Lo scuotibare





LORENZO BARBERIS



Il 5 maggio napoleonico ha visto l'uscita in edicola anche del nuovo Color Fest, ormai giunto al numero 21. Come già avvenuto in precedenza nel nuovo corso, non abbiamo più storie brevi ma una sola lunga, sceneggiata da Giovanni Masi, disegnata da Giorgio Pontrelli e colorata da Sergio Algozzino.



La cover, invece, è di Giulio Rincione (di cui consiglio il bel C, qui su Verticalismi, l'opera di esordio del 2012), uno dei nomi più interessanti del nuovo fumetto italiano degli anni '10, soprattutto coi suoi Paperi. La sua copertina, ovviamente, cita il Nosferatu di Murnau.







L'editoriale di Roberto Recchioni sviluppa il consueto gioco letterario dylaniato della colonna sonora immaginaria: ci sono albi rock, altri sono jazz, questo albo è connesso alla musica indie di Arcade Fire o Arctic Monkeys, che può divenire un consiglio di accompagnamento alla lettura (non ci sono soundtrack intradiegetiche, che è il gioco letterario che preferisco).



Più che l'accompagnamento audio, qui a Recchioni in realtà preme forse la metafora: c'è un Dylan rock, la tradizione horrorifica, un Dylan jazz, la sperimentazione classica, e ora un Dylan indie, la sperimentazione delle nuove leve di autori giunti sulla testata col rinnovamento (per cui forse la stessa polverosa dicotomia di "autoriale / popolare" ha poco senso, muovendosi fin dall'inizio sui due piani).



La sceneggiatura della storia, come detto, è di Giovanni Masi, che avevo apprezzato su Harpun (vedi qui). I disegni sono di Giorgio Pontrelli, un nuovo autore di cui ho parlato spesso sul blog in relazione al suo lavoro su Dylan Dog (vedi qui; in particolare, vedi qui la mia intervista). L'aspetto più interessante è il colore di Sergio Algozzino, come logico in un Color Fest, per le scelte a mio avviso particolarmente originali, ma comunque integrate coerentemente con la sceneggiatura metafisica di Masi e la sintesi nervosa di Pontrelli.







I colori di Algozzino svolgono un ruolo essenziale nel definire il tono dell'albo, con colori a tenui tinte pastello, che creano un contrasto col tema mortifero promesso fin dal titolo e dalla cover di Rincione. L'irrompere dell'orrore culmina subito - dopo alcune riflessioni di gusto sclaviano sul nonsenso della vita - in una prima splash page smarginata, il marchio di fabbrica del nuovo corso, che funziona ovviamente particolarmente bene col colore (12). Ma l'effettistica non è quella tradizionale del pop: piuttosto, lo straniamento della pop-art, che diverrà maggiormente evidente nella doppia splash page smarginata che prepara il finale.









Lo stesso autore, sulla sua pagina facebook, analizza il lavoro svolto sul colore in questo numero, oggettivamente un lavoro raramente così centrale, accurato e originale in un albo "popolare" per formato (bonelliano) e diffusione (in edicola).



"Ho usato 57 gradazioni di colore, usate con molta parsimonia per tutto il numero, che è tutto a tinte piatte ma che mi ha fatto perdere più tempo di qualsiasi altra colorazione piena di effetti, sfumature ed ombre." Alla base l'autore riconosce una esplicita indicazione del curatore Roberto Recchioni, cosa che rende evidente la differenza con le vignette di anteprima:







"Se 57 sono le gradazioni di colore, in realtà i colori dominanti sono solo 5. Il tempo era anche pochissimo, così mi son fatto aiutare da Riccardo Giardina, a cui ho chiesto delle basi "a livelli spenti", e con colori improponibili, appositamente per non essere influenzato in alcun modo sulla scelta dei colori." continua Algozzino. "Nonostante tutto, e non per Riccardo, ho modificato molto le stesse basi per alcuni dettagli maniacali che volevo tirar fuori, sugli spessori, sui volumi (piatti), sulla distinzione delle figure e degli oggetti e, soprattutto, su quelle benedette ossa a cui, anche se non era necessario, ho dato un mio senso logico per la distinzione dei piani. E tutto il fumetto è stato pensato in questo modo, colore per colore, dettaglio per dettaglio. Ma ogni blocco di tavole nuove mi incontravo con Giorgio Pontrelli, che è stato molto esigente ma altrettanto delizioso, senza mai impormi nulla, ma dandomi un sacco di feedback, e, letteralmente, guardando ogni singola tavola insieme, per aggiustare questo o quel "mini" colore."





Una testimonianza preziosa, quella di Algozzino, del valore autoriale talvolta sottovalutato del valore del colorista, che invece qui manifesta appieno, giustamente, la co-autorialità dell'albo.



Se all'inizio le tinte piatte evocavano cromie pastello, nel prosieguo dell'albo i colori mi sembrano a volte farsi più accesi, decisamente più virati sul Pop, specialmente in connessione alla protagonista, dai capelli Rosso Shocking. Resta però l'alternanza e giustapposizione di colori caldi e colori freddi, delle due polarità del rosso e del blu.







Viene da pensare a Orfani, il primo fumetto a colori bonelliano (dal 2013), dove l'alternanza blu/rosso diviene una dicotomia tecnologia/violenza. Qui l'associazione simbolica è più sfumata, certo il rosso può associarsi più alla manifestazione di un'energia sovrannaturale (vedi p. 84) cui è connessa la scarlatta protagonista, mentre il blu può essere collegato al tema notturno dell'albo.



Ma tutto si gioca su sfumature scelte e bilanciate in dosi sottili, in accordi tonali accorti (ad esempio, il rosso della camicia di Dylan è reso più cupo, probabilmente per far risaltare ancor più il rosso dei capelli della ragazza). E, in ogni caso, siamo lontani dalle scelte più "ovvie" di un fumetto horror tradizionale, da un uso di un colore come fattore emotivo facile e forte.









La storia continua così sul tono lunare che viene impostato in questa sequenza iniziale; anche la doppia splash smarginata viene usata per l'erompere di questo orrore osseo con una scena indubbiamente d'impatto, ma dichiaratamente tra l'astratto e la pop art per impostazione visiva.



La fusione del lavoro dei tre autori, Masi, Pontrelli e Algozzino (sotto l'egida del lavoro curatoriale di Recchioni, come Algozzino ha tenuto a sottolineare) contribuisce a creare una declinazione particolarmente straniante della vicenda dylaniata, in un Dylan Dog, in questo nuovo Color Fest, che va sempre più decisamente verso il "fumetto d'arte", rendendo sempre più labili i contatti col fumetto avventuroso e d'azione, che ovviamente tornano maggiormente nelle altre pubblicazioni, in primis la serie regolare.





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Lo scuotibare

Soggetto e sceneggiatura: Giovanni Masi

Disegni: Giorgio Pontrelli

Copertina: Giulio Rincione

Colori: Sergio Algozzino.