Dylan Dog Color Fest 20 - Il buono, il brutto e la cattiva







LORENZO BARBERIS



Due appunti, come di consuetudine, sul Dylan Dog Color Fest in edicola dall'8 febbraio 2017: il primo con una data precisa indicata in quarta di copertina, come il precedente numero per quanto riguardava la regolare. E anche il primo con una costola diversa dal solito, con una scritta marrone scuro invece che il solito giallo, per un errore tipografico.



Possibili alcuni spoiler, ovviamente, anche se come al solito mi divertirò ad annotare più che altro alcuni dettagli minori. Più che altro, trovo che abbia poco senso leggere questi appunti prima del fumetto, come per ogni recensione. In ogni caso, siete avvisati.







La bella cover di Marco Mastrazzo (direttamente dai social alla cover, come sottolinea l'editoriale stesso) ci mostra un Dylan che mima il suicidio in un ossario gotico con un dito insanguinato, spinto da uno dei puttini/gargoyle demoniaci che giocando fanno fuoco con la sua pistola. Il principale riferimento visivo è però Taxi Driver, citazione coerente alla fase di crisi profonda di Dylan, che ritorna qua in almeno due storie, la prima e la terza.







Curioso notare anche che sparando, simbolicamente, il puttino va quasi ad evirare Dylan. A un primo livello, comunque, pare un rimando alla prima storia, considerando l'ossario, e se leggiamo i plumbei puttini come elementi statuari animati.







Probabilmente è solo la ripresa inconscia di un archetipo, ma Dylan vinto dai putti-grottesca mi ha ricordato il Marte vinto dagli amorini nel noto dipinto di Botticelli, del 1483, che contiene secondo alcune letture tale tema (estenuato dagli amori con Venere, Ares si vede sottrarre le sue armi dai faunetti, simbolo della potenza sessuale che ha - momentaneamente - perduto).



Il titolo rimanda ovviamente al celebre film di Sergio Leone del 1966, e tenta una sintesi delle tre storie. Una lettura potrebbe essere: il Buono è il Dylan della prima storia, vinto dai sensi di colpa, il Brutto è il mostro della seconda storia, e nella terza, la Cattiva sarebbe la Dog Girl (Dylan, il Mostro, la Ragazza: i tre pilastri delle storie dylaniate).



Ma vediamo quindi i tre racconti nel dettaglio.



Riposa in pace


Soggetto e sceneggiatura: Alex Crippa
Disegni: Christopher Possenti
Colori: Fabio d'Auria
















La prima storia è il doppio esordio di Crippa e Possenti sulla testata. La trama, almeno a un primo livello, è apparentemente esile, con molte tavole mute o quasi a dare spazio alla potenza visuale di disegni e colori; un rimando iniziale all'humour da Zio Tibia Picture Show (p.7 e 10), per poi passare a toni più seri. Le solite frecce direzionali nel montaggio di tavola (p.9, una mia idiosincrasia personale: e tornano pure a p.24). La scritta sulla tomba a p.28 non sembra allineata alla prospettiva; curiosi i caratteri in 30.vi.



Interessante comunque tutta la sequenza da 28 al finale in 34, che sembra quasi anticipare il rimando allo "Scuotibare" del prossimo Color Fest.



Significativa la vignetta finale: la statua in primo piano rappresenta la ragazza, ovviamente (la sua funzione è già anticipata dalla statuaria in 19.i, e in generale le sculture sono bene usate come sottolineature drammatiche nella narrazione), e l'Angelo vendicatore caccia dall'Eden un minuscolo Dylan sullo sfondo, simbolo del suo senso di colpa. L'emergere dell'azzurro crea una serenità dopo i toni del rosso che dominano l'albo, ma probabilmente è illusoria.









 Va notato infatti che, da quanto si vede in 24.i, il serial hipster baffuto non l'ha solo uccisa, ma incatenata e tenuta prigioniera (e seviziata?): cosa che probabilmente aumenta il senso di colpa / forza del poltergeist. Il finale fa pensare a tratti a Zodiac e la sua ossessione per le vittime come schiave da condurre in "Paradice" (vedi qui): impressione confermata dalla sua espressione felice in 32.i. Forse le catene non sono quindi nemmeno un rimando alla realtà, ma un costrutto simbolico della condizione ultraterrena della ragazza (la visione tre Escher e Piranesi in 26 potrebbe allora essere l'inferno che la imprigiona).



Un altro chiodo sulla bara del "buon Dylan", e un rimando al tema dominatore/schiava (in chiave del tutto diversa) dell'ultima storia, volendo.







Ballando con uno sconosciuto

Soggetto e sceneggiatura: Barbara Baraldi

Disegni: Nives Manara

Colori: Sergio Algozzino



La Baraldi ritorna a breve distanza dalla regolare anche sul Color Fest, e a breve sarà di nuovo sulla serie principale, intensificando le sue presenze. Apparsa come quarta, si tratta della seconda storia dell'autrice in assoluto, scritta quattro anni fa, poco dopo Il bottone di madreperla e prima delle due storie sulla regolare, uscite in sequenza.



Qui si affianca ai disegni di Nives Manara, all'esordio su Dylan. Sorella di Milo Manara, l'autrice in prevalenza ha realizzato fumetti di stampo naturalistico, un fumetto erotico-fantasy, Alis, su testi di Franco Ressa e per le Edizioni Di, e numerose altre cose, per Rizzoli, Corto Maltese e Corrier Boy.



Di suo ho - per un mio interesse regionale - la Storia del Piemonte a fumetti, sempre su sceneggiatura di Franco Ressa, uno di quei classici fumetti più didascalici che narrativi, sul modello della Storia d'Italia di Enzo Biagi.



Si trova tutta a questo link qui:

http://www.mepiemont.net/storia/pag1fum.html









Milo Manara aveva del resto illustrato la cover del quinto Color Fest, senza indulgere eccessivamente al suo tipico erotismo. Nives Manara segue (qui e altrove, a quanto ho visto) il tratto del fratello in modo abbastanza evidente, a partire dalla splash di apertura riportata sopra.



Il rimando all'erotismo è abbastanza insistito, le belle fanciulle che fuggono dal brutto mostro che invade la doccia. Se proprio si vuole, nelle loro movenze possono sembrare danzare, e il mostro è di sicuro uno "sconosciuto", con un possibile rimando al titolo.









La parte sentimentale, ambientata a Portobello Road (p.36), può avere qualche rimando, anche in certi dialoghi, a Notting Hill, mentre le vicende nel collegio riprendono un mix di Suspiria e Carrie. Nuovamente un collegio infestato, quindi, come nel Color Fest 19 - e, più indietro, con la Dea Madre o, addirittura, il numero 3, ambientato in un collegio (probabilmente, in mezzo ne dimentico qualcuno). Dylan non a caso scherza sul fatto di essersi ormai fatto un'esperienza di collegi maledetti.



Se il Bottone era pensato come breve, quest'opera sembra una storia dylaniata regolare, sullo stile che poi la Baraldi avrà sulla regolare, ma condensata in una breve. Presente anche il citazionismo nei nomi dei personaggi, tipico dell'autrice:











Il vicepreside ricorda l'omonimo Charles Laughton, Marianne Lamarr ricorda Hedy Lamarr. Jason Monroe, studente maschio, contiene un rimando testuale a Marilyn. Greta Lovisa Gustafsson, nome della direttrice, è il vero nome di Greta Garbo, e troviamo anche una Jane Hayworth, con rimando a Rita Hayworth.



Molto insistita, in tutta la storia, la presenza di elementi floreali; il tema del Brutto è presente più in quanto bruttezza percepita che reale, in connessione appunto alla succitata Carrie. La Baraldi mette in scena di nuovo un Dylan "cavaliere senza scintillante armatura", termine chiave che ritorna anche nell'ultimo albo di Dylan Roadie. Un insistito Dylan romantico, che risolve la situazione senza l'uso di forza fisica o esoterica, simile in questo al Dylan classico di Recchioni che troveremo di nuovo nell'ultima storia.







Vittime e carnefici

Soggetto e sceneggiatura: Roberto Recchioni
Disegni: Cristina Mormile


Colori: Sergio Algozzino



La terza storia, del curatore Recchioni, è incentrata sulla "cattiva" Madaleine. All'inizio la relazione tra i due sembra ispirata allo stesso zuccheroso romanticismo della storia precedente, tra il Dylan che non usa ombrello (tratto che piace a Recchioni, appare già in Mater Morbi) e paralleli con Peter Pan (del resto, anche Dylan non può invecchiare). Ma presto ci si addentra in una riflessione su chi sia la vera vittima e chi il carnefice, che porta la storia in un'altra direzione, senza alla fine dare, credo volutamente, una risposta univoca.



Il Bloch pensionato di Wickedford (74-75) appare forse per la prima volta su un Color Fest, in un incontro al pub World's End. Più avanti, si ha anche una prima apparizione a colori di Rania, a segnare che questa è una storia pienamente del nuovo corso. E a p.81, quella qui sotto, si intravvede sullo sfondo il ristorante "De Gustibus", vicino al 7 di Craven Road.
















L'evoluzione "cattiva" che la storia d'amore prende può essere più maliziosa di quanto sembri, e il parallelo con la Bella e la Bestia disneyana (tra l'altro, la versione filmica è di questi giorni) forse un po' depistante.



La slave Maddalena è infatti rossa di capelli e si prostra ai piedi di Dylan. Ora, il Dylan di Recchioni è apertamente cristologico (tutto il nuovo corso è un estenuante Calvario, citando tra l'altro l'ultimo albo dell'ex curatore Gualdoni), e in modo anche abbastanza aperto dopo Mater Dolorosa, quindi appare possibile anche questo sotto-testo religioso.



Mentre Maddie esce dal BDSM Safe and Consensual, appare sullo sfondo (84,89,97...) la Shard Tower di John Ghost, presenza insistita, quasi a indicare che anche questa ultima tentazione di Dylan si può ricondurre a lui.



Il BDSM è un tema amato da Recchioni, che vi dedica anche un tumblr, Rrobe Porno. Per contro, come quasi sempre avviene del suo Dylan, la situazione non è risolta con la forza ma col dialogo delle parole e dei corpi, sotto un manifesto di castigata shunga art alla giapponese (p.90), forse Hokusai o comunque un autore simile, che fa quasi il paio con lo stile della Mormile, efficace ma vagamente nipponeggiante.











Il prossimo numero, il 5 maggio napoleonico, torna una storia unica, "Lo scuotibare" di Masi per i disegni di Pontrelli, da quel che si intuisce dalle anteprime, a tratti piuttosto sperimentali.