assente, se non vietata, in Bonelli (9.iii). Il gioco cromatico inizialmente continua ad essere quello dell'azzurro e del rosso, simbolici di spietata freddezza tecnologica e ultraviolenza.



La seconda doppia splash di 13-14 - ormai la splash non basta più, bisogna rendere linguaggio ordinario anche la doppia - introduce un elemento che era stato usato finora con parsimonia nella serie, ovvero vignette minori inserite in una grande splash, per coniugare spettacolarità e narrazione.



Un espediente diffuso nel fumetto americano dagli anni '80, di cui è forse il maestro, certo non unico, Frank Miller. Su Orfani questo si era visto meno, eccezion fatta per la guest star Bacilieri, che nel suo numero aveva usato questo espediente, parte del suo linguaggio. Qui è ancora abbastanza centellinato e alternato a tavole a gabbia tradizionale; ma dopo l'introduzione spettacolarizzata su doppia splash ritorna più avanti su splash singole, nella discesa agli inferi della discarica.



Abe e Cain sono abbastanza in parte, mansueto e aggressivo, e ricordano in parte i due Orfani maschi di Ringo. In loro prevale la fratellanza, non la rivalità: ma i nomi non sono mai casualmente simbolici in Orfani, e Abe ne paga lo scotto per le mani di un giovanissimo boss locale (24).









26.i mostra il ritrovamento della cartuccia del videogioco di ET, il più grande flop videoludico nella storia, all'origine della "peste del 1983"; una delle piccole concessioni al citazionismo nerd, che la serie ha usato con parsimonia. Ma l'ironia non segna un alleggerimento, anzi: inizia la parte più cupa e disperata dell'albo, un secondo atto segnato anche dal cambio delle scelte del colore.



Se fino a qui erano prevalsi i toni opposti di blu e rosso degli Orfani classici, qui prevalgono i colori luminosi e sabbiosi della Discarica, con un gioco di contrasto: tanto è drammatico e senza speranza lo scenario, tanto è seducente la sua rappresentazione visiva, come dimostra la bella splash di p.30.









Lo sfruttamento schiavistico degli orfani rimasti sulla terra, peggiore di quello dei fanti spaziali che, perlomeno, avevano un destino illusoriamente avventuroso ed eroico, si accompagna anche al ritorno dell'integrazione tra splash page (qui singole, non più doppie) e vignette, che troviamo in 38 (apparizione della Città), 42 (l'Aereo che garantirà la salvezza), 57 (il Trattore, prima sfida intermedia: la notte ritorna sui toni del blu, sia per ragioni naturalistiche che simboliche), 61 (la Ragazza), 71, 79, 88 (l'atto finale: la Fuga). Insomma, le svolte della narrazione, che introducono un elemento nuove, sono punteggiate (ogni dieci pagine o un po' meno) da una splash integrata a vignette, cosa che riduce, ovviamente, le splash propriamente dette.



Lo sviluppo intermedio della narrazione è invece condotta con la griglia bonelliana tutto sommato tradizionale, anche se usata al massimo del dinamismo. Anzi, per la svolta più cupa e disperata (95.vi) si sceglie una rara griglia più affollata della media bonelliana, per evidenziare la claustrofobia di questo mondo carcerario, dove ogni prigioniero è carnefice e viceversa.



La conclusione di p.98 è di nuovo invece una splash totale, ma con margine, opposta alla smarginata p.30 che aveva introdotto il paradossale carcere a cielo aperto della Discarica, circondata dal deserto.









Il passaggio dal disegno alla scrittura di Mammuccari mantiene una forte continuità con l'affresco globale della serie, pur andando a integrare vicende lontane dal nucleo principale legato agli Orfani-Guerrieri. Rimane comunque presente la solita visione disperata di un pianeta condannato, dove la speranza dei singoli in cui l'umanità non è ancora spenta è destinata ad essere, in vario grado, frustrata, salvo qualche vittoria minore e una sopravvivenza marginale.



Anche disegni di Alessio Avallone e i colori di Giovanna Niro confermano gli standard visivi molto alti della serie, anche se al tempo stesso evidenziano la scelta di una maggior omogeneità possibile nel tratto (elemento conseguente alla serrata continuity, ma anche trasversale alle singole stagioni).



Al di là dell'innegabile qualità della narrazione in sé (che giustifica l'esperimento editoriale della doppia uscita, in edicola e in libreria), resta molto interessante anche come Orfani si qualifichi come campo di sperimentazione di tecniche narrative bonellianamente nuove (qui, le splash "integrate", con vignette) che vengono integrate alla griglia classica, in un tentativo di riforma del linguaggio ormai in gran parte recepito.



Segnalo anche la bella recensione di Michele Garofoli per Lo Spazio Bianco, in attesa del numero due.