Dylan Dog Magazine 2017





Terzo appuntamento, il 25 marzo 2017, con il Dylan Dog Magazine che ha sostituito il vecchio almanacco (il primo almanacco con la data di uscita sulla cover): qui da me è uscito già da un po'. Non dovrebbero comunque esserci troppi spoiler, anche se non penso abbia senso leggerlo prima dell'albo.



Copertina come al solito di Bruno Brindisi, colonna portante della serie, che ripropone Dylan nella posa iconica con cui ascolta i (più spesso: le) clienti. Il segno è preciso ed efficace come al solito, bello il bafometto e anche la foto dell'uomo in fez sullo sfondo (chi è? da decifrare), la tazza della polizia. Forse come cover non mi convince del tutto, specie la colorazione, magari anche per il confronto col più pittorico Cavenago, che aveva usato la stessa immagine per il suo esordio da copertinista sulla regolare, al 363 (vedi qui).







L'immagine, a sua volta, era già stata usata da Stano (oltre che nel primo numero della serie come disegnatore, ovviamente) per la copertina del 195, "Uno strano cliente", di cui abbiamo riparlato da poco essendo "L'albo dei Beatles" prima del recente 366 (vedi se vuoi qui: ma cerca il 195, è un articolo piuttosto vecchio e ampio).







Dato che siamo in tema di copertine, annoto anche come il Magazine di Brindisi copertinista non punti a creare delle cover nuove, ma a citare sempre situazioni iconiche pregresse, ovviamente per rinforzare l'effetto nostalgia.







La prima, quella del 2015, era quella che mi aveva convinto di più, riprendendo il finale di Dylan Dog, il numero 100, ma rovesciandolo (Dylan non guarda all'esterno, ma dentro). Qui la recensione.







Il secondo, quello del 2016, mostrava quasi un Dylan annoiato, in contrasto con quello action della prima cover (qui la recensione di allora).



Questa volta non colgo una particolare evoluzione, salvo la riproposta di una posa archetipa.



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Il Magazine si apre coi soliti servizi, la parte forse meno rilevante oggi. Il mini-fumetto di Giorgio Giusfredi (testo) e Paolo Bacilieri (disegni), innovazione del nuovo magazine, è sempre carino, e il servizio tematico, i giovani nell'horror, serve almeno a introdurre per contrasto la variazione ideata da Alberto Ostini, che ci propone un horror in casa di riposo. I disegni di Riccardo Torti, noto online anche per il brillante e sarcasticamente snobistico webcomic Torti Marci, servono bene la storia, una versione nemmeno horror, più che altro comica di Cocoon, che viene ripreso con pochissime variazioni, salvo quelle necessarie a inserire i personaggi del canon dylaniato coinvolti nella "Variante Wickedford".



Ostini sembra qui prendere di petto le possibili obiezioni alla noia di storie incentrate sulla "pensione di Bloch" e ne fa spunto per una vicenda narrativa in sé ben congegnata, ma abbastanza lontana dal pur vago coté horror associato all'"indagatore dell'incubo". Se il nome Sherlock Holmes Bloch ha irritato i fan più duri e puri, così come le eccessive rivelazioni sul passato dei personaggi, Ostini introduce una madre di Bloch come virago da barzelletta della settimana enigmistica (o, a livello alto, la "vecchia imbellettata" dell'umorismo di Pirandello), vero motore narrativo della storia.







La struttura della tavola è efficace ma molto tradizionale, tranne che in una sola doppia splash marginata sui ricordi di Dylan che va quasi a citare la doppia splash di Cavenago in Mater Dolorosa: tavola in sé bella, ma quasi parodistica in una storia improntata all'humour totale (oppure un omaggio slegato dal contesto, che contribuisce comunque a sedimentarne il mito, a farla "divenire linguaggio").



Torna l'espediente della "storia nella storia" per la breve finale, coi disegni sempre affascinanti di Giorgio Pontrelli (approfitto per rimandare a questa mia intervista qui) in questo caso in bicromia con una nota di rosso, come di consueto. Qui Ostini abbandona il registro comico e si adotta un registro "tragico", molto più efficace, che porta in modo coerente alla bella splash page finale.



Insomma, un divertissment di Ostini che non esplora più di tanto le potenzialità di Wickedford, che avrebbe potuto essere una - sia pur ironica - Twin Peaks dylaniata, e che invece stavolta è diventata l'occasione per l'umorismo su Villa Serena (il titolo forse meno adrenalinico di tutta la serie, presumo). Vedremo al prossimo Magazine che sviluppi ci si proporrà.